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IMAGOECONOMICA
Giuseppe Santalucia, presidente di Sezione in Cassazione, già presidente dell’Anm, come spiegherebbe a un cittadino perché votare No?
Lo farei offrendo il senso politico di questa riforma, così come illustrato dalla presidente Meloni e dal ministro Nordio: è una riforma che serve a ridimensionare il potere giudiziario e l’efficacia dei suoi poteri di controllo. Basti pensare alle dichiarazioni rese dalla premier sulla Corte dei Conti e a quelle del Ministro stupito “che una persona intelligente come Elly Schlein non capisca che questa riforma gioverebbe anche a loro, nel momento in cui andassero al governo”.
Si riferisce anche al Sottosegretario Mantovano per cui la magistratura va “ricondotta”?
Certamente. Queste dichiarazioni duramente franche dimostrano qual è l’atteggiamento della politica, con buona pace delle anime belle dell’Unione Camere penali che parlano ancora di terzietà del giudice. Un atteggiamento della politica che, a mio giudizio, è antistorico. Sembra che non si siano fatti i conti, non interamente, con quella grande riforma che è stata la Costituzione, che ha frammentato la sovranità in più centri istituzionali, superando modelli ottocenteschi in cui la politica pretendeva una assoluta supremazia sulle altre funzioni dello Stato.
Valerio Spigarelli accusa di illogicità gli argomenti di voi contrari: il pm ora diventa più forte, ora perde indipendenza.
Non c’è nessuna contraddizione: sono ambedue gli effetti di un’alterazione dell’equilibrio della Costituzione del 1948. Una enfatizzazione del ruolo del pm sarà inevitabile e, per porre riparo a quella ipervalorizzazione dell’accusa, già a livello di legge ordinaria sarà ben possibile, e conseguente, un ridimensionamento forte della figura del pm. Lo si farà creando una gerarchia interna e allentando il rapporto con la polizia giudiziaria, la quale è il collegamento con l’Esecutivo da cui dipende gerarchicamente.
Quando parla di gerarchia, intende un super procuratore sul modello pensato anche da Marcello Pera?
Sì, certo, anche lui ha detto che sarà inevitabile andare in questa direzione. Penso appunto alla eliminazione della cosiddetta diffusività del potere giudiziario. Mentre oggi le procure in qualche modo partecipano di questo potere diffuso, domani si dovrà creare un vertice in modo tale che si ridimensioni il potere inquirente. Sono le parole del Professor Pera che, con una lucidità encomiabile, ha detto ciò che penso anch’io.
Ma se già oggi i passaggi di funzione tra pm e giudici sono bassissimi, cade la questione della cultura della giurisdizione.
La cultura della giurisdizione non risiede soltanto nei passaggi funzionali, è appunto di contesto culturale che verrà meno. Quindi ci sarà nel tempo un mutamento culturale tra le due magistrature, e molti sperano e confidano anche nella rottura dell’unità associativa.
Il consigliere del Csm Andrea Mirenda, va ripetendo che non è il sorteggio ad umiliare il Consiglio ma il correntismo.
Il correntismo per carità è un male, però c’è un problema di misure, di proporzione. Non posso rispondere a quel problema creandone uno assai più grande. Questo è quello che non accetto nelle parole del consigliere Mirenda.
Che idea si è fatto della campagna referendaria di queste settimane? Penso anche alle fake news su Falcone e Borsellino.
Secondo me è molto triste usare Falcone e Borsellino, da una parte e dall’altra. Per il resto io non capisco perché il mondo dei giuristi teorici e pratici si stia dividendo su questo. Il senso politico della riforma non può essere accantonato e marginalizzato con ragionamenti che, rispetto al cuore della vicenda, degraderei a marginali disquisizioni tecniche, quelle su terzietà e equidistanza del giudice, su cui la Corte costituzionale si è espressa più volte, ribadendo che sono già presenti nel nostro sistema. Potrebbe essere utile chiedere al Ministro Nordio, che ha già dichiarato di essere a buon punto nella scrittura delle leggi di attuazione, di mettere a disposizione di tutti le bozze. Sarebbe un atto di trasparenza apprezzatissimo e darebbe a tutti contezza della vera direzione di marcia della riforma.
Lei è rimasto colpito anche quindi dalla posizione di Augusto Barbera?
