Una mattina esci per fare colazione, guardi il cellulare come chiunque ormai e scopri che il tuo nome apre i siti web dei principali giornali. Non sappiamo se davvero sia andata così ma sicuramente stamattina il deputato di Forza Italia all’Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè, già presidente del Parlamento di Palazzo dei Normanni e senatore a Roma, ha visto la propria faccia rimbalzare ovunque, accompagnata da titoli del tipo “Ai domiciliari il pusher dei vip di Palermo: spacciava cocaina a Miccichè. L’ex presidente dell’Ars comprava la droga in auto blu e lampeggiante”; “Palermo, blitz contro pusher dei vip Di Ferro. «Cocaina anche a Micciché: andava a prendere la droga con l’auto blu»”; “Palermo, arrestato lo chef dei vip Mario Di Ferro: “Spacciava cocaina”. Tra i clienti anche Miccichè. La droga viaggiava in auto blu”.
A lui, come a qualsiasi altra persona così attenzionata in articoli di cronaca giudiziaria, sarà preso un colpo. E tutte le persone – familiari e amici – avranno pensato: “Diamine!”. Il sospetto della colpevolezza di un reato comincia a serpeggiare tra la gente. Poi però ti prendi la briga di leggere l’articolo e scopri che Miccichè non è neanche indagato, in quanto solo presunto consumatore di stupefacenti. Ma il suo nome è servito a far rumore e a portare sulle prime pagine un’indagine condotta dalla Procura di Palermo diretta da Maurizio de Lucia.

Il gip Antonella Consiglio, proprio su richiesta dell’ufficio inquirente, ha emesso un’ordinanza di misura cautelare per sei persone alle quali vengono contestati, a vario titolo, diversi episodi di vendita e cessione di droga. Il procedimento nasce da un’intercettazione disposta nell’ambito di un’altra indagine. A finire agli arresti domiciliari Mario Di Ferro, gestore del ristorante di Villa Zito, con l’accusa di essere lo spacciatore di tanti vip. Di uno, soprattutto: Miccichè appunto, intercettato e fotografato mentre, a detta degli investigatori, andava a prendere la droga.
Ripetiamo: non è indagato, ma il suo nome è comunque finito nell’ordinanza di custodia cautelare e lo ‘sputtanamento’ mediatico non glielo ha tolto nessuno.

“Prima di potere dire qualcosa devo capire cosa c’è nell’inchiesta in cui non sono indagato, ma posso dire che sono dispiaciuto per Mario Di Ferro: è un caro amico che conosco e frequento da moltissimi anni. Andavo alle sue feste che erano sempre molto divertenti, frequentate da tantissima gente e dove non ho mai visto della droga”, è il primo commento all’Ansa di Miccichè. Che successivamente ha aggiunto: “Escludo in maniera categorica che io mi muova in macchina con lampeggiante acceso. Considero molto più importante nella mia vita di essere stato onesto, non avere mai fatto male a nessuno, non avere mai rubato un centesimo. Poi ognuno di noi qualche errore nella vita lo ha fatto. L’importante è essere a posto con la propria coscienza, e io lo sono”.
Allora a cosa è servita la normativa sulla presunzione di innocenza se – potremmo dire paradossalmente – mira a tutelare gli indagati ma non i terzi estranei? Interpellato dal Dubbio, il deputato di Azione Enrico Costa, che da anni si batte contro la mostrificazione mediatica di colpevoli, innocenti, estranei ai fatti, osserva come il problema sia “la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare: proprio lo scorso novembre 2022”, dice il parlamentare, “ho presentato una proposta di legge su ‘Modifiche all’articolo 114 del codice di procedura penale, in materia di pubblicazione delle ordinanze che dispongono misure cautelari’ al fine di non consentire la pubblicazione, integrale e letterale, dell’ordinanza con il quale il giudice dispone le misure cautelari fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”. Questo perché, ci spiega sempre Costa, quell’atto che dispone le eventuali misure cautelari è utilizzato come “una forma mascherata di anticipazione della pena, che non si sa se e quando sarà irrogata”. In questo scenario, “i titoli di giornale che raccontano l’indagine, quasi sempre sposando l’impostazione accusatoria, rappresentano spesso per l’opinione pubblica una sentenza anticipata”.
Nel caso specifico di Miccichè, ci dice sempre Costa, “si tratta di un tema di ordine generale: è evidente che nell’ordinanza debbano essere specificati i gravi indizi, ma è sbagliatissimo che la legge ne consenta la libera circolazione e pubblicazione. Si tratta di un atto che dovrebbe essere riservato, perché si è in fase di indagini preliminari e perché neanche vi è stato il vaglio di Riesame e Cassazione”.
Nordio e l’ipotesi di un correttivo
Fonti di via Arenula ci dicono che anche il ministro Nordio aveva valutato una riforma simile a quella di Costa, ma sarebbe risultata impraticabile sotto due profili: politico e tecnico. Rispetto al primo, rischierebbe di provocare una levata di scudi da parte delle opposizioni e troverebbe resistenze anche nella maggioranza. Sul piano tecnico, bisogna comunque ricordare che gli atti sarebbero a disposizione di terzi e quindi ci potrebbe essere una fuga di notizie. E se pure si prevedesse di inserire degli omissis al posto dei nomi dei non indagati, (personaggi pubblici e non), fatta eccezione per quelli che il procuratore ritenesse di interesse pubblico, si darebbe troppo potere ai capi degli uffici nel selezionare, ad esempio, in base alle preferenze politiche.