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CORRIDOI AGENTE SBARRE DETENUTI CARCERE DI OPERA CFASA CIRCONDARIALE ISTITUTO DI DETENZIONE
«Se si prendessero per mano l’una con l’altra, le persone arrestate o condannate ingiustamente in Italia negli ultimi trent’anni formerebbero una catena umana capace di coprire la distanza tra Roma e Napoli. Ogni otto ore una di loro viene arrestata da innocente. Per risarcirle lo Stato ha già speso quasi 1 miliardo di euro, al ritmo di 57 euro al minuto». Questo è un dato di fatto, insieme a tanti altri dati di fatto contenuti nell’opera, allo stesso tempo scientifica e divulgativa, “Innocenti - Il libro bianco dell’ingiusta detenzione in Italia”, curato dai giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone (Giappichelli Editore, pagine 144, euro 18).
I due autori, fondatori dell’associazione Errorigiudiziari.com, combinano numeri, analisi e storie vere in un linguaggio giornalistico, ma al tempo stesso rigoroso. Un’indagine che non esisteva nel nostro panorama. Nell’immaginario collettivo se si è arrestati ingiustamente si viene sempre risarciti. Ma non è così, raccontano Lattanzi e Maimone. Ogni anno viene respinta la metà delle domande di indennizzo: «Avere una riparazione è divenuta ormai una sorta di lancio della monetina».
E se arriverà l’indennizzo, bisognerà comunque pagare l’imposta di registro. Ma vediamo perché accade questo, grazie alle storie raccontate nel libro. «C. D. G., arrestato nel veneziano per una rapina mai commessa e assolto con formula piena, sia in primo grado che in appello, dopo 420 giorni in carcere e 30 agli arresti domiciliari. Perso il lavoro e costretto a vendere la casa perché non riusciva più a pagare il mutuo, gli è stato negato l’indennizzo: secondo i giudici, parlando al telefono con il cugino ( vero autore della rapina, a sua insaputa) aveva fatto riferimento a un paio di jeans che però agli inquirenti era parso sospettosamente criptico».
Inoltre le ordinanze con cui le Corti d’appello determinano le somme per una ingiusta detenzione sono quasi sempre impugnate dall’Avvocatura dello Stato per ottenere il ricalcolo ( al ribasso) dell’entità. Pochi sanno inoltre che – ormai da diversi anni – c’è un nuovo elemento di cui bisogna tenere conto quando si parla di riparazione per ingiusta detenzione: la colpa lieve.
Raccontano Lattanzi e Maimone insieme all’avvocato Riccardo Radi di Roma: «G. M., arrestato con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso, era rimasto in carcere per 1.196 giorni. La prova regina nei suoi confronti avrebbe dovuto essere un’intercettazione telefonica in cui si parlava di lui come di “U Giusto”, ma quello non era mai stato il suo soprannome. Una volta assolto, si è visto decurtare l’importo dell’indennizzo per ingiusta detenzione del 30%. Il motivo? Aveva avuto tre contatti telefonici con persone effettivamente appartenenti alle cosche. E a nulla era servito spiegare che il paese in cui G. M. vive è ad alta densità mafiosa e che era quasi impossibile non avere contatti con persone poco raccomandabili».
Altro caso è quello di A. C., finito in carcere con l’accusa di rapina, detenzione e porto abusivo di arma: «Durante l’interrogatorio di garanzia che si è svolto a distanza di un anno dai fatti contestati, si è limitato a protestare la propria innocenza spiegando che non poteva ricordare nei dettagli dove fosse e cosa facesse tanto tempo prima, sottolineando il problema di cui soffre: è sordo, circostanza che lo porta anche a essere particolarmente stringato nelle sue dichiarazioni. Ma non c’è stato niente da fare: è rimasto in cella 201 giorni più altri 93 giorni agli arresti domiciliari. Una volta riconosciuta la sua estraneità a ogni accusa, si è visto tagliare l’importo dell’indennizzo per ingiusta detenzione del 58%: “Non ha fornito un alibi, limitandosi solo a dichiararsi innocente”».
Un altro interessantissimo capitolo è quello in cui Lattanzi e Maimone tracciano, attraverso la lettura e l’analisi di circa 600 ordinanze di riparazione per ingiusta detenzione relativa al 2018, anno in cui si è registrato uno dei numeri più alti di indennizzi, l’identikit delle vittime tipo: maschio, italiano del Sud, 25- 40 anni, in carcere un mese per rapina, furto o estorsione. Assolto dopo tre anni e risarcito dopo altri mille giorni. È il profilo della vittima- tipo di ingiusta detenzione in Italia. Dallo studio dei dati, i due giornalisti poi fotografano come il problema si concentri soprattutto nelle città del Sud: negli ultimi 10 anni, per esempio, Napoli ha fatto registrare poco meno di mille casi (965). La solo Calabria, nello stesso periodo, ha assorbito un terzo dell’intera somma destinata ai risarcimenti a livella nazionale (oltre 103 milioni di euro degli oltre 319 stanziati dallo Stato).
Tra le prime tre cause per ingiusta detenzione ci sono le intercettazioni, spesso trascritte male e interpretate peggio. E anche qui i due giornalisti hanno storie incredibili e paradossali da raccontare come quella di un allevatore di suini di Agrigento rimasto 100 giorni in ingiusta detenzione per una telefonata in cui pronunciava questa frase: «Quando mi porti quei maialini?». Il fatto è che stava parlando con un macellaio. Eppure anche qui gli inquirenti hanno pensato che si stesse riferendo a partite di droga.
Un altro pregio del testo è quello di dedicare un capitolo ad una analisi di quello che accade negli altri Paesi. Leggendolo, scopriamo che in Danimarca vengono indennizzati anche soli 10 minuti di fermo di polizia, con 130 euro); in Francia viene accolto l’ 87% delle domande di risarcimento; in Finlandia qualunque carcerazione ingiusta superiore alle 24 ore fa scattare un indennizzo automatico. Insomma, grazie agli autori arriviamo alla conclusione che il sistema italiano resta tra i più problematici nel garantire un bilanciamento tra giustizia e diritti individuali. Il libro verrà presentato oggi alla Camera dei deputati con la partecipazione del vice ministro della giustizia, Francesco Paolo Sisto, il deputato di FI Enrico Costa, il presidente dell’Ucpi Francesco Petrelli. Saranno presenti gli autori. La registrazione sarà disponibile su Radio radicale.