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Non c'è pace nelle procure ed ogni tentativo di mettere ordine al loro interno pare essere destinato al fallimento. Anche l’ultima circolare, entrata in vigore solo lo scorso luglio, è infatti finita nel mirino dei procuratori. Con una nota del 29 aprile, indirizzata al Consiglio superiore della magistratura, per conoscenza al procuratore generale della Cassazione, e pubblicata ieri da Repubblica, i capi delle Procure hanno sottoposto a Palazzo Bachelet «alcune osservazioni» legate alla «concreta esperienza sul campo» nell’applicazione del documento.
La diffusione della lettera, che doveva rimanere riservata, ha avuto come inevitabile conseguenza l'annullamento dell'incontro del prossimo 13 maggio tra il Csm e le procure per mettere a punto alcuni aspetti proprio sulla riorganizzazione degli uffici inquirenti. A comunicare l'annullamento è stata la presidente della Settima Commissione del Consiglio, la togata di Magistratura indipendente Maria Vittoria Marchianò. Nella missiva, 25 pagine, i capi delle procure guidati in questa “protesta” dal procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, ormai vero punto di riferimento per la politica giudiziaria togata, hanno evidenziato criticità che «si rifletterebbero negativamente sia sulla operatività e funzionalità degli uffici inquirenti, che sulla loro capacità di fornire, con la necessaria prontezza ed efficacia, risposte alla complessiva domanda di giustizia in sede penale».
I procuratori «non mettono in discussione l'impianto di fondo della circolare che, meritoriamente ha inteso, da una parte garantire a tutti magistrati delle Procure indipendenza e pari dignità (oltre che spazi ed opportunità per concorrere alla organizzazione dell'Ufficio) e, dall'altra rendere gli uffici inquirenti trasparenti nelle assegnazioni degli affari e nella loro struttura interna». Per i procuratori distrettuali, in particolare, devono «essere emendate alcune disposizioni della circolare e alcuni profili della sua concreta applicazione che non solo rallentano gravemente le attività organizzative e quindi, investigative e di coordinamento esterno ed interno delle procure, ma che, in aggiunta non sono necessitate ed imposte dalla normativa primaria» e «non apportano né maggiore ed ulteriore trasparenza, né maggiore ed ulteriore partecipazione alla gestione delle attività delle procure». Sulla circolare è intervenuto il presidente dell’Anm, il procuratore aggiunto di Torino Cesare Parodi, affermando che «l’attività giudiziaria dev’essere globalmente coordinata. Ma "coordinata” significa una cosa mentre 'controllata' è un'altra cosa».
Durissimo, invece, il consigliere indipendente del Csm Andrea Mirenda che, come gli altri componenti di Palazzo Bachelet, ha appreso ieri a mezzo stampa delle contestazioni dei super pm. «Un’iniziativa mediatica plateale oltre che un formidabile sostegno a chi contesta, a torto o a ragione, la reale consistenza della sbandierata cultura unitaria della giurisdizione su cui si fonda il no alla separazione delle carriere», ha dichiarato Mirenda. «La lettera aperta del “Partito" dei procuratori disvela, difatti, l’inconsistenza dello zoccolo ideologico su cui quell’unità si fonderebbe, specie lì dove punta a differenziare le procure dai Tribunali persino sul piano organizzativo, vero cardine dell’uguaglianza dei magistrati. La circolare sulle Procure viola asseritamente la Legge? Io non lo credo affatto ma non posso fare a meno di trarre le conseguenze culturali di questa… resistenza mediatica», ha proseguito il togato, secondo cui proprio per bocca del partito del procuratori, giunge la «miglior prova dell’insuperabile solco “culturale” tra uffici requirenti e giudicanti, con i primi che si vorrebbero gerarchizzati, persino organizzativamente, a differenza dei secondi, tabellarizzati e soggetti “soltanto” alla legge».