Dalle pagine di Repubblica il procuratore Nicola Gratteri ha avanzato forti critiche sulle cosiddette pagelle dei magistrati, nella loro nuova previsione normativa introdotta dai decreti attuativi della riforma Cartabia, approvata pochi giorni fa in Consiglio dei ministri. «Non sono solo inutili– ha detto – ma addirittura dannose: i magistrati si preoccuperanno più di avere le carte in ordine che di fare giustizia».

La sua è una delle tantissime voci che, nell’ordine giudiziario, stigmatizzano, sotto vari profili, le nuove modalità di giudizio del lavoro dei colleghi. E non scordiamoci che lo scorso anno per l’Anm fu uno dei principali motivi alla base dell’astensione. Ma davvero è giustificato questo allarmismo? Oppure la macchina informatica necessaria per rendere operativo il “fascicolo di valutazione” è di fatto impossibile da attivare?

Nella bozza del decreto Nordio leggiamo, tra l’altro, che la valutazione di professionalità “è operata secondo parametri oggettivi che sono indicati dal Csm” e che Palazzo dei Marescialli “disciplina con propria delibera gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni”. La mole di dati da raccogliere nel nuovo “fascicolo del magistrato” si prefigura abbastanza copiosa. Ad oggi, il ministero della Giustizia gestisce una banca dati relativa all’organizzazione giudiziaria rispetto ai dati sugli affari civili e penali, e una sulle azioni disciplinari promosse dal guardasigilli.

Ma ci sono molte lacune nel sistema che, ad esempio, non è in grado di elaborare statistiche con gli stessi parametri rispetto a tutti i distretti. Come si può pensare allora di gestire il nuovo fascicolo di valutazione? Una fonte del Csm confida, in via riservata, che «stiamo cercando di formare un’elaborazione statistica autonoma rispetto a quella del ministero. L’ambizione è quella di riuscire a fare le valutazioni di professionalità sulla base di dati nostri che dovrebbero essere diversamente configurabili e gestibili con un sistema informatico interno».

La necessità, ci spiega, nasce dal fatto che «sebbene le statistiche del ministero siano abbondanti, il problema è che gli uffici giudiziari, ad esempio, iscrivono procedimenti spesso in maniera non uniforme». Quindi «ci sono statistiche che sono più attendibili perché i procedimenti rispondono a criteri di iscrizione molto riconoscibili e identificabili, altre più confuse e meno attendibili». Questo «vale per le Procure dove, a seconda delle diverse visioni, un procedimento resta iscritto a modello 45 o modello 44 di più di quanto non avvenga in altri uffici inquirenti». Il dato è importante perché «la qualità del carico di lavoro è significativo per la valutazione di professionalità prima ancora degli esiti dei procedimenti».

La criticità dunque risiede nella mancanza di prassi condivise: «In alcuni uffici le iscrizioni le fa il magistrato, in altre la cancelleria», segnala ancora la fonte di Palazzo dei Marescialli. E poi manca una «valutazione del singolo affare: uno lo qualifica giuridicamente in un modo, un altro in maniera diversa, come succede nel civile, dove le iscrizioni avvengono in base alle indicazioni che dà l’avvocato attraverso il codice di riferimento dell’affare».

Posto dunque che il sistema ministeriale non è adeguato al compito richiesto dalla riforma Cartabia-Nordio, l’auspicio è quello di poter gestire la questione internamente al Csm. Ma «occorrono fondi, tempo, capacità e personale adatto per gestire una macchina informatica del genere e saper sistematizzare tutte le fonti». E il tempo non aiuta, visto che tra non molto la riforma sarà legge: «Questo sicuramente è vero. È chiaro che all’inizio dovremmo fare alla vecchia maniera, con il materiale che già si possiede, e poi col tempo si spera di avere a disposizione un sistema meglio congegnato agli scopi». Ma quindi l’allarme di Gratteri è giustificato. date tutte queste difficoltà tecniche? «Comunque esiste un messaggio culturale nella riforma scritta – conclude la nostra fonte – che viene passato. Comunque se tu sai che nella tua città ci sono dei divieti, sei più cauto a prescindere dal fatto se quei divieti poi verranno applicati. Se tu sai che non ci sono, guidi con maggiore senso di libertà».

Molto critico resta il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, che ci dice: «In generale ci stiamo scontrando quotidianamente con mille difficoltà proprio sul versante delle strutture informatiche: le lacune e i deficit sono tanti. Dal processo penale telematico che fortunatamente slitterà, al processo telematico minorile, a quello dei giudici di pace e alle continue interruzioni nel funzionamento degli applicativi del giudizio civile. L’informatica è il lato molto debole dell’organizzazione dei servizi: su questo abbiamo chiesto reiteratamente interventi più incisivi al ministero».

Di conseguenza, anche rispetto al fascicolo redatto informaticamente «ci saranno molti problemi. Però io non vorrei che passasse l’idea che questa legge abbia instaurato un sistema di valutazione basato su ciò che il magistrato ha prodotto. È sempre stato così. Non è vero che non siamo già valutati su quello che scriviamo. La rilevazione a campione dei provvedimenti dei magistrati secondo criteri obiettivi e predeterminati c’è sempre stata. Stanno vendendo per novità alcune previsioni che già esistono, e si tace sulle criticità delle novità. Mi riferisco alla enormità del fascicolo che ricadrà sulle valutazioni. Più il fascicolo sarà onnivoro, più chi lo dovrà gestire non avrà le capacità in concreto per poterlo fare. Credo che la strada imboccata sia quella di un depotenziamento del sistema di valutazione. La prospettiva è errata dall’inizio».

C’è, tra l’altro, un ampliamento delle fonti: «Leggo nello schema del decreto che anche i risultati dei giudizi successivi verranno acquisiti a campione. Ma se si deve trovare una grave anomalia, essa la si rileva non sul campione ma rispetto a tutti i procedimenti. Già oggi i cancellieri non riescono a fare il minimo per gestire i processi, dovranno pure fare, per tutti i magistrati in valutazione, questo tipo di attività. E poi chi dovrà leggere tutto per elaborare la valutazione rischia di non leggere nulla alla fine. Che tutto questo poi venga fatto informaticamente da un ministero che fa acqua da tutte le parti è desolante».