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GIUSEPPE BENEDETTO FONDAZIONE ENAUDI
«L’undicesima legislatura, oltre a essere stata la più breve, è stata sicuramente la peggiore della storia della Repubblica», afferma l’avvocato Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Luigi Einaudi, nel tornare alla “scelta”, compiuta dal Parlamento nel 1993, di abolire la “vecchia” immunità parlamentare.
Presidente Benedetto, come Fondazione Luigi Einaudi avete iniziato in questi giorni la raccolta delle firme per il progetto di legge di iniziativa popolare finalizzato proprio al “ripristino” dell’originario articolo 68 della Costituzione. Ci può spiegare i dettagli dell’iniziativa?
È molto semplice: noi vogliamo che l’articolo 68 torni a essere così come era stato voluto dai Padri costituenti nel 1948. Ciò significherebbe ridare piena dignità alle nostre istituzioni. Come ripeto sempre, le Camere, ormai svuotate irrimediabilmente nel numero e nelle funzioni, hanno perso progressivamente la loro centralità. Reintrodurre l’autorizzazione a procedere è dunque importante per riaffermare il primato e l’indipendenza del Parlamento. Si tratta di riequilibrare i rapporti tra i poteri dello Stato, drammaticamente compromessi dalla pessima riforma del 1993.
Sicuramente già immagina alcuni dei commenti riguardo la vostra iniziativa. Vi accuseranno di voler salvare i politici “ladri e corrotti”.
Premesso che “immunità” non vuol dire “impunità”, e che “garanzia” non significa “privilegio”, ripristinare il dettato costituzionale del 1948 avrà il solo effetto di consentire al Parlamento di vigilare sulla legalità dei procedimenti penali, rendendo così effettivo il precetto secondo cui la libertà dei rappresentanti è condizione indefettibile per la libertà dei rappresentati.
Non teme che l’iniziativa possa comunque essere strumentalizzata negativamente?
Assolutamente no, anche perché il giudice ultimo è sempre l’elettore.
Sono passati oltre trent’anni dal 1993, si sono succeduti decine di governi di ogni colore, governi tecnici, governi politici, ma nessuno ha mai pensato di mettere mano all’articolo 68 della Costituzione. Come mai?
Bisogna partire sempre dalla stagione politica di Mani Pulite. Ha profondamente mutato la storia della nostra democrazia. La classe politica del tempo si illuse di salvare se stessa dalle piazze forcaiole manomettendo le garanzie costituzionali. Così non è stato, e i risultati sono adesso sotto gli occhi di tutti.
Sulla scia di quella stagione sono poi nati i partiti di impostazione populista, penso da ultimo al Movimento 5 Stelle, che nell’antipolitica ha fatto il proprio “core business”.
La nostra iniziativa punta a salvare la democrazia rappresentativa dal clima giacobino dell’antipolitica. Noi vogliamo salvaguardare il voto libero e democratico dei cittadini dalle ingerenze esterne. In altre parole, ripristiniamo l’articolo 68 della Carta per essere immuni dal populismo.
Secondo lei, se ci fosse stato l’articolo 68 nella sua versione originaria, ci sarebbero state conseguenze almeno indirette, ci sarebbe stata cioè una percezione diversa della vicenda che vede sotto accusa dei ministri per il caso Almasri?
No, l’articolo 68, che tutelava solo i parlamentari, non avrebbe prodotto neppure un qualche riverbero percettivo.
Come finirà questa vicenda?
L’esito mi pare scontato: il Parlamento a ottobre negherà l’autorizzazione a procedere.
Il governo avrebbe dovuto mettere il segreto di Stato?
Penso proprio di si. Se il governo era convinto che per il superiore interesse del Paese fosse necessario rimpatriare il militare libico Almasri, anche se ritenuto un criminale efferato, avrebbe dovuto farlo. Purtroppo in Italia scattano spesso dinamiche particolari e manca la capacità di imporsi. Con il segreto di Stato invece non si sarebbe costruito il caso.
Il Tribunale dei ministri ha archiviato la posizione della premier Giorgia Meloni affermando che non fosse a conoscenza delle loro decisioni. Cosa pensa?
Da avvocato penalista quale sono mi è parsa una “furbata” della magistratura.
Leggendo la richiesta di autorizzazione a procedere è poi emerso che Mantovano aveva chiesto di essere ascoltato sul punto ma i giudici non hanno voluto sentirlo.
Mi pare, e le rispondo sempre da avvocato penalista, che sia un altro “trucco procedurale”.
Se l’esito ' giudiziario' è allora scontato, con il Parlamento che negherà l’autorizzazione, quali saranno gli effetti del caso “Almasri” nei rapporti fra politica e magistratura?
Quest’ultima dirà di aver fatto tutto ma che gli è stato impedito di andare avanti.
La prossima primavera è previsto il referendum sulla separazione delle carriere: previsioni?
Stiamo monitorando settimanalmente i sondaggi e al momento il risultato finale si attesta sul 70 per cento di favorevoli alla riforma. Il governo però non dovrà fare l’errore di “politicizzare” il voto, dovrà mantenere un atteggiamento di terzietà.
A proposito di referendum, c’è il precedente, per nulla fortunato, della riforma costituzionale che era stata voluta da Matteo Renzi…
Ecco, appunto. Ma sono sicuro che Giorgia Meloni non farà lo stesso errore.
Torniamo invece alla vostra iniziativa. Si augura che qualche forza politica vi segua?
Bisogna raggiungere le 50mila firme. Me lo auguro con tutto il cuore. Spero che la politica colga l’opportunità della nostra proposta.
Nel frattempo possiamo dare una informazione di servizio. Come si può firmare?
È sufficiente andare sul sito della Fondazione Luigi Einaudi o sui suoi canali social e seguire le indicazioni. Ci vuole un minuto.