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ENRICO COSTA POLITICO
È polemica tra il deputato di Forza Italia Enrico Costa e l’Associazione nazionale magistrati. Pomo della discordia: l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione. Tema ritornato all’attenzione della cronaca dopo che il ministro Nordio ha rilanciato la riforma, però forse in maniera tecnico-giuridica impropria, dopo che la procura di Palermo ha deciso di ricorrere direttamente in Cassazione contro l’assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms.
Costa è intenzionato a presentare una proposta di legge per la quale nel fascicolo di valutazione del magistrato venga inserito il numero di assoluzioni impugnate con esito poi però positivo per l’imputato. Secondo l’azzurro, che già aveva fatto tale proposta insieme al deputato di +Europa Riccardo Magi attraverso un emendamento non passato ad una passata riforma, «per mandare una persona a processo il pm deve ritenere che sussistano ragionevoli probabilità di condanna. Se l’imputato viene assolto, significa che il pm ha sbagliato prognosi. Se insiste, ricorrendo contro la sentenza e sbaglia nuovamente, un asterisco sulle sue valutazioni di professionalità vogliamo metterlo? Basterebbe questo ad evitare ricorsi “temerari” e “dilatori”. Per una persona innocente il processo è una pena, e tenerla appesa con una impugnazione infondata dopo l’assoluzione è una pena doppia».
Al parlamentare di Forza Italia ha replicato in una nota Marcello De Chiara, vice presidente del “sindacato” delle toghe: «Leggendo la proposta di sanzionare i pubblici ministeri in base all’esito delle impugnazioni legittimamente proposte viene il sospetto che ciò che realmente ispira tali iniziative sia l’atavica insofferenza dei politici verso l’autonomia del pubblico ministero e che l’obiettivo di fondo sia ancora una volta impedire al pubblico ministero di esercitare il controllo di legalità in modo effettivo e uguale. Resta forte la sensazione che l’interesse perseguito non sia di migliorare la giustizia, ma solo di utilizzare strumentalmente la giustizia per rafforzare il proprio consenso personale», ha detto il magistrato espressione di Unicost.
Non si è lasciata attendere la controreplica di Enrico Costa: «Leggendo le parole dei vertici Anm ho la conferma che per alcuni magistrati, soprattutto quelli più correntizzati, il cittadino sia un numero, non una persona in carne ed ossa che, se innocente, soffre a restare anni sotto processo».