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Al via domani a Torino il XXXVI Congresso nazionale forense. Il tema trae spunto dai cambiamenti epocali in corso: “L’avvocato nel futuro. Pensare da legale, agire nel digitale”. Fino a sabato, presso il Lingotto, i rappresentanti di tutti gli Ordini - si attendono circa 2.500 persone - discuteranno sul presente e sul futuro della professione forense con lo sguardo rivolto agli scenari in procinto di essere modellati dall’avvento della Intelligenza artificiale.
L'algoritmo che "suggerisce" o che "agisce" sta entrando nella vita degli avvocati e negli studi legali – l’Italia un mese fa ha legiferato per prima in Europa sulla materia, dopo l’AI Act - e chi indossa la toga dovrà per forza tenerne conto. Non poteva esserci luogo migliore per presentare il congresso. La conferenza stampa si è tenuta nell’Accademia delle Scienze, nel cuore del centro storico del capoluogo piemontese, nello stesso palazzo che ospita il Museo Egizio con la sua collezione che tutto il mondo ci invidia. A Torino, dove un passato glorioso ha consentito di costruire il nostro presente, consentendo di proiettarci verso il mondo che sarà, si parlerà di tanti temi con il coinvolgimento delle associazioni forensi e la partecipazione dei rappresentanti delle istituzioni.
Venerdì sono attesi anche il guardasigilli Carlo Nordio e il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli per discutere sulle nuove frontiere della giustizia. Un appuntamento, dunque, di grande rilevanza per l’avvocatura italiana. Il presidente del Cnf, Francesco Greco ha sottolineato il valore dell’iniziativa torinese. «Sarà – ha detto - un’occasione per affrontare i temi più significativi che impegneranno la professione nel prossimo futuro. In tale contesto, verranno discussi argomenti di stringente attualità, a partire dalla Intelligenza artificiale. L’avvocatura dovrà imparare a governare questo strumento tecnologico, senza esserne dominata. Viviamo un momento complesso in cui ogni giorno ci confrontiamo con cambiamenti epocali, in cui si sta affermando una tecnocrazia esasperata. Ma allo stesso tempo occorre evitare che la persona non venga accantonata. Ecco perché i diritti devono continuare ad essere posti al centro di tutti i nostri ragionamenti. Noi avvocati lo sappiamo bene, dato che nel lavoro quotidiano, nei nostri scritti, nei nostri fascicoli ci sono sempre i diritti delle persone».
Durante la conferenza stampa, sono stati diffusi alcuni dati che rendono l’idea su quanto sta accadendo. Un avvocato su tre utilizza già strumenti di Intelligenza artificiale a fini professionali, ma la fiducia resta bassa e otto su dieci esprimono forti timori sull’uso nel processo. È quanto emerge dall’indagine “Avvocati e attualità: Intelligenza artificiale”, realizzata da Ipsos per il Consiglio nazionale forense su un campione di 2.532 avvocati italiani. Il 36% degli avvocati intervistati dichiara di utilizzare l’IA per scopi professionali. Il dato varia sensibilmente in base all’età e alla dimensione dello studio: la percentuale sale al 47% tra i professionisti di età compresa tra 35 e 44 anni e raggiunge il 76% negli studi con oltre 20 collaboratori, contro il 35% di quelli più piccoli.
L’utilizzo è più diffuso tra gli avvocati che si occupano di immigrazione e diritto internazionale, e tra coloro che lavorano in forma associata. Nonostante l’adozione crescente, oltre la metà degli intervistati (52%) non considera l’IA affidabile nelle attività giuridiche. Le funzioni percepite come meno rischiose sono la ricerca giurisprudenziale e l’analisi documentale, mentre la redazione di atti è giudicata inaffidabile dal 72% degli intervistati. Per sette avvocati su dieci l’IA non è ancora in grado di interpretare correttamente leggi e precedenti giurisprudenziali, né di produrre elaborati giuridici attendibili. Inoltre, quasi un avvocato su due (48%) non ritiene che l’IA sia in grado di supportare in modo rilevante i giudici nelle decisioni, né di garantire sentenze più coerenti (59%) o più oggettive (65%).
Passato, presente e futuro si intrecciano nella città sabauda. «Siamo nel posto giusto, qui all’Accademia delle Scienze – ha commentato Simona Grabbi, presidente del Coa di Torino e presidente dell’Unione regionale dei Coa del Piemonte e della Valle d’Aosta -, per descrivervi il programma delle attività dei prossimi giorni e siamo felici che questo importante evento sia ospitato dal Foro torinese, che ha anch’esso una storia importante, fatta di personaggi straordinari che hanno lasciato il segno nell’avvocatura nazionale per l’esempio e il senso del sacrificio».
Alla conferenza stampa hanno partecipato Michela Favaro (vicesindaca di Torino) e per l’Accademia delle Scienze il professor Paolo Montalenti. Secondo Mario Scialla, coordinatore dell’Organismo congressuale forense (Ocf), l’avvocatura deve comprendere che «molto è cambiato negli ultimi anni e un cambiamento significativo è arrivato con la pandemia». «Non parliamo solo di innovazioni tecnologiche – ha aggiunto -, ma di una vera e propria evoluzione nelle modalità di esercizio della professione e nelle dinamiche del mercato legale. La vera sfida ora è capire come l’avvocatura possa proiettarsi verso il futuro, mantenendo intatta la sua identità e i valori fondamentali. Le linee guida per questo futuro saranno tracciate dal Congresso, che avrà il compito di delineare i nuovi orientamenti e le direzioni in cui la professione dovrà muoversi».
Maria Annunziata, presidente di Cassa Forense ritiene fondamentale il lavoro di squadra per una “rifondazione culturale” in grado di rilanciare i valori e gli ideali dell’avvocatura nell’era della tecnologia e del digitale. «Siamo a Torino – ha affermato - per costruire insieme il nostro futuro, ma, soprattutto, per raccontare il nostro presente con concretezza e immediatezza. L’ingresso dell’IA nella nostra professione richiede regole condivise, affinché i nuovi strumenti a disposizione siano il più possibile sicuri». Annunziata ha pure rilevato che Cassa forense è felice e fiera per la nuova legge professionale che sta vedendo la luce.