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LUCA PALAMARA EX MAGISTRATO
Bufera sul pm Mario Formisano, titolare delle indagini su Luca Palamara. Dopo le dichiarazioni rilasciate a La Verità dall’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara, secondo cui Formisano si sarebbe inginocchiato chiedendogli di fargli fare «l’indagine della vita su Palamara», il procuratore generale di Perugia, Sergio Sottani, ha trasmesso una relazione alla procura generale della Cassazione, cosa che lascia presagire il possibile avvio di un procedimento disciplinare.
Sottani, «preso atto della rilevanza delle dichiarazioni riportate e della necessità di un tempestivo approfondimento - si legge nella nota rilasciata ieri -, ha immediatamente interpellato il procuratore della Repubblica di Perugia. Quest’ultimo ha prontamente fornito ogni elemento utile alla valutazione del caso, assicurando piena collaborazione e trasparenza». Da qui l'invio degli atti al procuratore generale Pietro Gaeta, atti contenenti «tutte le informazioni acquisite e gli approfondimenti ritenuti necessari per una compiuta valutazione della vicenda». Amara è sicuro di avere le prove di ciò che sostiene: «Ci sono diversi testimoni - ha dichiarato a La Verità era il 12 giugno 2019 e con me c’erano i miei due avvocati, un maggiore e un luogotenente del Gico della Guardia di finanza...».
Palamara, mercoledì, ha intanto depositato un esposto «per accertare la correttezza dell’operato del pubblico ministero» nell’inchiesta sull’Hotel Champagne, che ha causato la caduta e la radiazione dell’ex zar delle nomine. Le dichiarazioni di Amara, se corrispondenti al vero, scrivono gli avvocati di Palamara, «integrerebbero non solo fattispecie di reato ma gravi illeciti disciplinari in relazione ai quali si impone il doveroso accertamento del reale accadimento dei fatti da parte delle competenti autorità», cioè il Csm. Un fatto che fa il paio con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso sempre alla procura generale di Perugia, «che sconfessa l’iniziale impostazione accusatoria dei pubblici ministeri nei confronti» di Palamara. Il riferimento è al provvedimento firmato da Sottani e dal sostituto Paolo Barlucchi, che contestano ad Amara due diversi episodi di calunnia nei confronti di Palamara.
Nel primo, Amara avrebbe accusato falsamente l’ex pm di aver accettato la promessa di un orologio da 30mila euro per favorire il magistrato Maurizio Musco nel procedimento disciplinare presso il Csm; di aver corrotto, tramite il faccendiere Fabrizio Centofanti, il magistrato Stefano Mogini (Cassazione) per ottenere una sentenza favorevole a Musco; di essersi fatto corrompere da Ezio Bigotti e Barbara Bonino per intervenire su una nomina arbitrale presso il Tribunale di Milano.
La seconda imputazione riguarda le dichiarazioni rilasciate nel corso di una deposizione davanti al Tribunale di Perugia, quando aveva dichiarato di aver ricevuto informazioni riservate su indagini in corso dalle procure di Roma e Messina attraverso Palamara e il pm Stefano Rocco Fava; che Fava avrebbe abusato del proprio ruolo cercando documenti relativi al fratello del procuratore Giuseppe Pignatone durante una perquisizione; che Palamara avrebbe fatto da tramite per ottenere notizie segrete d’indagine da magistrati e ufficiali di polizia giudiziaria.
Tutte dichiarazioni che, secondo la procura, sarebbero false, dal momento che Amara aveva invece ricevuto informazioni relative ai suoi processi «da appartenenti al Gico della Guardia di Finanza di Roma, corrompendo a tale scopo la polizia giudiziaria con la dazione della somma di 30mila euro tramite il maresciallo dei Carabinieri Francesco Loreto Sarcina, distaccato alla Presidenza del Consiglio appartenente all'Agenzia informazioni e sicurezza interna», recita l’avviso depositato il 13 marzo scorso.
La storia si arricchisce anche dell’iniziativa di alcuni consiglieri del Csm su Formisano. Il togato indipendente Andrea Mirenda e le laiche di centrodestra Isabella Bertolini e Claudia Eccher, infatti, hanno chiesto l’apertura di una pratica evidenziando possibili profili disciplinari. Dalle chat tra l’ex cancelliere della procura di Perugia Raffaele Guadagno e alcuni magistrati della procura di Perugia, pubblicate sempre dalla Verità, sarebbe emerso come i pm «Paolo Abbritti, Gemma Miliani e lo stesso Formisano» sarebbero stati «coinvolti in condizionamenti di testimoni e organi di stampa relativamente all’inchiesta contro l’allora procuratore aggiunto di Perugia Antonella Duchini».
Uno dei testimoni era appunto Guadagno, che «interloquiva con i magistrati su divulgazioni di notizie sulla stampa, per dichiarazioni da rendere “fuori verbale” in occasione di testimonianze, e per “far aprire l’ambiente”, ovvero spianare la strada all’inchiesta indirizzando l’opinione pubblica - continua la richiesta dei tre consiglieri -. Le condotte rilevate denotano un utilizzo inappropriato della propria funzione da parte dei magistrati indicati, un condizionamento nei confronti di un procedimento penale in corso (quello nei confronti della dottoressa Duchini) ed una ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato».
Fatti che, per i tre componenti di Palazzo Bachelet, necessitano di un doveroso approfondimento «atto a verificare quale possa essere l’impatto ambientale e funzionale di tali comportamenti, a cui potranno anche conseguire ulteriori verifiche sia in sede disciplinare, che in sede di valutazione di professionalità di tutti i magistrati coinvolti, al fine di evidenziare ogni eventuale profilo di carenza dei prerequisiti di indipendenza ed imparzialità». Difficile, a fronte di tutto ciò, pensare che la richiesta di risarcimento che il Csm vuole promuovere nei confronti di Palamara possa essere avanzata in maniera serena.


