«La risposta è molto netta ed è un sì incondizionato». Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha preso un impegno con il presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco: riportare il processo alla sua oralità, cancellando le norme emergenziali pensate dall’ex guardasigilli Marta Cartabia durante la pandemia.

Certo, c’è da superare, ancora, lo scoglio Pnrr - uno dei motivi per i quali quella riforma era stata pensata. Ma superato il 2026, il governo interverrà, parola di ministro. Nordio lo ha annunciato in collegamento con il Congresso nazionale forense, in un fitto dialogo a distanza con Greco davanti alla platea degli avvocati riuniti a Torino. Un’assenza fisica, quella del guardasigilli, dovuta ai funerali dei tre carabinieri rimasti uccisi a seguito dell’esplosione a Castel D’Azzano e poi al Consiglio dei ministri, «dove discuteremo di bilancio e cercheremo di raschiare il fondo del barile per le risorse della giustizia», ha ammesso Nordio.

Greco ha aperto il dialogo partendo proprio dalla riforma Cartabia, chiedendo che al termine del periodo di osservazione fissato per giugno 2026 si possa tornare a un regime di “normalità” nel funzionamento della giustizia. Il vertice del Cnf ha chiesto un impegno formale del governo affinché venga ripristinato il principio di oralità, per ridurre le decisioni assunte in camera di consiglio e per il processo civile un superamento della trattazione scritta, per farla tornare ad essere un’eccezione attivabile solo su richiesta degli avvocati. Infine, sempre sul piano civilistico, Greco ha sollecitato la reintroduzione dell’atto di citazione, per restituire agli avvocati la facoltà di determinare la data della prima udienza.

La richiesta rivolta al ministro è chiara: un impegno concreto per il ripristino di un sistema processuale più partecipativo, equilibrato e rispettoso del ruolo della difesa. Greco ha ottenuto il sì convinto di Nordio, che ha però difeso l’operato di Cartabia, «che ha agito ed è intervenuta in momenti estremamente difficili, come quelli della pandemia e per l’attuazione del Pnrr». Ma come accade spesso in Italia, ha aggiunto, «il provvisorio tende a diventare definitivo e questo è stato un male». Le ragioni degli avvocati sono «sacrosante», specie per quanto riguarda l’esigenza di tornare alla piena «oralità del contraddittorio» nel penale, enfatizzata dal codice Vassalli e quasi regredita «ai tempi dell’inquisizione». Una volta esaurita la parte del referendum sulla separazione delle carriere, «che in questo momento è quella che ci occupa po’ di più, ci porremo mano».

Stesso discorso per il civile e per la riduzione dei termini. Greco ha poi posto la questione delle tariffe professionali, chiedendo a Nordio un impegno concreto affinché il testo aggiornato dei parametri venga approvato dal ministero entro dicembre 2025. Il ministro ha concordato sull’esigenza di portare a casa un nuovo testo, sottolineando la complessità delle procedure, spesso «bizantine». L’impegno, comunque, c’è: «In tempi tecnici molto stretti» - tra novembre e gennaio -, facendo leva «sul vostro contributo e sul dialogo. Direi che i tempi di dicembre sono tempi ragionevoli, il lavoro è già in fase avanzata».

Altro tema, la presenza degli avvocati nell’ufficio legislativo, rispetto alla quale Nordio ha già dato «un segnale importante», ha sottolineato Greco, con la presenza della prima avvocata che, a breve, verrà affiancata da un secondo professionista. Esiste, però, «un problema legato al regolamento» relativo al compenso, allo stato attuale un rimborso spese a carico del Consiglio nazionale forense. «Noi vorremmo offrire a tutti gli avvocati italiani, attraverso una rigorosa selezione, la possibilità di collaborare con l’ufficio legislativo - ha evidenziato Greco -. Questo però prevede il riconoscimento di un compenso dignitoso».

Da qui la richiesta a Nordio di un impegno per rivedere il regolamento. Il problema, ha confermato il ministro, è «essenzialmente economico», cosa che «compromette la presenza, che secondo me sarebbe invece indispensabile presso un ufficio legislativo, proprio dell’avvocatura - ha evidenziato Nordio -. Perché la cosiddetta cultura della giurisdizione, di cui parlano tanto i miei ex colleghi magistrati, è un tavolo a tre gambe». Cambiare regolamenti e discipline, però, è molto «difficile». «Ce le stiamo mettendo tutta - ha sottolineato il ministro -. L’impegno c’è sicuramente, perché siamo tutti interessati. Cerchiamo di risolvere il problema», ha affermato, chiedendo agli avvocati un contributo di idee.

Ultimo tema quello dei giudici di pace: a preoccupare l’avvocatura l’affidamento di controversie di valore più elevato. «Siamo molto preoccupati - ha detto Greco - perché i giudici di pace non hanno gli organici e le strutture». Nordio ha replicato sottolineando che l’aumento delle competenze, negli anni, «è stato un errore dei governi precedenti, di cui mi dolgo e sul quale cercheremo di porre rimedio», perché «si è detto aumentiamo le competenze e per il resto arrangiatevi con quello che c’è e questo non va bene. Siamo perfettamente consapevoli che abbiamo una scopertura addirittura del 70%». Motivo per cui il ministero ha chiesto un confronto con il Csm - che dovrebbe svolgersi il 21 ottobre - per affrontare la questione. Comunque sia, «è sicuro che questo organico vada implementato. O ritorniamo a competenze limitate, oppure aumenteremo gli organici e, vorrei dire, anche la retribuzione».