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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Lunedì Carlo Nordio e l’Anm avevano duellato a distanza. Si erano dati appuntamento per il giorno dopo. Si sono visti ieri pomeriggio a via Arenula: da una parte il guardasigilli e la prima linea della Giustizia di governo, dall’altra la delegazione dei magistrati, guidata da Giuseppe Santalucia. Si è parlato di riforma. Di separazione delle carriere innanzitutto. E Nordio è stato rassicurante ma chiaro: «Mai e poi mai ci sarà un pm assoggettato all’Esecutivo. È un principio assoluto. Abbiamo assunto con gli elettori l’impegno a separare le carriere, ma abbiamo anche un impegno nei confronti dei padri costituenti, che hanno voluto l’autonomia del magistrato. Non la si toccherà, né per la magistratura requirente né per i giudicanti».
Santalucia lascia l’incontro con la consapevolezza che il ministro ha le idee chiare, andrà avanti, e che non ci sarà trattativa. Né potrebbe esserci, dice il presidente dell’Anm, «non si tratta di aprire un tavolo sindacale: tutta la magistratura associata, in tutte le sue componenti, è contraria alla riforma, e lo ribadiremo sabato al nostro congresso». Sabato, appunto: altro giorno cruciale. Perché da qui a tre giorni, all’assise palermitana delle toghe, Nordio ci sarà, «prenderò l’ultimo aereo venerdì da Venezia, dove presiederò il G7 della giustizia».
Il guardasigilli sa di doversi aspettare critiche, al congresso delle toghe, ma che tutto avverrà nella «franchezza» del confronto di ieri. A loro volta, i magistrati sanno un’altra cosa: le riforme si fanno anche senza di loro. È questa la vera notizia. E arriva nel giorno dell’ennesimo corto circuito. Dell’arresto ordinato da un gip, su richiesta di un pm, nei confronti del presidente di una Regione, il ligure Giovanni Toti. Un crocevia emblematico, in cui proprio il ministro autore della riforma che separerà giudici e pm “osa” esprimersi sulla misura cautelare inflitta al governatore: «Da pm raramente ho chiesto provvedimenti di custodia dopo anni di indagine». Il Pd, per voce della responsabile Giustizia Debora Serracchiani, esprime sconcerto per le parole di Nordio, che «sembrano quelle della difesa di Toti». Ma tutto si tiene. Un pm ligure avrà pure insistito nel ritenere indispensabile la detenzione domiciliare per il presidente della Liguria, ma c’è stato pur sempre un gip, suo collega, amministrato nella carriera dallo stesso Csm, ad aver accolto le richieste della Procura.
I cronisti istigano Santalucia con la più perfida delle domande: con la riforma ci saranno ostacoli alle indagini sui politici? Il leader Anm è un gran signore: disinnesca l’effetto scenografico del quesito, e si limita a dire che «finora, con questo assetto costituzionale, ci sono state inchieste fatte bene e inchieste fatte male, ma siamo stati in grado di far fronte a terrorismo, corruzione e mafia, mentre con l’assetto previsto dalla riforma non lo so: semplicemente non sento la necessità di cambiarlo». E non solo Santalucia offre la più ragionevole delle risposte possibili per un capo delle toghe, ma riferisce, con altrettanta onestà, come il ministro abbia tenuto a precisare che «la riforma costituzionale terrà ferma l’indipendenza della magistratura nella sua interezza». E sul piano dei princìpi, il paventato assoggettamento del pm all’Esecutivo era il solo reale allarme che l’Anm avrebbe potuto sollevare.
Ma appunto, la riforma si fa anche se l’Associazione dei magistrati non la condivide, e anche se sabato tutte le correnti saranno unite nel dirlo. Ieri, con Santalucia, che proviene dal gruppo progressista “Area”, c’erano altre due componenti della giunta da lui guidata: la vicepresidente Alessandra Maddalena, che è della centrista “Unicost”, e Cecilia Bernardo, che rappresenta la moderata “Magistratura indipendente”: uno spettro assai esteso di “anime” dell’Anm, che conta anche sull’altro gruppo progressista, “Magistratura democratica”, sui movimentisti di “Articolo 101” e sui postdavighiani di “Autonomia e indipendenza”. Con Nordio, il suo vice Francesco Paolo Sisto, di FI, e i sottosegretari Andrea Delmastro, di FdI, e Andrea Ostellari, della Lega.
Squadre in formazione- tipo, per così dire. Ma partita diversa dal passato. Anche dal passato burrascoso dell’era Berlusconi, quando le riforme si facevano a dispetto dell’Anm, ma in un clima talmente infuocato da trasformare il “sindacato” delle toghe nel principale partito d’opposizione.
Stavolta non è così: la politica procede senza sfidare ma nemmeno temere i magistrati. Al punto che nel ddl «a brevissimo in Consiglio dei ministri», come assicura Nordio prima dell’incontro, ci saranno non solo le carriere separate e l’Alta Corte per i giudizi amministrativi e disciplinari di tutte le magistrature, ma anche il riconoscimento della “libertà e indipendenza” dell’avvocato all’articolo 111. Un terzo attore, come nel processo, che complica le obiezioni di giudici e pm, perché riproduce nella Carta «il sistema accusatorio voluto da una Medaglia d’argento della Resistenza, Giuliano Vassalli»: è lui, ricorda Nordio, ad aver previsto «percorsi separati» nella magistratura. Le toghe potranno anche essere contrarie. Ma il governo, almeno nelle intenzioni, stavolta non considera la circostanza come il tema del giorno.