Tullio Padovani, avvocato, accademico dei Lincei, presidente onorario del Comitato per il Sì dell’Unione Camere Penali, come spiegherebbe ad un cittadino sprovvisto di nozioni perché è giusto votare sì alla riforma della giustizia?

Gli chiederei: saresti felice di sapere che il giudice del tuo caso è in ottimi rapporti con il pm che ti accusa, con cui condivide il reclutamento, intrattiene rapporti di cordialità e spesso di amicizia, mentre guarda al tuo avvocato con qualche diffidenza, se non addirittura con ostilità? Se preferisci che il giudice sia un terzo davvero imparziale, vota sì.

A proposito di ricadute sul cittadino, gli oppositori alla riforma sostengono che assoluzioni al 40% dimostrano che il giudice non è appiattito.

Quel 40% contiene remissioni di querela e prescrizioni maturate durante le indagini preliminari; le assoluzioni attestano per lo più che il pm non ha evidentemente bene applicato la regola che a giudizio vadano solo i casi con ragionevole prognosi di condanna. Ma questo c’entra poco o punto con la separazione delle carriere; anzi, se mai la suffraga, perché finirà col responsabilizzare l’esercizio del potere di accusa.

Luciano Violante sul Corsera ha lanciato l’allarme: si creerà la «casta dei pm», «1.200 magistrati, che, attraverso il proprio CSM, si autogovernano, privi di qualsiasi vincolo gerarchico », «arbitri indiscussi della libertà e della reputazione dei cittadini».

Il Presidente Violante ha semplicemente descritto quel che accade oggi con questo attuale sistema. La separazione non potrebbe certo peggiorare la situazione, anzi, concorrerà potentemente a eliminarla: il pm non potrà mai contare sulla benevolenza di un collega verso le sue richieste, ma sarà solo una parte di fronte al giudice, tutore della legalità.

Però adesso al Csm i giudici sono 13 e i pm sono 5. I secondi come fanno ad avere più potere sulle carriere dei primi? Come lo dimostrate?

I numeri non sempre danno potere. Basta un nome: Palamara. Era un pm di fronte al quale i giudici si inchinavano. Il potere d’accusa è mobile, anomico, sostanzialmente discrezionale.

Da quello scandalo l’esigenza del legislatore di introdurre il sorteggio. E però il 96% dei magistrati è iscritto all’Anm, quindi i sorteggiati apparteranno quasi sicuramente a una corrente e si aggregheranno.

Non so se quel 96% iscritto all’Anm corrisponde a un 100% di iscritti a una corrente. Non mi risulta. In ogni caso, il sorteggio eliminerà la necessità oggi incombente su ogni magistrato di munirsi di una tessera correntizia che lo inquadri, lo qualifichi, lo segnali, lo tuteli, lo difenda, perché di fronte al Csm deve sempre rivolgersi al patrono di tessera. Altrimenti, povero lui. Il sorteggio prima di essere libertà dei magistrati, segnerà la loro liberazione.

Cosa pensa della campagna che sta portando avanti l’Anm con il suo Comitato “Giusto dire No”?

Tutto il male possibile. Se la magistratura fosse un potere dello Stato si tratterebbe di un atto eversivo: un potere che si schiera contro un altro potere, quello costituente esercitato dal Parlamento. Ma la magistratura è soltanto un ordine: il potere giudiziario appartiene ai singoli che ne sono investiti. A che titolo dunque si dispone delle aule giudiziarie?

Però su questo persino Giorgio Spangher ha ricordato che anche, ad esempio, il Coa di Roma ha un suo proprio spazio in Cassazione dove svolge convegni e iniziative.

Altro che convegno o iniziative culturali. Qui si tratta della costituzione di un comitato per una battaglia politica contro una legge costituzionale sottoposta a referendum popolare: all’interno di una sede giudiziaria mi pare inconcepibile, perché la sede giudiziaria deve essere destinata sia ai cittadini del sì che ai cittadini del no, indifferenziatamente.

Che campagna si aspetta?

Pessima, di stampo trumpiano, con balle e contraddizioni a rifasci. Qualche esempio “La separazione non serve perché c’è già” - “Allora perché la combattete?”- “Combattiamo i due Csm”. “Ma due magistrature distinte postulano due Csm, altrimenti non c’è più separazione” - “Ma il sorteggio distrugge la rappresentatività” - “Il Csm non ha e non deve avere funzioni di rappresentanza: è un organo di alta amministrazione dell’ordine giudiziario. Il grande Giuseppe Di Federico lo ha illustrato, sostenuto e dimostrato per tutta la sua lunga vita di studioso”. “In realtà si vuole sottoporre la magistratura al controllo politico” - “Ma nel testo costituzionale è detto esattamente il contrario” - “Il governo quella brutta intenzione ce l’ha senz’altro” - “Bisognerebbe cambiare la Costituzione!”.

Tuttavia, Di Federico era contrario al sorteggio. Per lui, come ribadito al Foglio nel 2018, il rimedio al correntismo non era il lancio dei dadi ma un sistema serio di valutazioni di professionalità.

Non ho mai discusso con lui del sorteggio, ma sulle valutazioni ha perfettamente ragione. Oggi manca una effettiva valutazione di merito perché ogni corrente si fa avanti per i suoi e alla fine il conto torna pari. Ma per eliminare le correnti l’unico sistema è in realtà il sorteggio: il magistrato non si deve più iscrivere a nessuna corrente, perché non ha più bisogno della “tessera del pane”; è libero dalle correnti che, rapidamente, perderanno ogni ruolo politico.

Il Csm come cambierà?

Tornerà ad essere quello per cui è nato: un organo di alta amministrazione, senza tramutarsi in un soggetto politico, senza esprimere pareri sulle iniziative politiche, senza schierarsi, senza assumere la funzione di terza Camera parlamentare fuori ordinanza, come troppo spesso è stato.

In realtà però il Csm ha il potere di dare pareri al Ministro della Giustizia (su richiesta dello stesso) sugli atti normativi all’esame del Parlamento e di formulare proposte di legge a quest’ultimo.

Rinvio alla lettura del luminoso saggio di Giuseppe Di Federico “Anomalie e disfunzioni del CSM ignorate da tutti” (in Legislazione penale 31.7.2024), che documenta ampiamente, come il Csm abbia incrementato i suoi poteri mediante «interpretazioni delle norme costituzionali e ordinarie, e con i propri regolamenti, tutt’altro che rispettosi della riserva di legge prevista all’art. 108 in materia di Ordinamento giudiziario. Lo ha fatto creando un articolato, invasivo e costoso sistema di organismi centrali e periferici, alcuni dei quali operano anche a livello sovrannazionale ». C’è da supporre che, dietro lo schermo del No opposto a una riforma ineludibile da almeno quarant’anni, si intenda in realtà difendere proprio questo anomalo assetto di potere.