Sebastiano Ardita o Alessandra Dolci. Il nuovo procuratore di Venezia sarà quasi certamente scelto fra questi due nomi. L’Ufficio inquirente del capoluogo veneto in cui per tanti anni ha prestato servizio il ministro della Giustizia Carlo Nordio si appresta, nelle prossime settimane, a conoscere finalmente il nuovo capo. Il posto è infatti vacante da più di un anno, da quando l’allora procuratore Bruno Cherchi lasciò l’incarico per raggiunti limiti di età.

Ardita è attualmente aggiunto a Catania, dopo essere stato componente del Consiglio superiore della magistratura nel precedente quadriennio.

Dolci è invece, dal 2017, aggiunta a Milano con l’incarico di coordinatore della Dda del capoluogo lombardo. Sono entrambi, comunque, magistrati di grande esperienza e professionalità.

La nomina è di particolare importanza in questo momento, sia perché quella lagunare è l’ultima Procura distrettuale del Nord attualmente vacante, sia, soprattutto, per il processo che vede sul banco degli imputati, con l’accusa di concorso in corruzione, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Il prossimo appuntamento, nella vicenda giudiziaria, è fissato per l’ 11 dicembre, quando si aprirà il dibattimento derivato dall’inchiesta “Palude” ( nomignolo scovato certo non con un supremo sforzo di fantasia) che ha terremotato, nei mesi scorsi, Ca’ Farsetti, e che ha già visto il patteggiamento dell’ex assessore alla Mobilità Renato Boraso.

Tornando comunque alla nomina del nuovo procuratore di Venezia, si può intravedere una sorta di “derby” all’interno di Autonomia&indipendenza, l’ormai impalpabile corrente della magistratura che ebbe grande successo qualche anno fa, portando ben cinque componenti al Csm, e che ora ha perso molto appeal. Fondatori di “A& i” erano stati Piercamillo Davigo, del quale Dolci è la compagna, e lo stesso Ardita: i due erano stati autori, fra l’altro, di diversi saggi scritti a quattro mani per Paper First, la casa editrice del Fatto Quotidiano, giornale di cui Davigo e Ardita sono anche editorialisti.

I rapporti fra i due si deteriorano però proprio al Csm, a causa delle dichiarazioni del faccendiere Piero Amara. Secondo quest’ultimo, in particolare, Ardita avrebbe fatto parte della fantomatica ( letteralmente inventata) “Loggia Ungheria”, un inesistente sodalizio paramassonico che, secondo Amara, sarebbe stato composto da magistrati, prefetti, alti esponenti delle Forze di polizia, generali dei carabinieri, con lo scopo di pilotare i processi e le nomine nel Csm. Davigo, che aveva ricevuto i verbali di Amara dal pm milanese Paolo Storari, si sarebbe quindi convinto che il suo collega Ardita era effettivamente un “massone”, e iniziò a fargli “terra bruciata” al Csm. Come è finita la vicenda è noto: Davigo è stato condannato in via definitiva, per concorso in rivelazione del segreto d’ufficio, a un anno e tre mesi di prigione (pena sospesa), con l’obbligo di risarcire Ardita, che nel processo si era costituto parte civile, per 20mila euro.

Al Csm, Ardita potrà contare sui voti dei laici di centrodestra, a cominciare dal presidente della Commissione per gli incarichi direttivi, Felice Giuffrè, eletto su indicazione di FdI, e anche dei togati di Magistratura indipendente. A favore di Dolci si esprimeranno sicuramente invece i gruppi progressisti della magistratura associata. Sia Ardita che Dolci, per la cronaca, hanno già fatto in passato domanda per un posto direttivo in Procure distrettuali: il primo a Catania, la seconda a Bologna. Ardita fece anche ricorso, senza successo, al giudice amministrativo contro la decisione a lui sfavorevole assunta dal Consiglio superiore.