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La coccarda tricolore appuntata alla toga, la stessa utilizzata durante «lo sciopero in difesa della Carta», come recita una nota del 28 febbraio scorso dell’Anm. Ma questa volta la spilla non è stata esibita durante una manifestazione in piazza, bensì in aula, nel processo contro un esponente di quel partito che la Carta la vuole cambiare: Emanuele Pozzolo, ex deputato di Fratelli d’Italia, finito a processo per lo sparo di capodanno e condannato poi a un anno e tre mesi per «porto abusivo d’armi». Una scelta inopportuna, secondo il deputato di Forza Italia Tommaso Calderone, che ha interrogato il ministro su eventuali iniziative disciplinari contro la pm.
Il deputato Pozzolo, scrive Calderone rivolgendosi a Carlo Nordio, «ha denunciato pubblicamente come, in un procedimento penale che lo vede imputato presso il tribunale di Biella, il pubblico ministero si sia presentato più volte in udienza, ivi compresa quella in cui è stata chiesta la sua condanna, indossando il distintivo con cui una parte della magistratura ha espresso pubblicamente la propria contrarietà alla riforma costituzionale sulla separazione delle carriere, riforma che ha visto il voto favorevole, anche dell'onorevole Pozzolo - si legge nell’interrogazione -. Ferma restando la libertà dei magistrati, come di qualunque altro cittadino, di manifestare il proprio pensiero e le proprie posizioni politiche, esporre simboli di parte nel corso di un’udienza, durante lo svolgimento della propria funzione istituzionale, appare, a giudizio dell’interrogante, inopportuno e lesivo dell’immagine di imparzialità che dovrebbe caratterizzare l'operato di ogni singolo magistrato».
Insomma, la scelta di esibire la coccarda proprio nel processo a carico di un politico favorevole alla separazione delle carriere non sembra essere stata una scelta casuale per Calderone, che ha dunque chiesto al ministro se «intenda adottare iniziative di propria competenza, anche con riferimento ai poteri di carattere ispettivo». La pm in questione è la giovane Paola Francesca Ranieri, che ha anche un breve passato in politica: la giovane toga, infatti, a maggio 2017 si era candidata in Consiglio comunale con la lista “Effetto Parma” a sostegno del sindaco uscente e ricandidato Federico Pizzarotti. Ed era anche riuscita a sedere tra i banchi del Palazzo comunale, salvo poi lasciare, dopo poco più di un anno, per intraprendere la carriera in magistratura.
L’interrogazione del deputato forzista ha provocato la ferma reazione dell’Associazione nazionale magistrati, che ha rivendicato la libertà della pm di indossare la coccarda. «Apprendiamo che è stata depositata un’interrogazione parlamentare per chiedere al ministro della Giustizia di prendere provvedimenti nei confronti di una magistrata che aveva indossato una coccarda tricolore durante un’udienza relativa a un processo che riguardava un parlamentare della Repubblica - si legge nella nota firmata dalla Giunta esecutiva centrale del sindacato delle toghe -. La coccarda rappresenta l’unità della Nazione e l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La magistratura associata, nell’esprimere la piena solidarietà alla magistrata oggetto dell’atto parlamentare, ribadisce il proprio impegno a difendere i principi costituzionali e, in particolare, l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge».
Sulla stessa linea la Giunta esecutiva per il Piemonte e la Valle d’Aosta, che ha espresso «sincero stupore per il fatto che i colori della bandiera nazionale possano essere considerati di parte da un deputato del Parlamento». L’Anm piemontese ha ricordato che lo stato di agitazione deliberato a febbraio scorso «dall’unica associazione di rappresentanza dell'intera categoria» trovò «un’amplissima condivisione», rigettando «con forza l’assunto secondo il quale sarebbe “di parte” un’azione rivolta alla tutela dell’indipendenza dell’autonomia della magistratura. Trasformare un esercizio di azione penale - ha concluso la Giunta piemontese - in una contrapposizione di parti politiche per il solo fatto che l’imputato sia un politico, significa attaccare la funzione della magistratura di garante costituzionale dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge».
Parole che, però, non hanno convinto Calderone, che ha rivendicato la propria iniziativa. «L’aula è sacra - ha commentato al Dubbio -. Nel processo il giudice decide sulla vita degli uomini. Non c’è spazio per manifestazioni e iniziative. La coccarda alla Toga i magistrati l’hanno utilizzata per manifestare contro la Separazione delle carriere. Legittimo, ma non in aula. In aula si va con la toga e per decidere del destino degli uomini. Aggiungo: protestare e manifestare in aula un un processo in cui l’imputato ha votato per la Separazione rende la già errata manifestazione ancora più non condivisibile. Si manifesta nelle piazze, sulle vie, nei Teatri, nei convegni. Mai nelle aule di giustizia. Pensiamo se anche gli avvocati si mettessero sulla toga qualche simbolo in aula - ha concluso -. Diventerebbe un palcoscenico inaccettabile. Il processo è afflizione e patimento. Ed è un fatto assai serio».


