Walter Verini, senatore dem, parla di Schlein e correnti, Prodi e il futuro del centrosinistra, il governo Meloni e la magistratura.

Senatore Verini, i riformisti Pd si sono ritrovati al convegno “Crescere” a Milano. lei era presente: cosa è emerso dal pomeriggio milanese?

A Milano non nasceva l'ennesima corrente o correntona, di cui non farei parte. Non perché demonizzi il pluralismo delle aree politico- culturali, anzi, ma il correntismo cristallizzato non mi piace e non fa bene. C'erano fondatrici e fondatori del Pd, accomunati da una idea: il nostro partito deve ambire a parlare a tutto il Paese, non solo a delle parti. Non deve assecondare una radicalizzazione del sistema politico. Se questa destra lo fa, è una ragione di più per aprire, cercare di rappresentare lavoro e impresa, diritti sociali e diritti civili, vecchie e nuove povertà e innovazione, fragilità sociali e insicurezze. Non è questione di autodefinirsi. Ma essere di sinistra vuol dire coltivare visioni, ideali, valori che abbiano però ricadute concrete e positive nella vita vera e quotidiana della società. Si chiama da molti decenni, in Italia e nel socialismo europeo, riformismo, che se declinata e praticata a sinistra - è una bella parola, non una parola malata.

Proprio nelle stesse ore veniva lanciato il “Correntone” a sostegno di Schlein. C’è chi dice che in realtà sia il preludio alla cacciata della segretaria: che ne pensa?

Nessuna segretaria da cacciare o indebolire. Sarebbe un grave errore. Altra cosa è chiedere a Schlein di tenere vivi i principi originari del Pd. Schlein ha riposizionato bene il partito su certe posizioni e certe tematiche fondamentali. Ma proprio per questo ha il dovere e l’opportunità di alzare lo sguardo, parlare con naturalezza, senza freno a mano tirato - a fasce di società diverse e decisive per cambiare la società. Ci sono regioni nelle quali le partite Iva sono esattamente il doppio dei lavoratori dipendenti privati: possiamo pensare di vincere le elezioni senza parlare all'insieme di queste fasce? A Milano sono stati fatti dialogare Cgil e Cisl e queste insieme a Imprese di Confindustria e Lega Cooperative. E ricercatori, giovani immigrati, studiosi dell’invecchiamento e della denatalità. Milano è stata un esempio per aiutare il Pd a crescere e, possibilmente, moltiplicare i voti. Non dico fino agli oltre 12 milioni del 2008, ma l’ambizione di conquistare voti è sana, necessaria.

Critiche ai vertici del Nazareno sono arrivati anche da Romano Prodi: crede che il Pd dovrebbe seguire le parole dell’ex premier?

La principale responsabilità dell’inasprimento del confronto politico è della presidente del Consiglio, che ha perfino insultato le opposizioni. Ma questo è un motivo in più per contrapporre a questi atteggiamenti irresponsabili una opposizione dura, forte, ma lontana da quei livelli. Da una radicalizzazione del confronto - sbagliata in sé - ci guadagna solo Meloni che, mentre radicalizza vestita da Colle Oppio, si veste da statista, va in giro per il mondo ( pur con scarsissimi risultati). Un evidente limite, ma anche un doppio standard furbesco e pericoloso. Una trappola nella quale non cadere.

L’opposizione, il Pd, devono combattere, anche nelle piazze, ma combattendo le radicalizzazioni, l’odio. Se nelle piazze ( belle, importanti e democratiche) ci sono estremisti esagitati, antisemiti e così via, dobbiamo prendere di radicalmente le distanze. Fanno male a quelle piazze e a quelle battaglie. Poi - come dice Prodi - non vedo il fascismo alle porte, ma rischi seri di indebolire principi di democrazia liberale e costituzionale, come l’indipendenza della magistratura. Questi rischi sono seri e rappresentano la risposta autoritaria e semplificata della destra, non solo in Italia, alla crisi della democrazia. E a sinistra, essere inflessibili contro chi vuole “spaccare” tutto, magari anche la testa ai poliziotti, contro gli antisemiti che impediscono a Lele Fiano di parlare all’Università. Che c’entrano odio, intolleranza, con i valori della sinistra?

Molti riformisti, al di là dell'alleanza con il M5S, contestano a Schlein la perdita dell’anima del Pd, quella propria del partito fondato da Walter Veltroni nel 2007: è d’accordo con questa tesi?

Nessuna nostalgia, in politica è sbagliata. Ma rinnovare la vitalità dei principi fondativi del Pd è fondamentale. La sinistra è in affanno in tutto il mondo. La destra è all'attacco, con ricette semplificate, populiste, autoritarie. Cosa c'è di più necessario che rimettersi al lavoro tra diverse culture riformiste, ridefinire pensieri comuni, mobilitazioni popolari comuni, per non subire il futuro ma provare a governarlo? Questo il compito del Pd. E questo può aiutare a costruire alleanze e coalizioni in grado di battere la destra che tanti danni fa al Paese.

Alla destra del Pd c’è molto movimento: vede anche lei come altri il rischio che l’istanza riformista venga appaltata al centro?

È sbagliato che qualcuno nel Pd pensi a esternalizzare, delegare a mitici “Centri” il rapporto con fasce sociali decisive per il cambiamento. È compito del Pd, con apertura, umiltà, ambizione. Un Pd forte costruirà meglio alleanze, che non debbono essere somma di sigle, ma fondate su reale condivisione di programmi e visione prima del voto ( oltre a temi sociali su cui abbiamo già positive convergenze, penso a temi centrali come l’Europa, la difesa della libertà con la difesa dell’Ucraina, una pace giusta in Medio Oriente con due popoli e due Stati). Alleanze - credibili - sono il mezzo per cambiare il Paese. Anche il Governo, a tutti i livelli, è un mezzo e non un fine. Alleanze su programmi condivisi, possono convincere elettori, non solo i tifosi; far vincere e poi fare governare davvero.