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Giovedì il Tribunale di Cosenza si è espresso in merito all’inchiesta denominata “Reset”, condotta dalla Dda di Catanzaro, all’epoca guidata da Nicola Gratteri, contro la ‘ndrangheta cosentina: 61 condanne e 63 assoluzioni.
L’inchiesta del 2022 era esplosa con un clamore mediatico travolgente, come di solito avviene in certe località calabresi. Arresti in grande stile, volanti, elicotteri, uomini in divisa che circondavano il Comune che fu appunto sciolto nel 2023 per presunte infiltrazioni mafiose. Ma a distanza di due anni, si scopre che era tutto infondato e che è stata mandata a casa per via giudiziaria una amministrazione sana. Tra gli assolti eccellenti, con la formula piena del “fatto non sussiste”, proprio l’ex sindaco di Rende, Marcello Manna, accusato ingiustamente di aver siglato un patto elettorale politico mafioso con una famiglia malavitosa.
L’uomo, che di professione fa l’avvocato, fu posto allora agli arresti domiciliari per trenta giorni. Inoltre il ministero dell’Interno decise anche per la sua futura incandidabilità: contro questo provvedimento Manna aveva presentato ricorso e la Corte di Appello di Catanzaro gli aveva dato ragione. Difeso dagli avvocati Nicola Carratelli e Gian Domenico Caiazza, commenta ora al Dubbio: «La giustizia ha parlato. E ha detto la verità: sono stato assolto con formula piena. Ho vissuto anni difficili, sotto attacco, travolto da un processo mediatico che ha cercato di farmi a pezzi prima ancora che un giudice potesse esprimersi. Tuttavia io non ho mai smesso di credere nella verità che i magistrati giudicanti hanno sancito con questa sentenza». Ha aggiunto: «Purtroppo qui quando parlano la magistratura requirente e le prefetture nessuno, dico nessuno, da destra a sinistra, ha il coraggio di dire qualcosa. Abbiamo una politica subalterna al potere giudiziario e prefettizio».
Questa vicenda, per Manna, dunque «è davvero inquietante. Oggi dunque verrebbe da chiedersi “e quindi? Siamo stati sciolti per che cosa?”. Il vero guaio è che, chi doveva controllare prima, non lo ha fatto. La Prefettura che doveva fare le verifiche purtroppo non le ha fatte. È un fatto grave, è stata offesa una comunità, una città, un’amministrazione che ha avuto l’unica colpa di essere una amministrazione libera, autonoma, trasparente e non vincolata a nessun partito e che stava lavorando bene».
Manna ricorda come «Rende non sia l’unico Comune ad essere stato sciolto negli anni in Calabria. Pare esserci un disegno politico preciso dietro a tutto questo. Purtroppo la nostra regione appare sempre più sottomessa a certe logiche di centri di potere che ancora cercano di opporsi alla volontà dei cittadini». Il politico poi si chiede: «chi pagherà per tutto questo? Chi si prenderà la responsabilità di aver leso i diritti democratici dei cittadini di Rende? Qualcuno pensa a delle dimissioni?». Infatti per Manna, «siamo stati colpiti non solo sul piano personale, ma devastati anche sul piano istituzionale, e questo è di una gravità senza precedenti. Cosa che, secondo me, non può passare inosservata. Se passa inosservato tutto questo nella nostra terra, vuol dire che non abbiamo futuro. Dobbiamo fare una riflessione tutti».
Questa assoluzione, tra l’altro, arriva dopo che anche la parallela inchiesta Malarintha, condotta dalla Procura di Cosenza, si era già chiusa con una serie di archiviazioni e assoluzioni per i componenti della giunta Manna. A commentare la decisione di due giorni fa anche Elisa Sorrentino, ex assessora alle pari opportunità nell’amministrazione Manna: «La sentenza di assoluzione cancella ogni ombra, ma non potrà mai cancellare il dolore e l’umiliazione di chi ha visto la propria vita pubblica e personale travolta da una spettacolarizzazione».