L’operazione militare per il controllo totale della Striscia di Gaza allontana sempre di più Israele dal resto del mondo. Quanto deciso dal premier Benjamin Netanyahu servirà ad accontentare l’ala estremista del suo governo e garantirgli ancora la guida del Paese. «Bibi – dice Ugo Tramballi, editorialista del Sole 24 Ore e senior advisor dell’Ispi - sta facendo leva sul populismo e sulla furbizia. Aumenta le sue ambizioni accontentando in qualche modo un po’ tutti. Il suo vero obiettivo negli ultimi due anni, ma anche prima di questa guerra, è sempre stato preservare e prolungare il suo potere». L’occupazione di Gaza presenta tante incognite e può concludersi in un bagno di sangue per tutti: popolazione civile palestinese, ostaggi e militari israeliani.

Dottor Tramballi, in un suo interessante articolo dei mesi scorsi, intitolato “Bibi il disumano”, lei si è soffermato sull’approccio del premier israeliano in merito alla guerra sulla Striscia di Gaza. L’occupazione totale porterà alla cancellazione definitiva di Hamas?

No. Se gli israeliani non ci sono riusciti in quasi due anni, sicuramente non ci riusciranno ora. Le ultime decisioni del governo israeliano rischiano di provocare la morte degli ostaggi rimasti nelle mani di Hamas. Ricordiamoci che l’anno scorso, quando i soldati israeliani si sono avvicinati ad alcuni ostaggi, Hamas, piuttosto che farli tornare in Israele, li ha uccisi. Il rischio è che questa cosa possa succedere di nuovo. Il problema è che Netanyahu, dopo Hamas o forse allo stesso livello di Hamas, è gravemente responsabile di tutto quello che sta accadendo ormai da due anni. L’attacco brutale del 7 ottobre 2023 ha rappresentato un’espressione perversa di più di cinquant’anni di occupazione israeliana di territorio. I fatti di quasi due anni fa non sono caduti dal cielo. È stato il risultato bestiale dell’occupazione israeliana di Gaza.

Il premier israeliano dunque è consapevole che gli obiettivi che ha comunicato al mondo intero non potranno essere raggiunti?

Netanyahu e i suoi sono apparentemente convinti di poter battere Hamas, anche se in realtà sanno che non ci riusciranno. Quello che conta per Benjamin Netanyahu è rimanere al potere. Adesso è al potere con gli estremisti, razzisti, nazional- religiosi israeliani. Sembra che voglia condividere le postazioni di comando con questi esponenti, facendo loro delle concessioni indipendentemente dal fatto che Israele oramai è il Paese più isolato del mondo dalla comunità internazionale per i suoi comportamenti a Gaza.

Si gioca molto nelle ultime ore con parole come “occupazione”, “annessione” e “invasione” della Striscia di Gaza. Sarà comunque un’operazione rischiosa per Tel Aviv che un’altra volta dividerà la comunità internazionale?

Ho la sensazione che non sia ancora del tutto chiaro a Israele quale passo voglia intraprendere. Se si tratta semplicemente di un allargamento della presenza israeliana dentro Gaza o l’annessione o la pulizia etnica, cacciando tutti i palestinesi. Il capo di Stato maggiore si oppone a questa operazione e ha assicurato che non dovrebbe accadere nulla di quanto appena accennato. Gli alleati di Bibi nel governo, gli estremisti e i razzisti, che gridano “morte agli arabi”, pretendono invece che Gaza venga ripulita per inaugurare nuove colonie. Io credo che Bibi sia un po’ in mezzo. Sta facendo leva sul populismo e sulla furbizia: aumenta le sue ambizioni accontentando in qualche modo un po’ tutti. Il vero obiettivo di Netanyahu negli ultimi due anni, ma anche prima di questa guerra, è sempre stato preservare e prolungare il suo potere.

Il capo di Stato maggiore, Eyal Zamir, ha espresso forti perplessità sull’occupazione completa della Striscia. Assisteremo ad una resa dei conti tra potere politico e vertici militari? A cosa potrebbe portare uno scontro tra Netanyahu e Zamir?

È difficile fare previsioni. In realtà in passato si sono già verificati degli attriti. Per esempio, nel 1967, durante la famosa “Guerra dei sei giorni”, il primo ministro non voleva procedere ad un attacco preventivo contro siriani ed egiziani, mentre lo Stato maggiore sosteneva l’attacco, cosa che poi ottenne. Lo scontro in Israele fra potere politico e potere militare c’è sempre stato ed è sempre rimasto nel quadro di un sistema democratico. Israele è una democrazia, sebbene sia una democrazia etnica. Il problema adesso è che se dovesse essere cacciato un generale moderato, Bibi potrebbe nominare come capo delle forze armate israeliane un generale molto più vicino ai coloni, un generale millenarista. Un esponente di coloro che credono che la Cisgiordania, Gaza e tutto il resto appartenga al popolo ebraico secondo una visione fortemente impregnata di religione. Le generazioni passano e anche gli alti livelli delle forze armate israeliane annoverano un crescente numero di generali estremisti. La spaccatura di cui stiamo parlando, sempre più ampia e forse anche insanabile, rispecchia quanto sta avvenendo in Israele. Il Paese è diviso in due. Basta visitare Gerusalemme e Tel Aviv per rendersene conto.

La gestione della Striscia di Gaza verrebbe affidata a “forze arabe”. È un piano fattibile? Quali potrebbero essere queste “forze arabe”?

Le “forze arabe” si identificano con i Paesi più importanti del Golfo, come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, il Qatar, con l’aggiunta di Giordania ed Egitto. Netanyahu, quando fa la proposta delle “forze arabe”, sa perfettamente che è molto stupida e impossibile da realizzarsi. Nessun Paese arabo, nemmeno il più moderato, tra quelli che sono già in pace con Israele andrebbe a prendere il possesso momentaneo di Gaza sapendo che Hamas è ancora lì. Ma poi, soprattutto, nessuno farebbe un passo di questo genere senza l’Autorità nazionale palestinese e senza il riconoscimento di uno Stato palestinese da collocare affianco a Israele in una condizione di pace e sicurezza. Anche l’idea di cacciare tutti i palestinesi o una quota di loro dalla Striscia di Gaza è irrealizzabile.