L’11 giugno è la data fissata per l’approdo in Aula al Senato della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere, ma la tensione tra governo e magistratura è destinata a salire di nuovo. Il motivo: la maggioranza vuole accelerare l’iter, anche a costo di rinunciare alla figura del relatore, con l’obiettivo di ottenere l’approvazione definitiva entro la fine dell’anno.

A sollevare forti perplessità è l’Associazione nazionale magistrati, che con il presidente Cesare Parodi denuncia la rapidità dell’iter e l’assenza di confronto parlamentare: «Parliamo di una riforma costituzionale e non di una legge ordinaria. Mai vista una velocizzazione simile: fin dall’inizio è apparso evidente che non ci fosse alcuna volontà di modificare il testo, né dialogando con la magistratura associata, né con le opposizioni», ha detto Parodi in un’intervista a Il Foglio.

Secondo l’Anm, il Parlamento dovrebbe essere luogo di confronto, soprattutto quando si tratta di riforme che toccano l’impianto costituzionale della giustizia. Ma in questo caso – afferma Parodi – il confronto sarebbe stato eluso sin dall’inizio.

Il cuore della critica: il rischio di subordinazione del pm

Entrando nel merito della riforma, il timore dell’Anm è che l’introduzione della separazione delle carriere possa indebolire il ruolo del pubblico ministero e renderlo di fatto più esposto all’influenza del potere esecutivo.

«Sappiamo bene che la riforma non contiene una norma espressa in questo senso – chiarisce Parodi – ma osserviamo che nei Paesi in cui la separazione esiste, come Francia, Germania e Regno Unito, il pm risulta sottoposto all’esecutivo. Non è un timore immaginario, è un dato di fatto».

Le altre criticità: doppio Csm e Alta Corte disciplinare

Nel mirino anche la creazione di due Consigli superiori separati, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri, e la nascita di un’Alta Corte disciplinare esterna: «Un pm con scarsa rappresentanza nel Csm è un pm più debole. E la giustizia disciplinare svincolata dal corpo gestionale rompe un principio presente in tutte le istituzioni: dalla Banca d’Italia alla Consob, la disciplina è interna all’ente. Solo per la magistratura si propone un modello diverso».

Secondo Parodi, valutare la condotta di un magistrato richiede la conoscenza del contesto concreto in cui opera, un compito che non può essere affidato a un organo estraneo all’ambiente della giustizia.

Il rischio di una giustizia sbilanciata verso l’accusa

Infine, il presidente dell’ANM solleva un ulteriore interrogativo: «Siamo sicuri che un Csm autonomo per il pubblico ministero, privo di contraddittorio con i giudici, non porti a un modello di giustizia eccessivamente accusatorio ed efficientista, come avvenuto altrove?».