Quello appena trascorso è stato un fine settimana intenso per la politica italiana. Per fortuna non ha avuto i toni drammatici delle violenze separatiste che hanno incendiato Barcellona e non ci sono stati nemmeno i colpi di scena della tragicomica telenovela della Brexit. Però, tutto sommato, almeno i connazionali appassionati del genere remake non possono lamentarsi. Oltre alla fiction televisiva 1994 ora potranno godersi, quasi ogni giorno e in diretta, il ritorno sulla scena di protagonisti che sembrava si fossero ormai ritirati. Tutti insieme e in grande stile sono infatti tornati ad essere principali attori della politica gli stessi di qualche anno fa.

Qualche nome è cambiato, qualcuno ha mutato ruolo: ma la trama è la stessa di ieri. L’opposizione di centrodestra è di nuovo compatta, ha il vento dei sondaggi in poppa. Salvini è il nuovo leader e Berlusconi c è ancora, seppur con una particina. La destra non è più Alleanza bensì Fratellanza nazionale, ma tutti sono giustamente galvanizzati dalla riedizione di piazza San Giovanni colma ed entusiasta come nel 2006.

I partiti della maggioranza di governo hanno anch’essi fatto rivivere le emozioni di un tempo. Ogni giorno litigano sulla loro manovra economica, tutta fumo e quasi niente arrosto. Dopo averla approvata “salvo intese”, hanno preso atto che le stesse non ci sono e hanno coerentemente avviato un sereno e costruttivo confronto fatto di ultimatum, minacce più o meno velate, dispetti e ripicche. Il tutto condito dagli immancabili, ipocriti appelli all’unità.

Insomma, la riedizione in peggio dello spettacolo offerto dal centrosinistra ai tempi di Prodi. Il professore bolognese è stato rimpiazzato dall’avvocato fiorentino ma la filosofia che li ispira è la medesima: meglio tirare a campare che tirare le cuoia, cosa che accadrebbe se rivincesse la destra. In più, a rafforzare la impressione del deja vu, è tornato anche l’attor giovane Matteo Renzi.

Certo ha perso il fascino travolgente di quando era “Mister 40 per cento europee”, e anche se non riempie più le urne è ancora capace di gremire di fedeli osannanti la Leopolda e di lanciare bordate polemiche contro il governo che ha fatto nascere. Davvero un maestro nel suo genere, chapeau. Con queste premesse lo spettacolo politico dei prossimi mesi non sarà di certo scontato e men che meno noioso. Tutti recitano a braccio, non c'è nessun copione da rispettare, può succedere ( quasi) tutto. Di Maio e Renzi continueranno a cercare visibilità nella speranza di crescere elettoralmente? Probabilmente sì.

Si spingeranno fino al punto di far cadere Conte? Quasi certamente no, visto il loro timore di elezioni anticipate. La rissa quindi continuerà? Forse, ma Zingaretti per quanto ancora medierà al ribasso, col rischio di dissanguarsi? Di certo ancora qualche mese, ma senza escludere davvero di tornare presto alle urne per ridimensionare i 5 stelle ed eliminare Renzi.

Almeno fino a quando non sarà cambiata la legge elettorale, meglio un uovo domani ( PD leader della opposizione nella prossima legislatura) che una gallina malata oggi. Il centrodestra salvinizzato perderà forse qualche esponente di Forza Italia ostile al sovranismo, ma non è detto che ciò comporti la sconfitta in qualcuna tra le imminenti elezioni regionali, Emilia Romagna in primis.

In questo caso quanto potrebbe resistere il governo giallorosso, con o senza Conte alla guida, asserragliato nel palazzo e con una destra sempre più maggioritaria nella società? E infine: come reagirebbero gli italiani se il Paese continuerà a declinare e l’uscita dal tunnel del disagio economico sociale ad allontanarsi? Ieri hanno gonfiato le vele della protesta grillina. Evitare che domani la storia si ripeta in modo ancor peggiore dovrebbe essere il primo interesse nazionale da garantire. E purtroppo, se l’attuale spettacolo della politica non cambia, non manca molto ai titoli di coda....