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Il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro della Giustizia Carlo Nordio alla Camera dei deputati festeggiano dopo il voto finale sul ddl costituzionale ÒNorme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinareÓ, Roma, Gioved“ 18 Settembre 2025 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Foreign minister Antonio Tajani and Justice minister Carlo Nordio in the Chamber of deputies celebrate after the final vote on the constitutional bill relating to the judiciary system and the establishment of the Disciplinary Court, Rome, Thursday, September 18, 2025 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)
«Non possiamo mica lasciare le piazze solo alle opposizioni». Nella maggioranza si comincia a ragionare più seriamente su come affrontare la campagna politica e comunicativa in vista del referendum costituzionale sulla separazione delle carriere. I tre partiti che sorreggono il governo ancora non hanno fatto riunioni operative ma ovviamente si ragiona sulle varie opzioni in campo. E qualcuno, soprattutto dalle fila di Forza Italia - il main sponsor della modifica dell’ordinamento giudiziario -, vorrebbe porre sul tavolo la possibilità di richiedere la consultazione popolare della prossima primavera percorrendo tutte le strade che la Costituzione offre attraverso l’articolo 138.
Quindi non solo tramite un quinto dei membri di una Camera, ma altresì attraverso le sottoscrizioni di cinquecentomila elettori e la richiesta di cinque Consigli regionali. Questo perché si vuole dare un’impronta forte all’iniziativa mettendo in campo tutte le risorse a disposizione. Quella sulla giustizia è la madre di tutte le battaglie, come ripete spesso anche il Guardasigilli, pertanto non si può lasciare nulla al caso, non si può dare nulla per scontato. A maggior ragione che il risultato al momento è incerto, anche a causa di sondaggi contrastanti, e in molti, anche tra i riformisti, temono il finale che toccò a Matteo Renzi.
Non bisogna, dicono le nostre fonti, lasciar alcun minimo spazio alle minoranze che sicuramente si attrezzeranno affinché vinca il “no”. E quindi, ci spiegano, «non possiamo mica lasciare le piazze solo alle opposizioni». «Qualora Pd, M5S e Avs decidessero di raccogliere le firme» contro la riforma Nordio «dovremmo evitare che i cittadini vedano nelle piazze solo i banchetti» dei partiti che osteggiano la riforma. «Pertanto dobbiamo anche noi marcare il territorio», ci dice un esponente azzurro. Anche perché «se ci fermassimo alla richiesta dei parlamentari comunque dovremmo attendere tre mesi prima che la legge di modifica costituzionale possa essere sottoposta al voto plebiscitario da quando è stata pubblicata».
«E perché dovremmo lasciare tutto questo tempo ai partiti di opposizione e consentire loro di propagandare il “no”?», si chiede un altro parlamentare. Contemporaneamente si sta ragionando sui comitati per il “sì”. L’idea sarebbe quella certamente di costituirli, ma senza farli coincidere con i partiti. «Potremmo mettere a disposizione dei comitati le nostre strutture per dare una mano dal punto di vista organizzativo ma vorremmo non politicizzare eccessivamente le iniziative», ci racconta un altro parlamentare.
Dunque porte aperte in primis a giuristi, costituzionalisti e personaggi del mondo della cultura a cui verrà chiesto di impegnarsi per spiegare agli elettori le ragioni tecniche del “sì”. In questo momento da tutti i fronti si tiene a ribadire che non bisogna trasformare il voto in un indice di gradimento pro o contro Meloni, pro o contro magistratura. Lo ha ribadito lo stesso presidente dell’Anm Cesare Parodi: sul referendum «ci sono stati dei sondaggi che vedono la partita ancora aperta. Ritengo siano dei sondaggi attendibili perché fatti da persone serie e il risultato non sembra conveniente in un senso o nell’altro. Il Paese discute e mi fa piacere se il Paese si interroga. Mi fa meno piacere se questa è una forma di divisione, perché le divisioni non giovano mai a nessuno. Se è solamente un dibattito invece è un qualcosa di positivo, senz’altro».
Per ora queste sembrano essere le regole di ingaggio. Ma è molto probabile che nei prossimi mesi il dibattito diverrà sempre più aspro. Intanto ieri il presidente della Fondazione Einaudi, Giuseppe Benedetto, durante il convegno “Ri-Costituente: meglio l’assemblea”, ha rilanciato il disegno di legge depositato questa estate al Senato per istituire un’Assemblea con l’obiettivo di riformare la Costituzione.
«Un testo che, con il passare dei mesi, diventa sempre più attuale, visto che ormai mi pare non ci siano più molti dubbi sul fatto che l’unica riforma costituzionale che si farà in questa legislatura sarà quella della separazione delle carriere dei magistrati. Non ce ne saranno altre. Inutile parlare di ennesima occasione sprecata, ormai da tempo la Fondazione Einaudi è convinta che solo attraverso un’Assemblea, a regole condivise e composta dalle più illustri personalità del Paese, sia possibile procedere a riforme strutturali», ha concluso Benedetto.