Più che sorpreso, mi sembra che si legga questa riforma attraverso le lenti di un dibattito datato, dei tempi della bicamerale degli anni novanta se non ancora più risalenti. Bisognerebbe leggerla invece nel contesto temporale in cui viviamo, guardando a tutto ciò che sta avvenendo in gran parte dell’occidente. Si usa un vecchio armamentario per leggere una riforma che ha un tono e un registro molto chiaro, che è quello che ci hanno detto i politici, con una franchezza che, ripeto, io ho apprezzato.
Alcuni magistrati attraverso interviste pubbliche si stanno schierando per il Sì. È un problema per l’Anm?
Che singoli magistrati possano essere favorevoli alla riforma non mi sorprende. Non è un problema di categorie professionali e di interessi di categoria. È infatti sbagliato pensare che la magistratura nel suo complesso sia contraria alla riforma perché questa priverebbe i magistrati di privilegi. Se fosse così potrebbe stranire il favore di singoli magistrati. Ma, appunto, così non è. È invece una riforma che interessa la nostra comunità nazionale e che renderà il cittadino comune più debole e meno tutelato. Altro, invece, il discorso per il cittadino potente. Lui sì che potrà trarre vantaggio.
Lei è preoccupato che al momento in Pd non sia sceso fortemente in campo?
Non conosco i fatti e le dinamiche interne del Pd. Ho sentito più volte l’onorevole Schlein fare dichiarazioni pubbliche che ho apprezzato. Spero che quella sia la linea nel suo partito. Non sono preoccupato, confido molto nella saggezza dei cittadini. Quando si è trattato di toccare la Costituzione sono stati sempre estremamente saggi e cauti.
Tuttavia al momento i sondaggi vi danno sotto di 10 punti.
Sono convinto che questi sondaggi saranno ribaltati. È facile avere qualche punto in più se si domanda a un cittadino qualsiasi “vorresti una giustizia migliore?”. La stessa domanda la potremmo fare per la sanità: “vorresti una sanità migliore?”. Tutti diremmo “sì certo”. Ma quando si tratterà di votare credo che questo semplicistico approccio sarà superato dagli elettori. L’ha detto anche la Presidente Meloni in qualche uscita pubblica: “noi siamo per una giustizia migliore, i cittadini che vogliono una giustizia migliore voteranno a favore”. Questa semplificazione del gioco porta chiaramente qualche vantaggio in più ai fautori del Sì, ma si scioglierà come neve al sole nell’urna.
Il presidente Cesare Parodi si è ritirato dal dibattito con Nordio per evitare l’effetto politicizzazione. Lei avrebbe fatto lo stesso?
Io avrei fatto ciò che avremmo deciso collettivamente. Non ci sono solisti nell’Anm.
Ma a prescindere dalla decisione unitaria lei cosa avrebbe suggerito?
Mi rendo conto che oggi il gioco a cogliere in fallo un fantomatico avversario è quotidiano. Ci accusano di occupare i palazzi perché facciamo una manifestazione assembleare, ci accusano di avere una concezione proprietaria della giustizia, ci accusano dell’impensabile. Tutte queste accuse che stanno piovendo adesso sono il sintomo del nervosismo tra i fautori della riforma e mi fanno capire che forse un po’ più di prudenza è necessaria per non prestare il fianco a inutili polemiche.
Quando parla di “gestione proprietaria” si riferisce alle parole di Spigarelli?
Sì, ma è una delle tante voci che si aggiunge a questa rappresentazione della magistratura totalmente lontana dalla realtà. Credo che la magistratura in questo sia assolutamente coerente, sta facendo una battaglia di grande testimonianza ideale e culturale. Penso anche che certe battaglie si debbano fare perché hanno valore in sé al di là del risultato. Resterà la testimonianza, che non sarà infeconda, di una magistratura all’altezza del suo ruolo e della sua storia.
Quindi sbaglia Spigarelli a dire che siete stati contrari sempre a tutto?
Io non condivido ovviamente la lettura di Spigarelli, che ho sempre molto apprezzato per acume e per intelligenza. Mi sembra che anche lui legga il presente senza approfondirne l’esame. Io non ho mai usato nell’argomentare il mio dissenso, come pure si potrebbe fare, il piano di Rinascita democratica del capo della P2, ad esempio. Dobbiamo piuttosto chiederci: cosa stiamo facendo in questo momento storico, in cui il potere giudiziario è avversato in molte democrazie post- liberali? Come si fa a ignorare questo vento che spira sempre più potente in molte parti del nostro mondo contro la reale effettiva indipendenza del potere giudiziario?


