L’approvazione dei pareri parlamentari sui due decreti legislativi che attuano la riforma dell’ordinamento giudiziario sta diventando una neverending story. Come avvenuto già nella commissione Giustizia della Camera, oggi anche in quella del Senato è stato rimandato il voto sul documento relativo alle toghe fuori ruolo. Alla base del pit-stop ci sarebbero dubbi su un rischio di “disapplicazione della delega”, visto che il taglio verrebbe rinviato al 31 dicembre 2025, clausola non prevista dalla legge quadro firmata Cartabia.

Nella commissione Giustizia di Montecitorio, poi, è saltato, sempre oggi, il voto sul parere che comprendeva l’invito al governo a “valutare l’introduzione dei test psicoattitudinali per i candidati in ingresso nei ruoli della magistratura”. Fonti parlamentari suggeriscono due possibili letture. Una meramente legata al fatto che la maggioranza non avrebbe avuto i numeri necessari per approvare il parere: domani l’Aula si riunisce ma non sono previste votazioni, e diversi parlamentari hanno ritenuto di anticipare il week-end. La seconda ragione potrebbe rimandare a una volontà politica di abbassare i toni, dopo la reazione dell’Anm.

A suffragare questa ipotesi ci sono le dichiarazioni del viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto a Tgcom24: «Il governo valuterà le osservazioni proposte dalla commissione Giustizia del Senato sui test psicoattitudinali per i magistrati. È necessaria sicuramente una riflessione complessiva sul provvedimento. Certamente non si tratta di un tabù, perché i test psicoattitudinali sono comuni a molti concorsi pubblici, ma occorre valutare se è opportuno uniformare il trattamento dei magistrati a quello degli altri lavoratori della Pa. Se il governo dovesse decidere di recepire l’osservazione della commissione, sarà una prassi perfettamente democratica. Non faremo, questo è certo, scelte estemporanee, ma di sistema. E comunque, in qualsiasi provvedimento, non ci sarà mai alcun approccio punitivo nei confronti dei magistrati, davvero non ce ne sarebbe ragione».

Meno diplomatica la posizione di un altro esponente di FI, il capogruppo in commissione Giustizia alla Camera Tommaso Calderone: «I test attitudinali per l’accesso in magistratura non dovrebbero preoccupare. È paradossale che qualcuno insorga. La funzione giurisdizionale è di assoluta delicatezza, si decide sul destino dei cittadini, e se non si ha l’attitudine alla funzione non la si può espletare. Andrebbero effettuati test più approfonditi, altro che test attitudinali».

L’impressione è che il governo voglia studiare una formula che metta al riparo da un conflitto con l’Anm, conflitto che il “sindacato” dei giudici dichiara di non volere. Di certo la magistratura associata non sarebbe pronta ad accettare, come riferiscono fonti interne, che le toghe vengano valutate da psicologi scelti dal governo di turno. Certo le parole di Sisto non rassicurano del tutto i magistrati che, come segnalano alcune fonti, interpretano le parole del viceministro come «volontà di mantenere il ruolo di interlocutore privilegiato della magistratura con l’Esecutivo: Sisto», dicono, «veste i panni della colomba, ma senza assumere alcuna posizione netta».

Comunque le dichiarazioni di Sisto, come tutto quanto vi stiamo raccontando in questi giorni, saranno oggetto di discussione nella riunione del “parlamentino” Anm che si terrà domani e domenica, e il cui ordine del giorno è stato integrato proprio ieri mattina grazie a due richieste di AreaDg: la prima relativa proprio ai test psico-attitudinali, la seconda riguardante «l’autorizzazione all’esercizio di azione risarcitoria contro il quotidiano l’Unità con riferimento all’articolo pubblicato in data 29/2/2024 dal titolo ‘Via libera del Senato agli esami psichiatrici per i magistrati. Se fanno il test li bocciano tutti’».

Spiega Rocco Maruotti, componente del direttivo Anm per AreaDg, unica articolazione del “sindacato” delle toghe ad aver replicato all’articolo del quotidiano fondato da Antonio Gramsci: «La proposta di inserire i test psico-attitudinali per l’accesso in magistratura è la stessa avanzata dal governo Berlusconi nel 2008, peraltro già presente nel “Piano di Rinascita Democratica” della loggia P2, che tra gli obiettivi principali in materia di ordinamento giudiziario aveva proprio la modifica della normativa per l’accesso in magistratura mediante l’introduzione di “esami psicoattitudinali preliminari”. Nulla di nuovo, se non fosse che sono passati più di 40 anni da quel tentativo di aggressione eversiva all’ordinamento democratico e credevamo di non doverci misurare ancora con provocazioni di questo tipo, che evocano l’idea per cui il problema della magistratura sia la sanità mentale dei giudici. Si tratta ovviamente dell’ennesimo tentativo di delegittimazione della magistratura, che ha come obiettivo finale quello di incidere sulla sua autonomia e indipendenza».

«Avvertiamo un forte disagio – prosegue Maruotti –, in quanto siamo consapevoli che il parametro dell’equilibrio, già ampiamente scandagliato in sede concorsuale attraverso prove selettive che mirano anche a saggiare la tenuta psicologica di chi aspira a diventare magistrato, continua a essere valutato e verificato durante tutto il percorso professionale, attraverso le sette valutazioni di professionalità a cui si è sottoposti. Siamo convinti che su questo tema sia necessaria una discussione ampia e una presa di posizione forte di tutta la magistratura, per questo abbiamo chiesto di parlarne nella riunione del direttivo Anm».

Sull’articolo de l’Unità, l’esponente delle toghe progressiste aggiunge: «Vi si ipotizza che almeno la metà degli aspiranti magistrati non sarebbe in grado di superare i test. Difendiamo la libertà di stampa, ma non possiamo accettare che dal piano del confronto si passi a quello della delegittimazione e dell’offesa della dignità dell’intera categoria dei magistrati».