Il Covid ha inciso a fondo e forse determinato il corso della politica ovunque ed è probabile che continuerà a farlo. Basti ricordare che, prima della pandemia, Trump sembrava avere la vittoria nelle elezioni di novembre quasi in tasca e, in Italia, il governo Conte era in realtà a un passo dalla crisi. Il virus ha cambiato tutto e continuerà a indirizzare per molti versi il corso degli eventi politici. Solo che spesso non è facile indovinare come peserà. Il test positivo di Trump e della First Lady, giusto per fare l'esempio più evidente, non potrà non avere effetti su elezioni presidenziali ormai vicinissime ma quali saranno questi effetti è opinabile. L'impatto emotivo e l'inevitabile ricaduta sui prossimi duelli fra il presidente uscente e Biden, che potrebbero anche essere annullati, sembrerebbero giocare a favore di Trump. Sull'altro piatto della bilancia ci sarà il primato assoluto del tema pandemia nell'orientare il voto, esaltato ulteriormente dal contagio presidenziale, e non si tratta precisamente del cavallo di battaglia di Trump. Casomai il tallone d'Achille, il fianco più esposto.

In Italia le cose sembrano più chiare. La nuova ondata dell'allarme, pur se non ancora della vera e propria pandemia, andrà a tutto vantaggio della stabilità del governo. Le crepe ci sono e gli stessi effetti invigorenti delle elezioni sono una rosa con parecchie spine, la più acuminata delle quali è il rischio di una scissione dagli esiti imprevedibili ma potenzialmente catastrofici per il governo. Però, pur senza alcuna certezza assoluta, la proroga sino al 31 gennaio dello stato d'emergenza e soprattutto un allarme diffuso che crescerà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane giocano a tutto favore del presidente del consiglio.

Il disagio dell'opposizione è palese. Con mezza Europa che di nuovo spazzata dal ciclone e con gli indicatori italiani che non autorizzano né certezze né tranquillità di sorta per il prossimo futuro schierarsi contro la proroga dello stato d'emergenza appare per forza ingiustificato: una linea dettata più dalla necessità di attaccare comunque il governo che dalla logica delle cose. In compenso fare blocco con la maggioranza in nome dell'interesse nazionale, senza che Conte abbia mai davvero coinvolto l'opposizione nelle sue scelte neppure a livello consultivo, significherebbe consegnarsi per i prossimi mesi allo stesso Conte. E' una posizione scomoda dalla quale la destra cerca di venire fuori reclamando un dibattito parlamentare che alla fine ci sarà ma non cambierà di una virgola le cose.

Solo che la tendenza di palazzo Chigi, preesistente ad accentrare tutto, preesistente ma immensamente incentivata dal Covid, scontenta la maggioranza quanto l'opposizione, sia pure in modo necessariamente meno rumoroso. Nella Fase incandescente della crisi sanitaria il premier ha quasi ignorato sia la maggioranza, ormai rappresentata nei vertici quasi sempre dai capi delegazione al governo con la sostituzione netta del dialogo tra l'esecutivo e i partiti che lo sostengono con una cabina di regia intergovernativa, sia il Parlamento, il cui compito è stato spesso ridotto nei mesi bollenti della crisi sanitaria alla ratifica di decisioni prese a palazzo Chigi.

Quanto Zingaretti, ma in realtà anche i 5S, abbiano sofferto questa sorta di brutale demansionamento è noto. Dalla fine del lockdown in poi il tentativo da parte delle forze politiche e del Parlamento di recuperare il terreno perduto ridimensionando il ruolo di palazzo Chigi è stato spesso sotterraneo ma continuo. La stessa ipotesi, non fantascientifica, di un ingresso di Zingaretti al governo si spiega così. L'acuirsi dell'epidemia, il ritorno dei dpcm, come quello che Conte si accinge a varare mercoledì prossimo, il rinfocolarsi dell'allarme sociale sono destinati a bloccare per ora questo tentativo di limitare peso, ruolo e centralità esorbitante di palazzo Chigi. A differenza che in primavera, però, stavolta sul tavolo non ci sono le scelte quasi obbligate tese a fronteggiare l'emergenza ma quelle strategiche e di lungo periodo legate alla definizione del Recovery Plan italiano e all'uso dei fondi europei del Next generation Eu. In questo quadro gli strepiti dell'opposizione sono in fondo d'ordinanza. La preoccupazione della maggioranza e in particolare del Pd, invece, sono del tutto reali.