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VLADIMIR PUTIN PRESIDENTE RUSSIA
Il piano di pace in 28 punti stilato da Stati Uniti e Russia rischia di rappresentare una resa per l’Ucraina. I prossimi giorni saranno decisivi per conoscere le volontà di Kyiv con il presidente Volodymyr Zelensky che dovrà prendere la decisione più importante da quando guida l’Ucraina. Ne abbiamo parlato con Giorgio Cella, PhD, docente e analista di politica internazionale della Fondazione Med-Or, autore del libro “Storia e geopolitica della crisi Ucraina” (Carocci).
Professor Cella, nel piano per porre fine alla guerra di aggressione in Ucraina la bilancia pende tutta in favore della Russia?
Vari punti di questo piano vanno sicuramente incontro all’impostazione del Cremlino circa la risoluzione di varie questioni di fondo che hanno costituito sin dall’inizio, nella visione di Mosca, i cardini conflittuali che hanno poi portato alla situazione di guerra scatenata dai russi nel 2022. Su tutti, quelli riguardanti la collocazione dell’Ucraina all’interno della Alleanza Atlantica: oggi, stando a quanto è noto di tale piano, la Nato si doterà di una disposizione all’interno del suo statuto che vieta in futuro una eventuale adesione dell’Ucraina nell’Alleanza; a sua volta, l’Ucraina incorporerà nella sua costituzione una clausola che le impedisce di entrare nella Nato in futuro. Inoltre: questo memorandum trascende la questione ucraina in quanto esprime la volontà di Trump di reinserire Mosca nella comunità occidentale, come indica il punto 13 circa il ritorno di Mosca nel G8. Anche l’imposizione a Kiev di ridurre a 600.000 unità il proprio esercito è qualcosa di unilaterale e chiaramente desiderato da Putin. Per chi conosce le relazioni profonde e antiche tra i due popoli, si troveranno analogie sorprendenti, a distanza di secoli, con un antico trattato, a cui ho dedicato un capitolo del mio libro, gli Accordi di Perejaslav II o Articoli di Perejaslav, firmato nella seconda metà del XVII secolo. In tali accordi infatti, l’etmanato, l’entità politica degli ucraini del tempo, perse molta della propria sovranità e gli fu impedito di stringere alleanze militari con Paesi terzi. Corsi e ricorsi della storia si direbbe.
Il piano prevede “scelte dolorose” per l’Ucraina, pensiamo alla cessione dei territori occupati dalla Russia. Kyiv prenderà tempo prima di dare una risposta affermativa? Zelensky rischia di uscire definitivamente di scena?
Questo piano di pace viene pubblicato in un periodo particolarmente negativo per il presidente ucraino, indebolito sia sul piano interno, con il caso di corruzione che ha coinvolto uomini vicino alla sua squadra, con due ministri rimossi, sia sul piano militare con l’avanzamento dell’esercito russo nell’area di combattimento a sud- est, con l’accerchiamento in corso della strategica cittadina- snodo di Pokrovsk. Da una parte esiste la prospettiva realista che indica che, nella storia, a dettare i trattati di pace e le condizioni post- guerra sono gli Stati che hanno vinto sul terreno; dall’altro esistono considerazioni “idealiste” che sottolineano l’importanza dei concetti fondamentali di integrità territoriale e sovranità, come della libertà di scelta di ogni Stato di scegliere la propria collocazione politica e di alleanza. È chiaro che i punti del piano in questione premiano più la visione realista che non quella che difende strenuamente determinati principi.
La bozza del piano include una garanzia di sicurezza modellata sull'articolo 5 della Nato, che impegnerebbe gli alleati statunitensi ed europei a considerare un attacco all’Ucraina come un attacco all'intera “comunità transatlantica”. Servirà a frenare gli impulsi di Mosca in futuro?
In questo momento si può solo essere speranzosi che tutti gli attori si attengano alle garanzie di sicurezza stilate dalla diplomazia trumpiana: impossibile fare previsioni, a meno che non si voglia scadere nella rischiosa previsione del futuro. Sulle varie questioni politico- militare da dirimere, vi sarà altresì un consiglio congiunto russo- statunitense che monitorerà le varie issues critiche circa i confini e le zone smilitarizzate. Rimane da vedere se e come l’Europa, vale a dire gli Stati più importanti dell’Ue, riuscirà ad entrare in qualche modo nel dopoguerra. A oggi non sembra esserci spazio per una presenza sul campo europea, cosa che invece i volonterosi avevano più volte caldeggiato, viene invece lasciata aperta la strada per l’adesione di Kiev nella UE.
Come per Gaza, è previsto un “Consiglio per la pace”, presieduto dal presidente Donald Trump. Gli Stati Uniti vorranno apparire i vincitori delle trattative per la fine della guerra?
Il modus operandi di Trump appare sempre più chiaro agli occhi di un osservatore attento: come per Gaza, dove non ha contemplato l’utilizzo di truppe Usa sul campo, e intende affidare la gestione della sicurezza e della ricostruzione agli Stati del Golfo o ad altre potenze arabe regionali, così vuole fare, analogamente, con l’Ucraina e l’arco di crisi in Europa centro- orientale. L’invio di aerei da combattimento a Varsavia è indice dello stesso modello d’azione: Washington vuole dirigere le danze diplomatiche, certificare e ribadire la propria supremazia in termini di mediatore diplomatico globale ma senza il coinvolgimento diretto militare. Nel caso specifico, ciò illustra anche chiaramente come Varsavia venga premiata in un ruolo così importante ossia quello di garante della sicurezza ucraina in caso di nuove turbolenze con Mosca, in quanto sempre più potente attore militare nell’Alleanza Atlantica e in ottimi rapporti bilaterali con Washington.


