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Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio in occasione della quarta edizione dell’evento “Parlate di mafia” organizzato dai gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia. Roma Venerdì 18 Luglio 2025. (foto Mauro Scrobogna / LaPresse) Minister of Justice Carlo Nordio in occasion of the fourth edition of the "Talk about the Mafia" event organized by the parliamentary groups of the Brothers of Italy party FDI. Rome, Friday July 18 2025. (Photo by Mauro Scrobogna / LaPresse)
Alla fine sembra non sia servita nemmeno la moral suasion del Quirinale. È stato il richiamo al senso delle istituzioni a convincere i consiglieri laici di centrodestra a tornare in aula, dopo che per due volte, mercoledì, hanno fatto mancare il numero legale pur di non votare la pratica a tutela del magistrato Raffaele Piccirillo, finito nel mirino del ministro Carlo Nordio dopo un’intervista in cui commentava la gestione del caso Almasri. Così, nella seduta straordinaria di questa mattina, hanno annunciato di non voler partecipare alla discussione, garantendo però la propria presenza per il voto, concluso con l’approvazione della delibera a maggioranza, con un solo astenuto e cinque voti contrari.
La discussione è stata però un vero e proprio scontro politico. Da una parte i laici di centrodestra, che hanno fatto vedere i muscoli in difesa di Nordio - con il supporto delle forze politiche di maggioranza fuori da Palazzo Bachelet -, dall’altro i togati, che pur non difendendo (non tutti, almeno) nel merito le osservazioni di Piccirillo hanno stigmatizzato il grave attacco del ministro non solo al singolo magistrato, ma all’intera sezione disciplinare, definita dal Guardasigilli come «stanza di compensazione» tra componenti associative dove si esercita una giustizia domestica. Secondo i laici di centrodestra, tutto ruota attorno al voto del Senato sulla separazione delle carriere. Per questo la pratica è arrivata in plenum in appena 72 ore, una velocità che i consiglieri considerano insolita e finalizzata ad esacerbare lo scontro con il governo. Ma per i togati si tratta di un argomento più serio: un attacco alla separazione dei poteri.
Gli interventi
«Un magistrato è stato deriso per le opinioni espresse - ha esordito il relatore Tullio Morello (Area) -. Eppure, i magistrati non sono privi della libertà di espressione: questa è una garanzia che appartiene anche a loro. Le affermazioni pronunciate dal ministro sono idonee a condizionare il sereno esercizio della giurisdizione». Morello ha sottolineato che «la Prima commissione, sulle pratiche a tutela, non è tenuta a seguire nessun ordine cronologico: ciò è risaputo da tutti e vi sono ampi precedenti».
Per Marco Bisogni (Unicost), a rendere urgente la pratica a tutela sarebbe stato soprattutto il riferimento alla sezione disciplinare del Consiglio, definita «inaffidabile»: una «falsità inaccettabile per questo Consiglio», ma un ottimo «argomento a sostegno della riforma», che introduce l’Alta Corte. Un tentativo di delegittimazione, ha aggiunto, proprio nel momento in cui il Csm e il ministro stanno affrontando insieme la gestione dei fondi Pnrr. «Cosa dobbiamo aspettarci ancora da qui al Referendum?», si è chiesto il togato di Mi Edoardo Cilenti.
Duro anche l’indipendente Andrea Mirenda: «Piccirillo forse si è lasciato andare un po’ troppo - ha evidenziato -, ma viviamo in una Repubblica che si fonda anche sulla divisione dei poteri e ciò garantisce lo Stato di diritto. I magistrati non sono esenti da critiche. Ma quando invece si scade nell’attacco personale, dubitando della salute mentale e attaccando uno snodo fondamentale come il disciplinare, non si insulta solo l’individuo, ma si delegittima l’intero potere giudiziario. E se le parole arrivano dal ministro, il danno non è solo simbolico, ma istituzionale».
Per Mimma Miele di Md, si tratta di «un attacco gravissimo, che non ha precedenti», che colpisce ancora di più «perché proveniente da una persona che fino a pochi anni fa portava la toga». Un ministro che, da magistrato, ha poi ricordato il laico in quota dem Roberto Romboli, definì «una forma grossolana e maldestra di intimidazione» il tentativo dell’Anm di “processarlo” per aver criticato i colleghi. Il laico ha definito «argomenti non provati» quelli usati dal ministro, ma utili a confondere le acque. «La finalità evidente è delegittimare la magistratura in attesa del referendum», ha aggiunto.
Ma è stato il laico di Iv Ernesto Carbone a offrire un quadro sistemico della tensione, ricordando «una lunga serie di esternazioni governative contro i magistrati»: dai presunti complotti fino all’uso di parole come “ayatollah” per definire le toghe. «Non mi ha mai spaventato il confronto – ha detto – mi spaventa quando uno dei tre poteri dello Stato delegittima l’altro».
