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CARLO NORDIO, MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
Il ddl costituzionale per la separazione delle carriere è sbarcato ieri per la seconda volta nell’Aula della Camera dei deputati. Com’è noto siamo nella seconda fase di deliberazione, precisamente alla terza lettura. Ma chi pensava che le opposizioni avrebbero rubato tutta la scena si è sbagliato. Infatti ieri ha deciso di farsi sentire anche la maggioranza, che al Senato aveva scelto nella maggior parte delle occasioni il silenzio.
Al momento in cui andiamo in stampa, su trentadue interventi da massimo trenta minuti ciascuno, infatti, se ne contano tredici di deputati dei partiti che sostengono il governo: quattro di FdI, tre di FI, cinque della Lega, uno di Noi Moderati. E oltre al viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, che segue i lavori fin dall’inizio dell’iter parlamentare, è stato presente in Aula sin dall’apertura della seduta anche il guardasigilli Carlo Nordio, che a Palazzo Madama non aveva partecipato a tutte le discussioni.
L’attenzione sul tema è cresciuta nelle ultime settimane, con gli interventi di ministri diversi da quello responsabile di via Arenula come Musumeci e Zangrillo. Di conseguenza, anche le opposizioni e l’Anm si erano fatte sentire. Di qui la volontà di azzurri, Carroccio, del partito della premier Meloni e di quello di Maurizio Lupi di non lasciare vuoti comunicativi a Montecitorio, anche se la scelta potrebbe comportare lo slittamento di un giorno, vale a dire a domani, dell’approvazione.
È chiara la volontà di rendere visibile la mobilitazione collettiva per una riforma che impegnerà ogni singolo parlamentare sul proprio territorio, quando si avvicinerà il referendum.
Sono state previste quasi trenta ore di discussione. Stasera o domani arriverà il via libera da parte di Montecitorio. Sisto ha confermato quanto da ipotizzato su queste pagine nei giorni precedenti, ossia che l’ok definitivo in seconda deliberazione al Senato potrebbe arrivare già a ottobre: «È possibile approvare definitivamente la riforma prima della sessione di Bilancio». Il che avvalora l’impressione di un serrate le fila da parte della maggioranza, con relativa stretta sui tempi. L’obiettivo è arrivare al voto popolare confermativo il più lontano possibile dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento, e magari prima di eventuali pronunce giudiziarie sulla capo Gabinetto di via Arenula Giusi Bartolozzi, indagata per la vicenda Almasri.
Durante la mattinata, la commissione Affari costituzionali aveva dato mandato ai tre relatori: Nazario Pagano per FI, Francesco Michelotti di FdI e Simona Bordonali della Lega. Proprio il presidente della commissione ha rivendicato con «orgoglio» la «qualità dell’istruttoria svolta», con decine di audizioni. Ha replicato Gianni Cuperlo del Pd: «Avete imposto una riforma costituzionale blindandola dall’inizio. Non basta dire che il Parlamento è sovrano e non esiste l’obbligo della maggioranza di modificare una norma. In una democrazia la sintesi la fa il Parlamento, non la maggioranza». Ma il dibattito è stato caratterizzato dal continuo rinfacciarsi a vicenda presunte incoerenze.
Roberto Giachetti, deputato di Iv, ribadendo il giudizio positivo sul merito della riforma, ha criticato l’impossibilità di modificare il testo e, rivolto in particolare a Sisto, ha detto: «Il governo ha costretto anche Forza Italia a ritirare i propri emendamenti. Mi sono chiesto perché questa accelerazione». Per Giachetti, ironicamente, il motivo risiederebbe nel fatto che «avendo il ministro della Giustizia contraddetto gran parte delle cose che ha scritto e detto nella sua vita, nella sua carriera, voi avevate paura che se non vi affrettavate alla terza e quarta lettura, Nordio potesse ripensarci, come ha fatto sul panpenalismo, come ha fatto sulle carceri, come ha fatto su tante altre cose, anche su questa riforma, e voi vi sareste trovati con la frittata».
Poi ha concluso: «Basta con questa litania, con questo storytelling in cui intestate la riforma a Berlusconi. Non è che in questo Paese Berlusconi abbia al massimo governato un consiglio di amministrazione o una Regione: è stato il presidente del Consiglio per alcuni anni, non ci siamo accorti di questo spirito riformista da parte sua e di tutta Forza Italia quando aveva una maggioranza, quella sì super blindata, e poteva fare queste riforme». La pentastellata Patty L’Abbate ha ricordato che tanti anni fa «era stato lo stesso Nordio a firmare una petizione contro la separazione delle carriere». Ma a propria volta la severissima Sara Kelany, deputata molto vicina a Giorgia Meloni, nel suo lungo intervento ha riletto quasi per intero un articolo del quotidiano Il Foglio intitolato “Un’idea di sorteggio per il Csm: è in gioco la libertà”, in cui si leggeva tra l’altro che “le correnti si comportano come piccoli partiti”. «Questo pezzo non lo ha scritto il sottosegretario Sisto, non lo ha scritto il ministro Nordio, non lo ha scritto Giorgia Meloni, lo ha scritto Luciano Violante nel 2015», ha chiarito Kelany tra gli applausi del suo partito. Ha quindi ricordato la famosa mozione del dem Maurizio Martina in cui si scriveva: “Il tema della separazione delle carriere appare ineludibile per garantire un giudice terzo ed imparziale”. Ha poi concluso: «Non ci fermerete, non arretreremo, potete usare tutte le armi che volete ma andremo avanti. Lo abbiamo promesso agli italiani e questo vostro arroccarvi su posizioni ideologiche, trincerarvi dietro le toghe di quei pochi giudici che vogliono mantenere intatto lo status quo non ci spaventa». Ne vedremo delle belle.