L’avvocato
Beniamino Migliucci, past president dell’Unione Camere penali, boccia la relazione della ministra
Cartabia al Parlamento. Vediamo perché.
Qual è il bilancio che si può tracciare sull’ operato della guardasigilli?
Certamente rispetto all’attività del precedente governo c’è stato un cambio di passo significativo. Tuttavia la relazione mi è parsa uno sterile bilancio consuntivo senz’anima. Probabilmente la parte più persuasiva e convincente riguarda l’ordinamento penitenziario, quando si sottolinea la necessità di investire per avere carceri dignitose.
Tuttavia sul carcere non si è raggiunto alcun obiettivo.
Proprio per questo parlavo di relazione senz’anima. Nonostante una puntuale fotografia dell’oggi, ad esempio riguardo al sovraffollamento, e alle belle affermazioni di principio per cui le carceri non devono essere “contenitori stipati di uomini”, quale indicazione specifica si è offerta per porre rimedio all’emergenza?
Le proposte sul tavolo ci sono: quella di Roberto Giachetti, della radicale Rita Bernardini e del Partito democratico.
Esatto. Ma perché non riparlare anche di amnistia e indulto, se ci sono queste situazioni indecorose, testimoniate dalla stessa ministra che è andata in visita a Sollicciano? Mi sarei aspettato che quella sensibilità che la guardasigilli ha verso il carcere potesse tradursi in proposte concrete, in politiche coraggiose, anche a dispetto di una maggioranza eterogenea. La ministra dovrebbe avere la forza di imporre alcune prospettive in linea con il proprio pensiero.
Il compromesso politico ha ostacolato la possibilità di arrivare a riforme migliori?
Certo, il compromesso non consente mai di raggiungere i risultati migliori, e in materia di giustizia ne abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione. La ministra ha fatto accenno nelle premesse alla necessità di un accordo tra i partiti: così i risultati raggiunti con la riforma del penale non sono stati i migliori possibili, anzi. Ad esempio è stata riformata ancora una volta la prescrizione per ragioni politiche, strumentali, senza andare alla radice del problema, cioè l’eccessivo numero di condotte sanzionabili penalmente. L’obiettivo sembra essere stato più quello di ottenere fondi dall’Europa che fare una riforma davvero organica e significativa.
Cuore della riforma, come la ministra ha sottolineato, è limitare la lunghezza dei processi: quelli irragionevolmente lunghi rappresentano un vulnus per tutti, sia per i condannati che per gli innocenti.
Ma basta la sua riforma per scongiurare questo? Purtroppo no. Non basta avere una prospettiva di efficienza, ma occorre il coraggio di rivedere la norma sulla prescrizione. L’Ucpi giustamente aveva proposto di ritornare semmai alla Orlando, evitando questo meccanismo attuale che consente comunque di dilatare i tempi del processo di primo grado. Un processo per corruzione oggi può durare anche vent’anni.
Ora poi stanno emergendo altre criticità: l’Ucpi ha organizzato proprio di recente un convegno per capire se l’ inammissibilità prevalga sull’improcedibilità.
Lei ha colto un tema che io ho spesso sollevato. Mi auguro che non sia così, ma il timore giustificato esiste. Ora dobbiamo vigilare anche sui decreti attuativi della riforma del penale: mi auguro che alle indagini venga assegnato un termine perentorio e non ordinatorio. L’Ucpi poi ha dato indicazioni anche per l’ampliamento del patteggiamento, per una rivisitazione dell’udienza preliminare, per la depenalizzazione. Questi sono i temi che bisognerebbe affrontare per rendere ragionevole la durata dei processi, e nulla hanno a che vedere con l’Ufficio per il processo, tanto enfatizzato nella relazione della Ministra.
Non le piace il nuovo istituto?
Si sarebbero dovuti assumere più amministrativi e magistrati togati. Ho molti dubbi sui compiti che vengono affidati a questi giovani laureati. Io sono tanto legato all’idea che il giudice debba essere quello naturale, ed è lui che deve approfondire, studiare i fascicoli e redigere le minute, non altri.
Ultima domanda: anche sul Csm la ministra si è limitata, più o meno, a fare la descrizione dello stato dell’arte. Eppure il Csm è stato per l’ennesima volta travolto da una bufera.
Su questo aspetto la relazione è davvero debolissima e molto deludente: la guardasigilli ha fatto un breve riferimento al tema, non tenendo conto della crisi evidente della magistratura. Ho avuto l’impressione che si sia voluto stendere un velo su quello che è sotto gli occhi di tutti: sembra quasi che con Palamara quale capro espiatorio, si sia voluto chiudere la questione. Pare che tutto vada bene e non ci sia urgenza di una riforma strutturale e ordinamentale della magistratura. Forse questo governo non sente la necessità di un cambiamento radicale dell’organo di governo autonomo della magistratura. A meno che non si voglia lasciare tutto com’è, con il gran favore dell’Anm.