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NELLO ROSSI
Sarà stata la solennità dell’Aula Giallombardo della Cassazione, sarà stata l’occasione, ossia la presentazione del volume dedicato a “La riforma costituzionale della magistratura” della storica rivista di Magistratura democratica, Questione Giustizia, sarà stata l’illustre platea (da Giorgio Spangher a Giovanni Salvi, passando per Giuseppe Santalucia) ma l’apparente uno (il viceministro alla giustizia Francesco Paolo Sisto) contro sei (l’intellighenzia di Md Nello Rossi, Rita Sanlorenzo, Marco Patarnello, Raffaello Magi) insieme all’ex prima presidente di Cassazione Margherita Cassano e al senatore dem Andrea Giorgis si è trasformato due giorni fa in un interessantissimo dibattito sui nodi cruciali del ddl Nordio sulla separazione delle carriere.
Anche se il numero due di via Arenula ha scherzosamente introdotto il suo intervento aprendosi la giacca e dicendo «non indosso un giubbotto antiproiettile», il confronto non ha affatto assunto i toni aspri di quello di 24 ore prime tra Sisto e il procuratore di Bari, Roberto Rossi. Due i temi principali affrontati. Quello della cornice democratica. Se per Giorgis «non era mai accaduto che venisse approvata una riforma costituzionale senza che le due Camere potessero neanche apportare una qualche modifica», circostanza che secondo Patarnello «crea un precedente che domani qualcun altro si potrà sentire legittimato a ripetere», per Sisto «abbiamo rispetto il metodo dell’art. 138 Cost.». Questa pare essere questione passata, anche se il Pd durante la campagna lancerà l’allarme sulla «difficoltà che sta vivendo democrazia parlamentare», ha detto Giorgis, così come la magistratura, sempre per bocca di Patarnello, ricorderà che «seduta al tavolo dell’Hotel Champagne c’era anche la politica».
Per Sisto, invece, ora è «tutto in mano allo straordinario strumento della democrazia diretta» che deciderà «se i magistrati vanno liberati dal giogo delle correnti». Ma è il secondo tema quello forse più interessante. Proprio il vice di Nordio ha assicurato che «sulle leggi attuative si aprirà un tavolo su cui si potrà ragionare con la rappresentatività dei magistrati». E però, hanno sussurrato dalla platea, «Nordio ogni due giorni ripete che già gli uffici legislativi li stanno scrivendo. Avranno tempo e voglia per ascoltare anche l’Anm?». I nodi da sciogliere in fase attuativa sembrano comunque essere molti. Li ha elencati in parte Nello Rossi: ad esempio «prevedere per legge ordinaria un elenco ristretto di professori e avvocati sorteggiabili significherebbe alterare, per i soli membri laici, la logica del sorteggio, accentuando l’asimmetria tra togati e laici già derivante dal sorteggio “secco” adottato per i primi e “temperato” voluto per i secondi».
Vi è poi «il silenzio del legislatore costituente sulle maggioranze parlamentari necessarie per l’approvazione dell’elenco dei sorteggiabili compilato dal Parlamento e sulle modalità delle votazioni. Se per tale approvazione non fosse prevista, nella legge ordinaria, una maggioranza qualificata, la componente laica dei Consigli potrebbe essere interamente determinata dalla maggioranza di governo, con un gravissimo vulnus agli equilibri istituzionali e all’indipendenza della magistratura». Un’altra questione che all’apparenza può sembrare al momento tecnica è stata sollevata da Cassano. Com’è noto il ddl Nordio prevede che, in materia di giustizia disciplinare, «contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte». Tale previsione contenuta in quello che dovrebbe essere il nuovo articolo 105 Cost. confliggerebbe con l’attuale articolo 111 Cost. per cui contro le sentenze «è sempre ammesso ricorso in Cassazione».
A questo quadro si aggiunge il fatto che esiste indiscussa natura giurisdizionale per cui il giudizio disciplinare e delle decisioni in esso emesse sono a tutti gli effetti “sentenze”. Per Cassano, che ha anche presieduto le Sezioni Uniti civili in materia disciplinare, «il dubbio di costituzionalità è veramente grandissimo» sia rispetto all’articolo 102 Cost. secondo il quale «non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali» sia appunto rispetto al 111. Tutto questo, per l’ex vertice di Piazza Cavour, «nuocerà alla sintesi di coerenza del sistema» oltre a ledere «i diritti fondamentali dei magistrati che fino a prova contraria sono, quando sottoposti a procedimento disciplinare, portatori di diritti al pari degli altri. Questo lo ritengo veramente pericoloso». Per Sisto il problema non esiste perché «l'Alta Corte disciplinare è autorevolmente composta da giudici di legittimità, persone di assoluto livello che portano la disciplina fuori da qualsiasi ipotetica influenza correntizia, si tratta di dare a quell' organo una assoluta indipendenza e autonomia».
La discussione ad alto profilo tecnico ha lasciato comunque un breve spazio a Nello Rossi per lanciare un messaggio alla premier Giorgia Meloni e al suo continuo appellare le correnti come una «mala piante da estirpare»: «Si può dire sin d’ora – ha chiarito l’ex presidente di Md - che sono malriposte le speranze di chi pensa di infliggere, con la separazione delle carriere e con il sorteggio, un colpo duro e decisivo all’associazionismo dei magistrati, che dalla sua storia e dalle sue radici ideali saprà comunque trarre la linfa necessaria a vivere anche in un mutato ambiente istituzionale. E certamente non scomparirà né sarà indebolita Magistratura democratica che nelle idee, nelle idealità, nella cultura giuridica ed istituzionale della democrazia ha la sua linfa vitale e il suo collante. Possiamo garantire ai tanti detrattori e calunniatori di Magistratura democratica che non riusciranno a cancellare questa realtà viva e feconda che, contro ogni verità, si ostinano a considerare una “mala pianta” da estirpare». Al termine del convegno sorrisi, strette di mano e un arrivederci al prossimo match.


