PHOTO
Sono giornate senza sosta per Lubna Tuma dello staff legale di “Adalah”, organizzazione impegnata nella difesa dei diritti della minoranza araba in Israele e degli attivisti della Global Sumud Flotilla, arrestati quasi una settimana fa dalla Marina militare israeliana al largo delle coste di Gaza. Siamo riusciti a parlare con l’avvocata Tuma in un breve momento di tranquillità per farci raccontare come sta procedendo l’assistenza legale in favore degli oltre 450 partecipanti alla missione che ha tentato di portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese.
«Gli attivisti della Flotilla – dice al Dubbio l’avvocata Tuma - sono stati arrestati nelle acque internazionali tra la sera di mercoledì 1 ottobre e la mattina di giovedì 2 ottobre. Io e i miei colleghi di “Adalah” siamo riusciti a vederli solo giovedì pomeriggio. Li abbiamo trovati molto stanchi, direi esausti. La polizia ci ha informato che non potevamo vedere tutti gli attivisti arrestati. Noi avvocati siamo stati tenuti fuori dalla struttura in cui si trovavano i nostri assistiti per molte ore. Solo nel pomeriggio è stato autorizzato il nostro ingresso, mentre le procedure per il riconoscimento e la raccolta di alcune dichiarazioni erano già iniziate senza la nostra presenza. Quando sono stati catturati in mare e condotti nel porto di Ashdod, gli attivisti della Global Sumud Flotilla sono stati costretti a stare seduti in ginocchio per ore sotto il sole. Alcuni attivisti hanno dichiarato di essere stati costretti a stare seduti sulle ginocchia, con i gomiti e la fronte a terra per oltre di un'ora. Poi sono stati condotti in stanze molto piccole, di circa tre metri quadrati, in gruppi di quindici persone, al caldo, senza aria condizionata, con le manette dietro la schiena per più di cinque ore».
“Adalah” ha denunciato diversi maltrattamenti. Alcuni partecipanti alla missione nel Mediterraneo hanno riferito di essere stati interrogati da soggetti non identificati. Il personale dell’Israel prison service ( Ips) avrebbe fatto ricorso alla violenza fisica contro alcune detenute. Alcune attiviste sono state bendate e ammanettate per periodi prolungati. Una donna ha detto di essere stata costretta a togliersi l’hijab e di aver ricevuto una camicia in sostituzione, mentre ad altri attivisti musulmani è stato impedito di pregare.
L’ex sindaca di Barcellona Ada Colau, anche lei su una imbarcazione della Flotilla, ha dichiarato che ci sono stati maltrattamenti ( «ma questo non è nulla in confronto a ciò che il popolo palestinese subisce ogni giorno» ). Altre violazioni sono state denunciate dai giornalisti spagnoli Carlos de Barron e Nestor Prieto, secondo i quali le autorità israeliane hanno presentato agli attivisti una dichiarazione già compilata in cui si sosteneva il loro ingresso illegale in Israele. «Abbiamo ricevuto – ha detto Prieto - dei documenti in ebraico, senza poterci avvalere di un traduttore, e non abbiamo potuto ricevere l’assistenza consolare. Non è stato consentito al console spagnolo di entrare nel porto di Ashdod».
Gli incontri tra gli avvocati e con gran parte dei componenti della Flotilla sono avvenuti nello scorso fine settimana. «Abbiamo fornito assistenza legale – spiega Lubna Tuma - a circa 300 attivisti, più di due terzi degli arrestati, che abbiamo incontrato venerdì e sabato nella prigione di Kziot. Subito dopo l’arresto, devo dire che abbiamo avuto non poche difficoltà ad interfacciarci con l’autorità giudiziaria. Sapevamo che le imbarcazioni fermate dalla Marina militare erano vuote. Abbiamo comunicato alle autorità il nostro mandato difensivo, ma abbiamo ricevuto alcun riscontro. Una volta raggiunto il porto di Ashdod abbiamo appreso che le udienze erano già in corso, nonostante la legge preveda che l’avvocato venga informato preventivamente per poter presenziare e garantire il diritto di difesa e un giusto processo».
Ieri altri 170 attivisti di diverse nazionalità, compresa la giovane Greta Thunberg, sono stati mandati via da Israele ( restano in carcere ancora 138 persone). Gli espulsi, come ha riferito il ministero degli Esteri israeliano, sono cittadini di Grecia, Italia, Francia, Irlanda, Svezia, Polonia, Germania, Bulgaria, Lituania, Austria, Lussemburgo, Finlandia, Danimarca, Slovacchia, Svizzera, Norvegia, Regno Unito, Serbia e Stati Uniti. «Il tribunale per l’immigrazione – aggiunge l’avvocata di “Adalah” – ha la competenza sugli arresti dei giorni scorsi e il provvedimento che è stato emesso nei confronti degli attivisti della Flotilla è stato quello dell’espulsione. Per aver dichiarato o meno l’ingresso illegale in Israele si verificano due casi. Il primo: l’espulsione che si concretizza entro 72 ore. Chi si rifiuta invece di firmare la dichiarazione di ingresso illegale in Israele compare davanti al giudice entro 72 ore. Ma il risultato finale è lo stesso: l’espulsione».
È una contraddizione arrestare attivisti in acque in cui Israele non ha competenza e accusarli di ingresso illegale? «Gli equipaggi della Global Sumud Flotilla – evidenzia Tuma - sono stati catturati in acque internazionali. Di conseguenza la procedura alla quale sono stati sottoposti e la legge sull’ingresso illegale in Israele non si applicano. Il processo stesso è illegale. In secondo luogo, l’assedio di Gaza è una violazione del diritto internazionale. Israele è obbligato a rispettare il diritto internazionale, non può proibire l'ingresso a Gaza e non poteva neppure impedire agli attivisti della Flotilla di portare aiuti umanitari. Ricordo, a tal proposito, che la Corte Internazionale di Giustizia ha affermato che l’occupazione israeliana dei territori palestinesi viola il diritto internazionale».