Dimissioni irrevocabili. La laica di Fratelli d’Italia Rosanna Natoli ha depositato oggi l’addio al Consiglio superiore della magistratura, dopo oltre un anno di sospensione decisa dal plenum a seguito dello scandalo Fascetto Sivillo. Una decisione quella di Natoli, consigliera di nomina parlamentare dal 17 gennaio 2023, «obbligata e non frutto della mia libera volontà, è determinata dalla situazione in cui mi ritrovo a distanza di quasi un anno dalla sospensione dell’11.09.2024, situazione per la quale non sono prevedibili imminenti soluzioni giudiziarie».

La sospensione dal ruolo di laica, infatti, non ha consentito a Natoli di poter tornare a svolgere il ruolo di avvocato. «L’adozione del provvedimento di sospensione mantenendomi lo status di consigliere (seppur sospeso) - ha sottolineato nella sua lettera Natoli - mi priva di uno dei diritti costituzionalmente garantiti: il diritto al lavoro. Invero, i doveri imposti dalla carica, non sospesi, mi impediscono di esercitare alcuna attività professionale e/o lavorativa, e, tale situazione, oltre alle intuibili conseguenze economiche, sta ledendo la mia immagine di professionista, la mia dignità personale e sta arrecando grave danno all’equilibrio psico-fisico mio e della mia famiglia. Il provvedimento di sospensione, adottato senza la contestuale sospensione del divieto di esercizio della professione forense, di fatto equivale a un provvedimento espulsivo, in quanto mi costringe ad assumere l’odierna decisione di dimettermi, non potendo più attendere i tempi dell’iter giudiziario».

Natoli non ha però deciso di rinunciare all’azione giudiziaria: «Sono certa che dimostrerò la mia estraneità ai fatti e, conseguenzialmente, l’illegittimità della mia sospensione ed indiretta espulsione dal Consiglio superiore della magistratura, riservandomi di tutelare, in tutte le competenti sedi, i miei diritti - ha evidenziato l’ormai ex consigliera -. Senza recesso alcuno dalle superiori argomentazioni, le mie dimissioni porranno, altresì, fine alle difficoltà con cui il Consiglio superiore si trova ad operare, non potendo svolgere le proprie funzioni con il contributo di tutti i componenti eletti dal Parlamento».

Natoli era finita al centro delle polemiche per un incontro privato con la giudice Maria Fascetto Sivillo, recentemente scomparsa, di cui l’avvocata di Paternò era giudice disciplinare. A far esplodere il caso fu l’avvocato della magistrata, Carlo Taormina, che durante un’udienza a Palazzo Bachelet consegnò alla sezione disciplinare una registrazione del colloquio avvenuto nello studio siciliano della laica. Secondo quanto sostenuto da Taormina, in quell’occasione Natoli avrebbe fornito alla sua assistita dei “consigli” su come difendersi davanti ai giudici.

Subito dopo, Natoli si dimise dalla sezione disciplinare e denunciò di aver subito pressioni affinché non si presentasse in plenum il giorno successivo, quando era prevista la discussione sulla nomina del nuovo procuratore di Catania. La sua assenza fu determinante: Francesco Curcio venne nominato per un solo voto di scarto sul rivale Giuseppe Puleio. Il voto mancante era proprio quello di Natoli, secondo cui le pressioni subite avessero l’obiettivo di impedirle di partecipare alla votazione.

La registrazione, trasmessa dal vicepresidente del Csm Fabio Pinelli alla procura di Roma, determinò l’iscrizione di Natoli nel registro degli indagati per abuso d’ufficio e rivelazione di segreto. L’inchiesta è stata poi trasferita per competenza alla procura di Catania. Nonostante le sollecitazioni dei colleghi, la laica decise di non dimettersi, lasciando la decisione al plenum che, l’11 settembre scorso, con 22 voti favorevoli, 6 contrari e 2 astenuti, deliberò la sua sospensione da Palazzo Bachelet.

«Sono vittima di un processo sommario», aveva dichiarato Natoli, denunciando un utilizzo strumentale della registrazione e una procedura «frettolosa» e viziata. A suo avviso, la sospensione avrebbe creato «un pericoloso precedente: basterà un avviso di garanzia, anche per reati inesistenti, per sospendere un consigliere eletto dal Parlamento».

A rafforzare questa posizione è il nuovo articolo 335 del codice di procedura penale, introdotto dalla riforma Cartabia, secondo cui la mera iscrizione nel registro degli indagati non dovrebbe comportare automaticamente effetti amministrativi. Un principio condiviso anche dal consigliere togato indipendente Andrea Mirenda, che – pur criticando l’atteggiamento di Natoli – votò contro la sospensione: «La legge non consente questa sospensione, l’iscrizione sul registro degli indagati, da oggi, diventa un’arma contro consiglieri sgraditi».

L’indagine nei confronti della laica, però, sembra essersi arenata. Dopo l’avviso di conclusione indagini ricevuto lo scorso febbraio (per il solo reato di rivelazione, a seguito dell’abolizione dell’abuso d’ufficio), Natoli ha depositato delle memorie difensive, ma da allora non ci sono stati sviluppi.

La triste vicenda di Fascetto Sivillo ha riportato l’attenzione anche sulla posizione della consigliera sospesa. Nei giorni scorsi è tornato a parlarne l’indipendente Mirenda, ribadendo le sue perplessità: «Sorprende la lunghissima sospensione “cautelare” della consigliera Natoli, oltretutto in base ad una mera iscrizione nel registro degli indagati che, come è noto, non dovrebbe cagionare, “da sola”, pregiudizi amministrativi o civili - aveva commentato al Dubbio -. È trascorso quasi un anno da allora e crediamo, quindi, che non solo la consigliera Natoli ma persino l’intero organo di autogoverno abbiano il sacrosanto diritto di veder definita sollecitamente tale posizione, in un senso o nell’altro. La natura provvisoria della sospensione inflittale non può trasformarsi in confisca ad libitum della delicatissima funzione assolta da un componente di un organo di rilievo costituzionale. Ci auguriamo, quindi, che la procura di Catania assicuri massima sollecitudine nella trattazione del caso. La qualità di una giustizia giusta anche per questo passa».