Sono giorni che chiediamo al Ministero della Giustizia se il Guardasigilli intenda dare una risposta all’istanza di revoca del 41 bis per Alfredo Cospito. Nessuno ci dà informazioni: “chiedo”, “non so”, oppure leggono i messaggi e li ignorano semplicemente.

Noi più di questo non possiamo fare ma intanto gli avvocati di Cospito, Flavio Rossi Albertini e Margherita Pelazza, il 28 aprile hanno inviato una istanza al Tribunale di Sorveglianza di Roma «avverso il silenzio/rifiuto del Ministro della Giustizia sull’istanza di revoca anticipata del regime detentivo speciale maturata in data 22 aprile 2023, in relazione alla mancata risposta all’istanza di revoca anticipata avanzata in data 23 marzo 2023». Si ricorda nella istanza come «si sia in presenza di una vicenda caratterizzata da un profondo ostruzionismo governativo di natura politica» pertanto «l’attribuzione al Ministro della giustizia, che fa istituzionalmente parte del governo, della competenza in materia crea il rischio molto concreto che la decisione circa la revoca del regime differenziato sia influenzata da considerazioni che esulano dalla valutazione giuridica relativa alla sussistenza dei presupposti applicativi».

Andando nel merito sono diversi gli elementi di novità addotti dalla difesa per chiedere la revoca del carcere duro. «Al fine di appalesare l’illegittimità dell’inerzia mantenuta dal Ministro a fronte della natura scardinante degli elementi di novità presentati dalla difesa, preme evidenziare come lo stesso - per quanto concerne la paventata necessità di impedire che il Cospito comunichi con l’esterno, al fine di contrastarne la presunta attività istigatoria – nel decreto applicativo» « ha stigmatizzato l’attività comunicativa del detenuto veicolata tramite gli scritti “Quale Internazionale”, “Contributo per l’assemblea del 9 giugno 2019 a Bologna”, “Contributo giornate anti-carcerarie a Bure”, e l’ “Autismo degli Insorti”». Eppure a marzo 2023 il Tribunale della Libertà di Perugia ha revocato l’ordinanza di custodia cautelare per Cospito e altri cinque indagati per, a vario titolo, istigazione a delinquere, anche aggravata dalle finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico in relazione ad alcuni articoli pubblicati sulla rivista Vetriolo.

Il Tribunale per ben due volte ritenne che le esternazioni del Cospito non fossero idonee ad istigare in quanto « l’impiego di un linguaggio violento e, a tratti, truce non costituisce un elemento, di per sè solo, valorizzabile nella valutazione della carica istigatoria dei contenuti pubblicati». A ciò si aggiunge il fatto che la Corte Costituzionale lo scorso 18 aprile ha compiuto «una dichiarazione di incostituzionalità del divieto di prevalenza di tutte le attenuanti, nei confronti della recidiva reiterata, per tutti i reati la cui pena edittale sia fissa e contempli il solo ergastolo». Pertanto, «anche il predetto secondo elemento avrebbe dovuto rafforzare il Ministro sulla necessità di una rivisitazione del regime differenziato, nella misura in cui lo stesso ridimensiona, depotenziandola notevolmente, l’enfatizzazione della figura del Cospito, rectius dello spessore e della caratura criminale dello stesso – non potendo in alcun modo la predetta enfatizzazione prescindere dalla valutazione compiuta dalla Corte di Assise di Appello in termini di lieve entità del fatto di reato ascritto al Cospito e di quella in diritto compiuta dalla Corte Costituzionale per come tratteggiata nel decreto applicativo, nonché nella precedente decisione di rigetto del Ministro stesso».

Infine, ad avviso della difesa, Via Arenula avrebbe dovuto prendere in considerazione che nel processo relativo all’operazione Bialystok, che riguardava cinque persone accusate di aver fatto parte di una cellula eversiva anarco-insurrezionalista a Roma, con base il centro sociale Bencivenga Occupato, a Batteria Nomentana, la Corte di Assise di Roma ha assolto il 28 settembre 2022 gli imputati e accertato che non vi era alcuna associazione anarchica di cui Cospito sarebbe stato l’ispiratore. Ragion per cui, «risulta incontestabile come il Ministro avrebbe dovuto procedere ad una lettura sinottica degli elementi addotti dalla difesa nell’ultima istanza di revoca anticipata con quello oggetto dell’istanza antecedente», proprio perché prima le motivazioni della sentenza rese con riguardo all’indagine Byalistock, e poi il secondo annullamento da parte del Tribunale della Libertà di Perugia, nonché infine il dispositivo emesso dalla Consulta, «rappresentano tre elementi i quali, seppur isolatamente considerati potrebbero non determinare la deflagrazione dell’apparato giustificativo del decreto applicativo, diversamente, se valutati in maniera combinata, assumono una valenza demolitoria». Infine «risulta incontestabile l’illegittimità del silenzio rifiuto serbato dal Ministro rispetto agli elementi di novità addotti dalla difesa – la quale ha compiutamente assolto all’onere di dimostrare il venir meno delle condizioni legittimanti il mantenimento del regime detentivo speciale».