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Finalmente il delitto di violenza sessuale, disciplinato dall’articolo 609-bis del codice penale, sarà integrato in mancanza di “consenso libero ed attuale”: è la novità normativa dovuta ad un emendamento bipartisan approvato pochi giorni fa all’unanimità dalla commissione Giustizia della Camera dei Deputati.
Sono ormai quasi trenta anni – e cioè dalla riforma intervenuta in materia nel 1996 - che sostengo che il delitto di violenza sessuale dovrebbe essere incentrato sul consenso. Lo ho scritto infinite volte, da ultimo nel mio Delitti contro la sfera sessuale della persona, 8ª ed., Lefebvre Giuffrè, Milano, 2025, e ne ho trattato sempre nelle mie lezioni di Diritto penale all’Università di Palermo, seguite, ormai, da migliaia di studenti, compresa Carolina Varchi, relatrice della riforma in corso.
Infatti, è vero che nel vigente articolo 609-bis c.p. il mantenimento della violenza e della minaccia tra i requisiti della condotta si pone lungo una linea di continuità con la scelta legislativa del passato (cfr. i vecchi artt. 519 e 521 del codice penale), peraltro allora analoga a quella di altri Paesi dell’Europa continentale, quali ad esempio la Germania e la Spagna. Ma questa impostazione era frutto di un retaggio vetero-maschilista, che presupponeva una posizione diversa, e dunque una differente condotta, dell’uomo e della donna, perfettamente scolpita dall’idea della vis grata puellae. Invece, il bene tutelato nei delitti di cui agli articoli 609-bis ss. c.p. (la libertà di autodeterminazione della persona, al posto del vecchio riferimento alla moralità pubblica e al buon costume) avrebbe preferibilmente preteso la punizione di una condotta realizzata nonostante la mancanza di consenso della persona offesa.
A dare maggior forza alla necessità di introdurre il requisito del consenso è poi intervenuta la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta ad Istanbul l’11.5.2011. Infatti, detta Convenzione, all’articolo 36, comma 1, obbliga le parti ad adottare «misure legislative o di altro tipo necessarie per perseguire penalmente i responsabili dei seguenti comportamenti intenzionali: a) atto sessuale non consensuale con penetrazione vaginale, anale o orale compiuto su un’altra persona con qualsiasi parte del corpo o con un oggetto; b) altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suo consenso; c) il fatto di costringere un’altra persona a compiere atti sessuali non consensuali con un terzo». E il comma 2 del medesimo articolo specifica che «il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto». Ora, poiché l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul con legge del 27.6.2013, n. 77, ne deriva che il nostro Paese dovrebbe riformulare il reato di violenza sessuale incentrandolo sul consenso (e non più sulla violenza o minaccia).
Inoltre, più recentemente, in tal senso si è orientato il legislatore tedesco. Infatti, il 10.11.2016 è entrata in vigore la nuova disciplina dei «delitti contro la libertà sessuale» (§§ 174 ss.), dovuta alle innovazioni apportate dalla legge di modifica del codice penale, intitolata «potenziamento della tutela della libertà sessuale». In base al nuovo testo, si punisce «chiunque, contro la volontà discernibile (riconoscibile) di un’altra persona, compia o faccia compiere atti sessuali su di essa o la induca a compiere o tollerare atti sessuali su o da parte di terzi». La Germania, dunque, ha superato la precedentemente richiesta presenza della violenza e della minaccia, virando verso il consenso, anche se il cosiddetto no model adottato potrebbe non risultare pienamente conforme all’articolo 36 della Convenzione di Istanbul poiché, richiedendo un’opposizione espressa (verbale o non), non tutela quei casi in cui la vittima subisce in maniera passiva il reato.
Ma ancora più netta è la soluzione da ultimo adottata in Spagna con la Ley Orgánica 10/2022, de 6 de septiembre, «de garantía integral de la libertad sexual». Infatti, la riforma del 2022 ha eliminato la distinzione tra abuso sexual e agresión sexual prevedendo solo la fattispecie di agresión sexual nel nuovo articolo 178. In base a detto articolo, il reato è integrato da «qualsiasi atto che attenti alla libertà sessuale di un’altra persona senza il suo consenso»; e si precisa che «c’è consenso solo quando questo sia stato manifestato in maniera libera attraverso atti che, in base alle circostanze del caso, esprimano in maniera chiara la volontà della persona». Pertanto, si è adottato il cosiddetto yes model, più in linea con quanto richiesto dalla Convenzione di Istanbul.
Ora, è vero che la giurisprudenza italiana ormai spesso riconosce un ampio concetto di violenza e di minaccia; ma, a mio avviso, tale interpretazione sfiora l’analogia in malam partem, pur rispondendo ad un bisogno certamente avvertito. E comunque tale indirizzo giurisprudenziale non esclude letture in controtendenza, come avvenuto nella famosissima sentenza relativa alla “violenza su donna in jeans”. Dunque, è un bene che il potere legislativo, in un equilibrato bilanciamento dei poteri dello Stato, abbia trovato la via, peraltro generalmente condivisa, di riformare il delitto di violenza sessuale.