Ha deciso invece di astenersi Bernadette Nicotra. Non tanto per il merito, quanto per la velocità dell’iter della delibera. «La Prima Commissione ha esaminato 24 pratiche a tutela, una sola è stata approvata. Tralasciando ogni valutazione di merito - ha evidenziato -, domando se vi sia una ragione specifica per cui la pratica depositata venerdì scorso sia stata portata in plenum dopo soli tre giorni. Perché si sceglie di tutelare un magistrato piuttosto che un altro?».
La togata di Mi ha espresso, dunque, «perplessità rispetto alle pratiche a tutela, che spesso assumono una valenza politica e mediatica». Ed è per questo, ha annunciato, che non ne firmerà più alcuna. «Tuttavia - ha concluso -, ribadisco il mio pieno sostegno all’assoluta imparzialità della Sezione disciplinare, i cui componenti hanno sempre operato con serietà e competenza. Qualunque accusa va restituita al mittente».
L'intervento di Cassano
Duro anche l’intervento della prima presidente della Cassazione Margherita Cassano, a pochi passi dall’addio alla toga. «Sono amareggiata», ha detto, per «l’ennesimo ingiustificato attacco alla magistratura, questa volta ad un livello ancora più alto rispetto ai precedenti», date le «affermazioni altamente lesive della onorabilità, del prestigio e della credibilità» della funzione disciplinare del Csm, «presidio dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura».
L’ennesimo «strappo istituzionale» «incomprensibile» dal momento che la funzione disciplinare del Csm è «una funzione cui» Nordio stesso «concorre» in qualità di titolare dell’azione disciplinare, che esercita con criteri di discrezionalità, a differenza del Procuratore generale, che è invece obbligato ad agire ogniqualvolta venga a conoscenza di fatti disciplinarmente rilevanti.
Cassano ha poi snocciolato i dati della sezione disciplinare: «Dall’inizio della consiliatura sono state pronunciate 65 condanne (sette di rimozione, ndr), cui si aggiungono 35 decisioni di non punibilità per particolare tenuità del fatto e 19 casi in cui i magistrati hanno lasciato l’ordine giudiziario per evitare la sentenza. Le assoluzioni sono state 44. Questi numeri dimostrano oggettività, rigore e trasparenza nell’esercizio della funzione disciplinare. Se il ministro fosse stato convinto che alcune di queste assoluzioni fossero sbagliate, l’ordinamento gli riservava la possibilità di impugnare: possibilità che non ha esercitato», al contrario del procuratore generale.
«Questi dati smentiscono quindi in radice le denigrazioni rivolte ai componenti della sezione disciplinare, a partire dal vicepresidente Pinelli», ha concluso.
L’esultanza dei togati non è piaciuta ai laici di centrodestra. «Il senso delle Istituzioni, che i togati molte volte dimenticano pensando che tutto ruoti intorni a loro, ci ha imposto questa scelta per non bloccare i lavori del Consiglio superiore della magistratura in un momento molto delicato per la giustizia nel nostro Paese - hanno sottolineato -. Non c’è stata dunque alcuna una “vittoria” dei togati come qualcuno si è affrettato a dichiarare. E non abbiamo cambiato idea su questa “turbo pratica”: è stata solo l’ennesima occasione per polemizzare contro il governo».
Così si è chiusa l’ultima seduta prima della pausa estiva. Con il sorriso amaro del vicepresidente Fabio Pinelli, che salvato il Consiglio dallo scioglimento, si è lasciato andare ad un sospiro: «Adesso ho bisogno di vacanza».
La replica di Nordio
In serata è arrivata la replica di Nordio, che ha abbassato i toni. «So bene che, con il vicepresidente Fabio Pinelli e la Presidente Margherita Cassano, il Csm e la sezione disciplinare hanno intrapreso un percorso diverso. Ma rimane il problema di fondo di un organismo eletto dai magistrati che un domani possono essere sottoposti al suo giudizio. E i precedenti non sono affatto confortanti – ha dichiarato -. Ricordo che in occasione del recente scandalo Palamara autorevolissimi politici, giornalisti e anche magistrati hanno denunciato, in termini estremamente severi, la degenerazione correntizia. E finché non sarà stata fatta piena luce su quello scandalo non ci sarà la serenità auspicata dalla presidente Cassano». E per quanto riguarda Piccirillo, «rilevo ancora una volta che si è pronunciato nel merito di un giudizio in corso davanti al tribunale dei ministri, dove io sono indagato. Inoltre si è espresso in termini critici nei confronti della Procura Generale di Roma e della stessa Corte d’Appello. Non mi risulta che a tutela di questi magistrati sia stata aperta una pratica».