Stretta sulle intercettazioni in commissione Giustizia del Senato, con il sì alla cancellazione dal fascicolo processuale dei dati dei non indagati che risultino captati nelle intercettazioni predisposte dagli inquirenti. Il principio è contenuto in un emendamento presentato dal senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin al ddl Nordio che non vieta solo la pubblicazione dei dati dei non indagati, ma blocca la trascrizione degli ascolti di soggetti terzi da parte della polizia giudiziaria.

La norma non vieta, ovviamente, l’intercettazione, ma la trascrizione nelle carte del procedimento se si tratta di dati che potrebbero far identificare chi non rientra nelle indagini. L’emendamento, secondo i critici, sarebbe stato scritto per “favorire” - a danno ormai fatto - Matteo Salvini, il cui nome non sarebbe apparso nell’inchiesta Anas nel caso in cui questa norma fosse stata già in vigore. Ma a volerla guardare da un altro punto di vista, nemmeno il nome del figlio di Mattarella - assolutamente inutile ai fini dell’inchiesta - sarebbe stato tirato in ballo.

«Sono stato tempestato di telefonate dai giornalisti, tutti mi chiedevano se l’emendamento fosse stato pensato sulla base dell’inchiesta su Verdini - ha spiegato al Dubbio Zanettin -. È del tutto ovvio che quando facciamo norme generali e astratte queste possano ricadere su casi concreti e attuali, ma non è questa la finalità. Sono pensate a tutela di tutti i cittadini». «Un vulnus all’accertamento della verità», ha protestato il senatore grillino Roberto Scarpinato, che contesta anche quella parte del ddl che “cancella” l’appello del pm per gli imputati che dopo citazione diretta in giudizio siano stati assolti in primo grado. Una scelta, ha proseguito l’ex magistrato, che «non tutela le vittime di reato».

Ma a ribattere sono stati Zanettin e il vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. «È una norma di ulteriore garanzia che rafforza la concreta applicazione del principio della presunzione di non colpevolezza, una battaglia storica di FI», si legge in una nota. Ad esprimere soddisfazione è anche la presidente della Commissione Giustizia, la leghista Giulia Bongiorno: «Chi parla di improvvisi black out informativi non ha letto il testo - ha commentato -. Ci sono soprattutto delle norme volte a tutelare terzi soggetti che nulla hanno a che vedere con le indagini». A favore si sono espresse la maggioranza e Italia viva. E il ddl Nordio, ha affermato anche per rispondere a chi lamenta la cancellazione dell’abuso d’ufficio, «fa delle scelte importanti rispetto al programma della maggioranza. Dal punto di vista politico è un provvedimento importante, dal punto di vista tecnico credo abbia fatto fare un passo avanti. La Lega ha votato convintamente l’abolizione dell’abuso d’ufficio. Nello stesso momento ha un accordo con la maggioranza, che io personalmente ho fatto con il ministro Nordio, su quello che accadrà a valle. Cioè una volta abolito l’abuso d’ufficio è giusta una revisione di tutti i reati contro la pubblica amministrazione. Non voglio che ci siano vuoti di tutela», ha aggiunto. Dal canto suo, il ministro della Giustizia, rispondendo al Question time al Senato, ha ribadito anche la sua idea sul trojan, «un vulnus alla nostra privacy e all’articolo 15 della Costituzione».

La stretta prevista dal ddl Nordio riguarda anche i giornalisti, che non potranno più citare letteralmente dialoghi che non siano stati inseriti dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzati nel corso del dibattimento, impedendo, dunque, la possibilità di attingere alla richiesta del pm. Una norma che potrebbe essere superata dalla delega affidata dalla Camera al governo e firmata da Enrico Costa di Azione, in base alla quale sarà vietato pubblicare letteralmente anche l’ordinanza con cui il gip applica le misure cautelari.

Ma non solo: il governo ha dato l’ok anche all’emendamento - sempre firmato da Zanettin - per tutelare il rapporto indagato-avvocato, la cui discussione è rinviata, assieme ai circa 40 rimasti a martedì 16 gennaio. Come anticipato dal Dubbio, il testo dell’emendamento è stato riformulato dal governo eliminando due punti: non è prevista la distruzione delle conversazioni - che potrebbe però essere oggetto di un ulteriore intervento - e non sarà istituito l’albo contenente i numeri dei difensori. La proposta del senatore forzista prevede, nello specifico, il divieto del sequestro e del controllo delle comunicazioni tra l’indagato e il suo difensore, salvo nei casi in cui l’autorità giudiziaria ritenga, fondatamente, che si tratti di reato.

La seconda modifica prevede l’immediata interruzione delle operazioni di intercettazioni nei casi in cui le comunicazioni rientrano tra quelle espressamente vietate, che non possono in nessun caso essere trascritte nemmeno sommariamente, pena contestazione di illecito disciplinare. Ma non solo: nell’ottica del senatore va vietata la proroga delle operazioni successive alla prima, «se nel corso degli ultimi due periodi di intercettazione non siano emersi elementi utili alle indagini». Un punto sul quale già martedì le opposizioni avevano battagliato. Sempre per andare incontro agli avvocati, la Commissione ha accolto anche un emendamento a firma Maria Stella Gelmini e che va a correggere la norma Cartabia nella parte in cui i difensori di fiducia devono chiedere una procura nuova per poter presentare ricorso in appello.

Con le correzioni di Azione, si torna alla versione precedente della norma per i difensori di fiducia, mentre rimane l’obbligo di rinnovo della procura quando per i difensori d’ufficio. Ma le modifiche in chiave garantista non si limitano alle intercettazioni. Il ddl prevede anche l’obbligo, per il pm - salvo in casi in cui si corra il rischio di inquinamento probatorio o pericolo di fuga - di interrogare l’indagato per il quale si ipotizza una misura cautelare. «Se consentito dalle concrete circostanze - si legge nel dll -, da un lato si evita l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva, dall’altro si mette il giudice nelle condizioni di poter avere un’interlocuzione, e anche un contatto diretto, con l’indagato prima dell’adozione della misura».