«Monitoriamo la situazione con attenzione e, se la soluzione braccialetti nei prossimi giorni non funzionasse, si dovrà intervenire con nuove misure per ridurre il sovraffollamento». Walter Verini, deputato e responsabile giustizia del Partito Democratico, chiarisce così la posizione dei dem in materia di carceri e conferma la volontà di marcare stretto il ministro Bonafede su una questione tra le più cruciali in questa emergenza sanitaria.

La situazione delle carceri italiane rimane esplosiva. Da ultimo, anche la Cedu ha chiesto conto al nostro paese di come la sta affrontando, accogliendo il ricorso di un detenuto nel carcere di Vicenza.

Il fatto che la Cedu abbia ritenuto di non archiviare il ricorso significa che il tema, purtroppo, ha una sua legittimità. Anche volendo allargare la questione a tutte le carceri italiane e non solo a quella di Vicenza, sono convinto che il tema della garanzia di trattamenti umani nelle strutture carcerarie esista e che, drammaticamente, non sempre le garanzie di vivibilità prescritte dalla Cedu e dalla nostra Costituzione siano rispettate. Questo pone tutti noi davanti a grandi interrogativi ineludibili, soprattutto ora che viviamo una fase di emergenza sanitaria.

Eppure le misure, per ora, sono state timide. Addirittura un ex governatore della Lega come Roberto Cota, pur nella sua veste di avvocato, ha sostenuto che siano necessari sconti di pena per evitare una strage nelle carceri.

E io sono d’accordo con lui e il fatto che lo dica anche un esponente della Lega, sia pur in veste di avvocato, dimostra che il tema è - o meglio, dovrebbe essere - trasversale. Mi differenzio dalla sua riflessione sulle conclusioni, però. Cota sostiene che la ricerca del consenso politico bloccherà qualsiasi iniziativa in tal senso. Io dico che se una questione politica è giusta e civile essa va affrontata a prescindere dal presunto consenso elettorale.

L’obiettivo, dunque, è diminuire il sovraffollamento carcerario. Cosa sta facendo il governo?

Le riporto alcuni dati. Al 18 marzo, nelle carceri italiane erano detenute 61mila persone. Oggi, invece, circa 57mila. La liberazione di circa 4mila detenuti, però, è data solo in parte dal decreto approvato in marzo ma soprattutto dall’applicazione della cosiddetta legge Alfano, che in questa fase molti magistrati di sorveglianza hanno applicato con realismo e lucidità, concedendo i domiciliari. Eppure, è evidente che si debba andare oltre: la capienza formale delle nostre carceri è di 51mila persone, ma dopo le rivolte e le devastazioni delle scorse settimane oggi il numero realistico è di 47mila.

E dunque che si può fare?

In questi giorni è in corso una sorta di consultazione permanente con il ministro Bonafede, forze parlamentari e gli operatori delle carceri e le garantisco che il confronto è vero e serrato. Come noto, il ministro ha investito molto sul reperimento dei braccialetti elettronici e gli diamo atto di essersi mosso anche con l’aiuto del Viminale per ottenerli. Noi, tuttavia, abbiamo avanzato perplessità perché, ad oggi, non c’è sicurezza che tutti i braccialetti arrivino in tempo e – una volta arrivati – vengano messi in uso nei temi rapidi imposti dall’urgenza. L’emergenza non aspetta, dunque la posizione del Pd è di verificare nel lasso di tempo di pochissimi giorni sia l’emergenza che lo stato dell’arte coi braccialetti. Se i risultati di diminuzione della popolazione carceraria non saranno raggiunti, dovremo subito intervenire con nuovi strumenti, oltre quelli già adottati come il decreto, i permessi, i differimenti della esecuzione della pena....

Quali potrebbero essere i nuovi strumenti?

Probabilmente dovremo immaginare automatismi, che superino la farraginosità del sistema dei braccialetti elettronici.

Si riferisce al collocamento ai domiciliari di alcune categorie di detenuti?

Esatto. Ottomila detenuti hanno un residuo di pena inferiore a 1 anno, 3500 fino a 18 mesi: se nei prossimi giorni i braccialetti non daranno i risultati che tutti vorremmo, dovremo interrogarci in Parlamento e in sede di conversione del decreto se modificare qualcosa. Questa platea può essere interessata da una misura che metta ai domiciliari chi ha quasi finito di scontare la pena, non è considerato socialmente pericoloso e ha avuto una buona condotta. L’emergenza sanitaria può deflagrare in modo devastante in comunità chiuse come le carceri e non dobbiamo mai dimenticare che stiamo parlando di persone. Del resto, parole in questa direzione sono arrivate dal Papa, dal presidente Mattarella, dal Csm, dal PG di Cassazione Giovanni Salvi, dall’Unione Camere Penali, dal Cnf, dai garanti dei detenuti e dai magistrati di sorveglianza. Insomma, tutti coloro che si occupano di giustizia e ordinamento penitenziario ci chiedono di intervenire presto e bene.

Bisognerà superare le perplessità del ministro Bonafede…

Noi auspichiamo che i braccialetti elettronici funzionino, ma temiamo di no. Per questo siamo pronti come maggioranza a lavorare per nuove soluzioni e lo vorremmo fare ovviamente insieme al Ministro. C’è in gioco la tutela della salute dei detenuti, della polizia penitenziaria e di chi sta fuori dal carcere. E’ evidente che è impossibile garantire le misure di prevenzione e il distanziamento necessario in spazi angusti come quelli delle nostre strutture carcerarie. La soluzione è una sola e non c’è bisogno di fantasia per capire quale. E ci sono poi misure che dovrebbero essere subito adottate, come quella che riguarda le donne detenute con bambini.

Di che tempi parliamo?

Il monitoraggio della task force è continuo, ma dovremo tirare le somme nei prossimi giorni e capire se è necessario intervenire in modo tempestivo a stretto giro. Davanti all’evidenza che l’attuale situazione non funzioni, siamo pronti ad affrontare i problemi. Insieme con tutti i soggetti della maggioranza, dobbiamo essere capaci di scegliere insieme nuove strade, come ci sta chiedendo tutta la comunità giuridica e la coscienza civile del Paese. Ma mi auguro che anche chi ha sempre bisogno di agitare le paure e di provocarle ( ieri i migranti, oggi i detenuti), capisca che è in ballo una emergenza sanitaria che potrebbe deflagrare, con gravissime conseguenze per la salute delle persone detenute, per la salute e la sicurezza degli agenti di custodia e dei lavoratori degli istituti di pena, tutte cose che potrebbero provocare tensioni dalle conseguenze non calcolabili.