Politica della giustizia non vuol dire rissa tra opposte tifoserie. Significa, piuttosto, far funzionare, oppure disarticolare, uno dei cardini della democrazia. Se n’è parlato ieri a La Spezia, nell’incontro inaugurale della tre giorni organizzata da Ordine degli avvocati e Camera penale della città ligure: “Potere e democrazia: pluralità, dialettica ed equilibrio tra i poteri”. Tema, e ispirazione, «ambiziosi», come ha riconosciuto Diana Brusacà, presidente del Tribunale spezzino. Non ci si è limitati ad applaudire o stroncare la separazione delle carriere, di cui pure, nella tavola rotonda, si è discusso, ma si è cercato di capire fino a che punto il conflitto tra politica e toghe minacci la coesione dello stesso sistema democratico.

Una chiave insomma “metapolitica”, che l’avvocatura di La Spezia ha orgogliosamente evocato per l’intero evento, intitolato “Alla ricerca di un nuovo umanesimo. L’esigenza di riconquistare la persona come misura e orizzonte di tutte le cose”. Il presidente del Coa, Daniele Caprara, ha ricordato anche «la preziosa sinergia con Confindustria e Fondazione Carispezia, in un’unione di forze che dimostra quanto sia importante la riflessione sui diritti e sui grandi temi sociali». Idea condivisa da Andrea Corradino, che di Fondazione Carispezia è presidente: «È un’iniziativa con un carattere ben preciso: la profondità dei temi individuati». Il convegno introduttivo su “Potere e democrazia” è stato concluso dall’intervento non di un giurista, ma del vicepresidente della stessa Confindustria, Giovanni Baroni, che non ha certo negato «il prezzo imposto da tensioni e lentezze del sistema giudiziario al mondo produttivo. E d’altra parte l’indebolimento dei sistemi politici e istituzionali, comune all’intero mondo occidentale, si riflette nella progressiva recessione rispetto a realtà come quella cinese, in cui pure non esistono le nostre libertà».

In apertura, con Brusacà e Caprara, è intervenuto anche l’altro “promotore” della tre giorni spezzina, il presidente della Camera penale Fabio Sommovigo, che ha ricordato appunto l’ampiezza degli orizzonti a cui l’avvocatura della città ligure ha voluto guardare, «senza trascurare il ruolo dell’avvocato penalista nel futuro, tema attorno a cui ruota la nostra giornata conclusiva». Si parte, come detto, dalla centralità della persona: che però rischia di essere travolta da pericolose derive, come ricorda l’avvocata Emilia Rossi, sulla scorta dal quadriennio trascorso da componente del Garante nazionale dei detenuti: «È svanita in fretta l’attenzione che, per qualche anno, la politica sembrava aver trovato sulle carceri.

Ora si assiste casomai all’allarmante popolarità di chi ha il monopolio nell’uso della forza: basta guardare ai dati Eurispes diffusi in queste ore, secondo i quali le sole istituzioni che riscuotono il favore dei cittadini sono le forze dell’ordine, con politica e magistratura in caduta libera». E che la persona non sia affatto centrale, nelle logiche del legislatore, lo ribadisce un altro protagonista del dibattito culturale nell’avvocatura come Lorenzo Zilletti, che richiama «la riforma Cartabia, la concezione meramente efficientista con cui ha sacrificato l’individuo: basta pensare all’uso sconcertante della parola smaltimento riferita ai processi. Ogni volta, penso al fatto che quel lapsus evoca i rifiuti, ma che dietro c’è un mio assistito, una persona appunto».

Poi naturalmente le iperboli sono anche di segno contrario, fa notare una figura chiave dell’accademia penalistica come Gaetano Insolera: «L’esercizio del potere giudiziario non è semplicemente una funzione pubblica, ma un atto politico. La giustizia è politica nel senso più autentico del termine. È invece poco credibile l’anatema di chi, a proposito delle recenti riforme in ambito giudiziario, evoca rischi per lo Stato di diritto». È il tema ricorrente ma non abusato, nel convegno d’apertura della tre giorni spezzina: il conflitto fra maggioranza di governo e Anm attorno ala separazione delle carriere. «Quel conflitto si scarica sulle persone, su chi dalla giustizia attende risposte», fa notare il costituzionalista Mario Esposito, che prova a uscire da alcuni equivoci creati sulla magistratura requirente: «Anche separato dal giudice, il pm non sarebbe certo autorizzato a smarrire la responsabilità connessa alla propria funzione, che ha pur sempre una natura pubblica, appunto».

D’altra parte, è la constatazione amara di un altro maestro del diritto penale come Luciano Eusebi, «l’Anm è molto impegnata a contrastare le riforme, avvalora l’idea di prediligere l’immobilità del sistema, eppure potrebbe spendere parole assai più forti su provvedimenti come il decreto Sicurezza, in cui il legislatore mette davvero a rischio tutele irrinunciabili». Dietro quelle erosioni ci sono appunto i diritti, la “persona”. Che, come hanno ben intuito, gli avvocati di La Spezia, è il sacrificio di fronte al quale tutti i “poteri” sono indifferenti.