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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
«Andremo avanti sulla riforma della giustizia e non contro la magistratura ma per liberare la magistratura dalla malapianta delle correnti politicizzate: la vogliamo liberare dalla politica». Lo ha detto ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al comizio elettorale a Lamezia Terme a sostegno di Roberto Occhiuto. Ancora presto per dire se questo sarà lo slogan della campagna del referendum. Certo è che più passano i giorni, più aumentano le occasioni e più la premier incalza sulla riforma della giustizia. E dall’altra parte dell’emiciclo che succede? Sarà la sconfitta alle elezioni regionali delle Marche, sarà che la riforma costituzionale della separazione delle carriere ancora deve essere approvata in quarta lettura al Senato, ma le opposizioni – Partito democratico e Movimento 5 Stelle primi tra tutti – sono ancora ai blocchi di partenza rispetto alla campagna in vista del referendum confermativo. Al momento nessun ragionamento sarebbe stato fatto per delineare una strategia efficace per il “No” al voto plebiscitario.
Mentre nel centrodestra il vice premier ed esponente di Forza Italia Antonio Tajani ha già annunciato i comitati per il “Sì” e diversi parlamentari azzurri starebbero premendo anche per percorrere tutte e tre le strade che la Costituzione offre per indire referendum (un quinto dei membri di una Camera, le sottoscrizioni di cinquecentomila elettori e la richiesta di cinque Consigli regionali), in modo da presidiare territori e sfruttare ogni istante possibile per spronare al “Sì”, nel centro sinistra tutto è fermo al momento. «La strategia è ancora oggetto di valutazione, non ci sono scenari definiti», ci spiega infatti il senatore dem Alfredo Bazoli. «Certamente – assicura l’esponente dem della commissione Giustizia di palazzo Madama – saremo tutti impegnati per divulgare correttamente un tema così importante e delicato».
Gli slogan non sono ancora stati definiti a tavolino, nessuna regia operativa è al lavoro. Tuttavia ci spiega sempre Bazoli che «il messaggio non potrà che semplificarsi data la complessità della questione. Abbiamo comunque tante armi dialettiche a nostra disposizione». Prima tra tutte «quella di evidenziare i rischi della riforma, in un contesto in cui le democrazie liberali sono in pericolo e lo Stato di diritto è sotto attacco. Questo avviene anche attraverso una delegittimazione della magistratura, come accade anche con Trump negli Stati Uniti e al quale questa destra è molto vicina». C’è poi una incognita che pesa sulla campagna che verrà. La conferma di Francesco Acquaroli a governatore delle Marche contro Matteo Ricci mette in crisi il campo largo tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle. C’è ovviamente da chiedersi che impatto questo risultato elettorale potrà avere in vista del referendum sulla riforma targata Giorgia Meloni e Carlo Nordio. Anche su questo Bazoli non ha dubbi: «Non credo che la sconfitta nelle Marche possa ripercuotersi sul percorso verso il referendum. Con i 5S e le altre opposizioni continueremo a dialogare e saremo uniti anche nella battaglia referendaria».
Dai pentastellati, invece, al momento silenzio assoluto. Sta di fatto che se nelle Camere penali qualcuno teme che la politica voglia appaltare quasi tutta la campagna comunicativa che verrà all’avvocatura, quello che di certo non possono permettersi le opposizioni è che a tirare il carretto sia solo l’Anm. I magistrati, infatti, non hanno una presenza capillare sul territorio come i partiti, in primis i dem. Né hanno quella capacità dialettica delle forze politiche che sarà essenziale per arrivare a quanti più cittadini possibile. A proposito di Ucpi, ieri il presidente La Russa, intervenendo a Palazzo Wedekind alla VII edizione della Scuola The Young Hope, ha dichiarato: «Ero alla riunione delle Camere penali e ho detto che la cosa veramente importante è che, se sono chiamati a decidere i cittadini, quella soluzione deve essere accettata da tutti, sia se passa che se non passa.
In questo caso - e qualcuno non è stato del tutto d’accordo - essendo io presidente del Senato, io ho le mie idee, ma soprattutto per il ruolo che ho voglio essere assolutamente neutrale, pur avendo chiaramente delle idee in proposito». Era stata proprio quella dichiarazione di “neutralità” a far storcere il naso a qualche penalista, come riportato nel pezzo di ieri attraverso le parole di Valentina Alberta, ex presidente della Camera penale milanese. E forse La Russa lo ha capito o ci ha letto. Comunque ha tenuto a ribadire quel concetto di grammatica istituzionale che è percepito da altri come un abbandono.
Dalla panoramica che vi abbiamo proposto negli ultimi giorni, cercando di scovare le strategie di tutti gli attori in campo, possiamo dedurre che quelli più avanti col lavoro sono sicuramente magistrati e avvocati. La politica per ora resta a guardare. Vedremo nelle prossime settimane cosa cambierà.