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Victoria Vdovychenko, co-responsabile del programma “Future of Ukraine”
Victoria Vdovychenko, co-responsabile del programma “Future of Ukraine” presso il Centro di geopolitica dell’Università di Cambridge, guarda al piano per la cessazione del conflitto in Ucraina, redatto da Stati Uniti e Russia, con grande realismo. Il documento ripropone un metodo già adottato da Mosca in passato dal quale emerge la protervia di Putin. Le trattative in corso saranno fondamentali per non trasformare il piano russo- americano nella resa di Kyiv.
Professoressa Vdovychenko, il piano in “28 punti” ha provocato non poche reazioni prima di tutto in Ucraina. Mira ad una resa di Kyiv?
«La società ucraina è stata scossa da un’ondata di allarmismo, scatenata dal cosiddetto piano Witkoff- Dmitriev, sotto il consueto slogan “Ci stanno vendendo”. Il piano in sé non contiene nulla di nuovo. Si limita a riprodurre le richieste massimaliste di Putin ed indica che non siamo ancora passati dalla fase pre- negoziale a una fase negoziale vera e propria. Su questo punto occorre fare chiarezza. Una fase negoziale inizia solo quando la parte che in precedenza ha evitato i colloqui manifesta una chiara volontà di rivedere la propria posizione. Non ci siamo ancora: rimaniamo nella fase pre- negoziale. Piani simili sono stati proposti molte volte in passato. La reazione che è derivata dall’ultimo piano riflette la stanchezza della società ucraina, la disillusione e la diminuzione della fiducia nei confronti del governo. Il sospetto che il governo possa sacrificare gli interessi dell’Ucraina serpeggia anche tra coloro che ancora esprimono il loro sostegno all’esecutivo. Inoltre, l’attuale crisi politica non sta aiutando. Destabilizzare la società ucraina è una delle componenti centrali della strategia russa, seconda solo alla pressione militare».
Il quadro che lei ha delineato riguarda gli umori in Ucraina. Cosa ne pensa invece dell’approccio che diversi Paesi stanno avendo verso gli ormai famosi “28 punti”?
«Qualsiasi piano o processo negoziale che non includa l’Europa al tavolo è destinato a fallire. Questa visione è condivisa dagli Stati Uniti, che cercano sempre più di scaricare la piena responsabilità della sicurezza europea sulla stessa Europa. Una sconfitta ucraina non offre al presidente Trump alcun vantaggio politico, considerato il forte sostegno offerto in questi anni da Washington all’Ucraina e nonostante il danno reputazionale causato dai recenti scandali di corruzione. Gli Stati Uniti hanno un potere di influenza limitato sulla Russia e non possono contare più su leve, una volta efficaci, sull’Ucraina. Per questo ritengono fondamentale che non si interrompa la vendita di armi agli Stati europei per il supporto futuro all’Ucraina».
Al momento la Cina resta a guardare?
«L’attore chiave che definirà i contorni dell’ordine postbellico sarà la Cina. Per ora, Pechino rimane in silenzio, a parte le dichiarazioni volutamente ambigue che impediscono ogni interpretazione diretta».
Nelle ultime settimane, nonostante i tentativi per redigere un piano di pace, gli attacchi della Russia sono stati sempre più pesanti e non riguardano solo l’Ucraina. Queste prove di forza servono a Mosca per imporre la sua volontà?
«Dobbiamo prendere in considerazione diversi contesti. Sulla terraferma, la Russia ha fatto esplodere una linea ferroviaria in Polonia. Il ministro della Difesa polacco ha parlato di una situazione con la Federazione Russa “tra guerra e pace”. In mare, la nave spia russa “Yantar”, ufficialmente una “nave da ricerca”, sta pattugliando il confine delle acque territoriali britanniche a nord della Scozia, attraversandole periodicamente con l’utilizzo di laser per abbagliare i piloti degli aerei britannici che effettuano alcuni voli di controllo. Il Segretario alla Difesa britannico, John Healey, non ha escluso la necessità di prendere in considerazione “opzioni militari”, perché i russi stanno apertamente spiando e provocando. Nei cieli della Lituania abbiamo assistito al disturbo dei segnali degli aerei di linea civili e a provocazioni da parte di aerei militari russi, in particolare sul Mar Baltico. A ciò si sono aggiunti il terrorismo con l’utilizzo di droni contro gli aeroporti europei e gli attacchi aerei su alcuni villaggi in Romania. Infine, c’è una dimensione relativa allo spazio. In Germania i media hanno rilevato che i satelliti russi si sono ripetutamente avvicinati a quelli tedeschi con l’intercettazione del segnale».
Anche in Italia si parla sempre più di guerra ibrida. È un altro fronte da non sottovalutare?
«Certo. L'elenco delle misure adottate dalla Russia per plasmare gli atteggiamenti dell’opinione pubblica e influenzare il processo decisionale è lungo. Il Cremlino si avvale, per esempio, di media, social network, personalità della cultura, atleti. Stiamo assistendo ad una forma di “aggressione multidisciplinare”. Non è ancora guerra, ma nemmeno pace. In ogni ambito, in base a quanto teorizzato dagli esperti e dai militari, il Cremlino sta intensificando le operazioni sotto soglia».


