Uno degli aspetti più controversi della riforma costituzionale incentrata sulla separazione delle carriere è il sorteggio “secco” dei magistrati al Csm. L’Anm ha parlato di «svilimento della funzione di rappresentanza elettiva dei togati». Il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano ha spiegato invece che l’obiettivo di questa parte della riforma è un altro.

È quello di «ridimensionare il ruolo delle correnti, gli unici veri partiti rimasti sul campo, protagoniste spesso delle carriere dei magistrati». In questa cornice si è inserita la posizione controcorrente ( almeno in parte) assunta dal gruppo “antisistema” dell’Anm, Articolo Centouno, i cui rappresentanti nel “parlamentino” delle toghe si sono detti favorevoli al sorteggio temperato, e non pregiudizialmente ostili a quello “puro”. Insomma, c’è una fetta della magistratura che non è contraria a questa previsione della riforma. A tal proposito ricordiamo che a gennaio 2022 il “sindacato” delle toghe ha indetto un referendum interno sul sistema di voto “ideale” per l’elezione dei consiglieri togati al Csm ( in vista della tornata con cui, pochi mesi dopo, sarebbero stati scelti i nuovi rappresentanti della magistratura a Palazzo dei Marescialli). Rispetto al quesito sul sorteggio, 2.470 magistrati risposero “No”, pari a circa il 58% di quelli che votarono, ma il risultato, definito «inatteso e sorprendente» dai favorevoli, fu quel 42% ( 1.787 voti) che invece disse “Sì” all’estrazione a sorte dei consiglieri.

Le interpretazioni dell’esito finale, seppur dinanzi agli stessi numeri, ovviamente furono opposte. Tuttavia quello che interessa ora è capire che peso avrà questa frangia della magistratura, non tanto e non solo sul piano del dibattito interno alle toghe, quanto nel confronto che certamente metterà in tensione, nei prossimi mesi, il governo e l’Anm. Per essere più chiari: questa questione può rappresentare certamente un oggetto di sfida. Come? L’Esecutivo, o meglio la maggioranza che dovrà difendere e tentare di far approvare la riforma costituzionale in Parlamento, potrebbe far leva su quella fronda di favorevoli al sorteggio per depotenziare la battaglia che le toghe dovranno intraprendere in questo lungo percorso tra esame delle due Camere ed eventuale referendum.

Siamo sempre nel campo delle ipotesi, tuttavia una tale eventualità rappresenterebbe un modo per indebolire l’Anm e far emergere un sentimento di minor appartenenza al “sindacato” delle toghe. Immaginate cosa accadrebbe se qualche magistrato cominciasse a rilasciare interviste ai giornali per dichiararsi, come qualcuno ha già fatto, favorevole non solo alla separazione delle carriere ma anche al sorteggio: in una campagna referendaria che si giocherà quasi esclusivamente sui media, sarebbe un fattore di indebolimento della narrazione proposta dall’Anm.

È pur vero che l’ultimo congresso dell’Associazione magistrati ha ricompattato, contro le riforme in atto, tutte le correnti, e i numeri di Palermo lo hanno dimostrato.

Non è escluso che la voce dissidente alla fine ripieghi verso l’obiettivo più grande di scongiurare la vittoria della maggioranza al referendum.

Ma nulla è scontato. L’oscillazione tra le due prospettive – prevalenza dello “spirito corporativo” e rivolta della base contro la linea delle correnti – è imprevedibile nel suo esito. Carlo Nordio non sembra privo della determinazione a cavalcare, sul piano mediatico, strumenti dialettici più aggressivi rispetto allo stile esibito finora. Basti pensare alla dichiarazione con cui due giorni fa il guardasigilli ha risposto, durante la trasmissione “Cinque minuti”, alla domanda di Bruno Vespa sul rischio che la riforma – la separazione delle carriere in particolare – indebolisca la magistratura: «A indebolirla sono stati gli scandali», ha replicato il ministro.

Toni che autorizzano a non escludere una comunicazione altrettanto “bellicosa” dell’intero governo nella disputa dei prossimi mesi con l’Anm. Ed è esattamente questo lo scenario in cui l’Esecutivo può scommette su una “maggioranza silenziosa” di giudici che, come Spartaco, rompono improvvisamente le catene dell’egemonia correntizia, attratti dalla possibilità che non siano più i gruppi di potere interni all’Anm a selezionare giudici e pm da eleggere nei due Consigli superiori, ma che a decidere provvederà semplicemente la sorte. E la prospettiva – per ora astratta ma certo non esclusa né da Nordio né dai vertici del “sindacato” delle toghe – di una progressiva emancipazione delle “toghe di base” dalle correnti è certamente favorita proprio dal nuovo sistema di potere disegnato dalla riforma: a decidere sulle carriere dei colleghi non sarebbero più i gruppi associativi, attraverso i loro delegati a Palazzo dei Marescialli, ma un’assemblea presidiata da giudici ( da una parte) e pm ( dall’altra) potenzialmente privi di legami con l’Anm. In uno scenario simile, la popolarità del sorteggio, tra i magistrati, pare effettivamente destinata ad accrescersi. E se si moltiplicassero i “testimonial”, la campagna di Nordio non potrebbe che giovarsene: a quel punto il “no” alla sua riforma verrebbe attribuito non alla magistratura ma alla sua gerarchia “politica”, l’Amm appunto. Un quadro che aumenterebbe di sicuro le possibilità, per il governo, di vittoria al referendum.