Il XXXVI Congresso nazionale forense di Torino si è aperto oggi con un minuto di silenzio dedicato ai tre carabinieri morti nell’esplosione del casolare di Castel d’Azzano, in provincia di Verona. Un momento toccante che ha suscitato la commozione dei circa 2.500 rappresentanti dei Coa riunitisi per discutere sul futuro della professione forense nel “Teatro Regio”. Prima degli interventi dei rappresentanti dell’avvocatura e delle istituzioni, il presidente del Cnf, Francesco Greco, ha letto un messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha augurato la migliore riuscita del Congresso. «Gli avvocati – ha scritto Mattarella - svolgono un ruolo di grande importanza nella promozione dei valori costituzionali, oltre che nello sviluppo del pensiero giuridico. Il tema scelto per il XXXVI Congresso nazionale forense testimonia l’ambizione e la consapevolezza del ruolo dell’avvocatura nel promuovere la tutela dei diritti in una delicata fase di transizione, che include la sfida delle tecnoscienze».

Dopo 56 anni, i lavori congressuali sono stati ospitati nel capoluogo piemontese. «La convocazione della massima assise forense – ha detto la presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino, Simona Grabbi - arriva in un momento di grande rilevanza per la professione, come dimostrato dalla partecipazione di oltre duemilatrecento avvocati da tutta Italia. Per tre giorni, come nel 1861, quando qui nacque l’Italia unita, Torino torna a essere capitale d’Italia: la capitale dell’avvocatura, chiamata a riflettere sul proprio futuro. Per immaginarlo, ci vogliono visione e un grande senso di responsabilità. Il Foro torinese ha già dimostrato nella sua storia di possedere queste due caratteristiche fondamentali per il lavoro che ci attende. Parlando di visione, voglio riportare tutti voi a oltre 140 anni fa, al 9 agosto 1883, quando il nostro Consiglio iscrisse la prima donna all’albo degli avvocati in Italia, Lidia Poët».

Quando ha preso la parola, il presidente del Cnf Francesco Greco ha fatto salire sul palco chi lo ha preceduto alla guida di via Del Governo Vecchio: Maria Masi, prima presidente donna del Consiglio nazionale forense negli anni bui della pandemia. Quello di Greco è stato un intervento appassionato, interrotto più volte dagli applausi di chi affollava il “Teatro Regio” quando sono stati richiamati gli interventi degli ultimi anni sulla giustizia. «Aboliamo la riforma Cartabia!», ha affermato Greco. «È stata – ha commentato - la riforma peggiore che il nostro sistema giudiziario, civile e penale abbia subìto, che ha snaturato il rito civile, trasformandolo in un processo senza il processo, prevedendo un contraddittorio senza contraddittori, un dibattimento senza alcuno che dibatte, che ha introdotto un sistema che consente un abuso della trattazione scritta. Avere un’udienza in presenza, discutere il processo, dibattere in udienza con la controparte, è diventato un miraggio».

Molto apprezzati i passaggi sul penale. «Nel processo penale – ha rilevato il presidente del Cnf - sono state introdotte norme che possono essere definite spaventose, come quella che prevede che per interporre appello al difensore deve essere rinnovata la procura, dimenticando o forse nella consapevolezza che i meno abbienti, ai quali in udienza viene nominato il difensore d’ufficio, mai si recheranno a conferire il mandato di fiducia al difensore per proporre appello. Nei confronti di costoro ci sarà solo un grado di giudizio». Secondo Greco, inoltre, il processo penale telematico, è stato fatto partire quando gli uffici erano del tutto impreparati. «Ancora, sempre nel rito penale – ha aggiunto -, le norme i cui effetti si sono già registrati per cui il derubato che blocca in flagranza di reato il ladro non può trattenerlo in attesa che sopraggiunga la polizia, rendendosi altrimenti responsabile del reato di sequestro di persona, semplicemente perché impedisce al delinquente di fuggire. Aboliamo la Cartabia, questo deve essere il nostro impegno a partire dal giugno 2026, superato il periodo di osservazione del Pnrr. In questo contesto l’avvocatura deve essere capace di cambiare, di seguire il passo dei tempi. Non è immaginabile rimanere fermi, inerti mentre il mondo cambia a velocità supersonica». Greco ha riflettuto poi sul nuovo ordinamento professionale con il tavolo della riforma al quale hanno partecipato tutte le rappresentanze dell’avvocatura: «Mai in passato vi era stata una così corale partecipazione alla redazione di un testo di riforma dell’avvocatura. Il testo da noi elaborato è stato recepito e fatto proprio dal governo, e quindi trasformato in un disegno di legge delega che oggi è all’esame del Parlamento, cui seguirà, non appena approvata la delega al governo, la redazione dei decreti legislativi attuativi, che ripercorreranno il testo del nostro disegno di riforma. Mai in passato era accaduto che il governo italiano facesse proprio un testo scritto dall’avvocatura. Abbiamo subito tutte le riforme che la politica ci ha propinato, mentre questa volta l’abbiamo scritta».

Anche Anna Rossomando, vicepresidente del Senato, ha sottolineato l’importanza della riforma della legge professionale, che dovrà declinare «le esigenze della difesa con le innovazioni alle quali stiamo assistendo. Abbiamo bisogno di un confronto parlamentare su un terreno di responsabilità comuni», ha aggiunto. Rossomando ha definito quella sull’equo compenso una “battaglia storica” per garantire qualità del servizio e dignità della professione.

Per il governo ha parlato il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro: «Il Congresso nazionale forense è una occasione per riflettere sul sistema giustizia in Italia. Il titolo dei lavori congressuali fotografa il tempo che stiamo vivendo e indica le sfide che l’Intelligenza artificiale pone di fronte alla nostra professione. Usiamo gli strumenti che la tecnologia ci offre, ma non sviliamo la professione forense». Sull’avvocato in Costituzione il sottosegretario alla Giustizia considera sempre più impellente il suo inserimento nella Carta per ribadire «la funzione fondamentale di chi difende i diritti».

Si è collegato da remoto il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, secondo il quale non ci si può sottrarre da una costante riflessione sulla giustizia e sul ruolo degli avvocati nella società del futuro. In rappresentanza della magistratura sono intervenuti Pasquale D’Ascola (primo presidente della Corte di Cassazione) e Lucia Musti (procuratore generale presso la Corte d’appello di Torino).

Il coordinatore dell’Organismo congressuale forense, Mario Scialla, ha fatto riferimento al ruolo che dovrà ritagliarsi l’avvocato del futuro: «La legge professionale forense ora al vaglio del Parlamento è stata preparata al meglio dal lavoro di Ocf, predisponendo un terreno sul quale abbiamo cercato, con un lavoro corale e costante, di mettere al meglio ciò che spettava a noi seminare. C’era chi preconizzava un ritorno al passato: non bisognava invece limitarsi a un passaggio neutro. Abbiamo scelto di progredire, di tagliare su misura il profilo di un avvocato proiettato nel futuro».

Unire sempre le forze, a detta di Maria Annunziata (presidente di Cassa forense), deve essere la regola da prediligere: «Cnf, Cassa, Ocf, associazioni, avvocate e avvocati, la filiera che deve andare nella direzione del benessere professionale e reddituale dell’avvocatura. Invito le colleghe e i colleghi a fare squadra con Cassa forense».