Le chat dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara tornano a condizionare ancora una volta l’attività del Consiglio superiore della magistratura. Nei prossimi giorni, infatti, verranno ascoltati presso la Commissione per gli incarichi direttivi di Palazzo dei Marescialli Marilena Rizzo, presidente del Tribunale di Firenze, Vittorio Masia, presidente del Tribunale di Brescia, Paolo Auriemma, procuratore di Viterbo. Oggetto della audizione è la loro conferma quadriennale nell'importante incarico direttivo ora ricoperto. Come fonti di conoscenza per capire se hanno ancora i “prerequisiti” in tema di autonomia ed indipendenza verranno utilizzate le stranote chat con Palamara.

Una considerazione è d’obbligo: che senso ha ascoltare dei magistrati ai fini della loro conferma su chat risalenti al biennio 2017-2018? E soprattutto, che senso ha effettuare una valutazione quando il periodo di riferimento è abbondantemente scaduto? Masia e Auriemma furono nominati ad aprile del 2016 e quindi la valutazione doveva essere effettuata nel 2020. Rizzo venne nominata addirittura a dicembre del 2015 e pertanto fra poco più di sei mesi dovrà obbligatoriamente lasciare l’incarico per aver raggiunto gli otto anni. Una valutazione a distanza di tutto questo tempo ha solo il sapore della beffa dal momento che il Csm è in possesso delle chat di Palamara da più di tre anni, essendo le stesse state ufficialmente trasmesse il 20 aprile del 2020 dalla procura di Perugia che le aveva acquisite nel corso dell'indagine a carico dell'ex numero uno delle toghe. Non può non lasciare interdetti, allora, tale utilizzo a corrente alternata da parte del Csm: per alcuni una clava, per altri un carezza, e con tempistiche completamente scollegate dalla realtà.

Sul fatto che Palazzo dei Marescialli non fosse riuscito a darsi in questi anni delle linee guida per la valutazione delle chat che come un fiume carsico riemergono all’improvviso è stato già detto e scritto molto. Il loro utilizzo, comunque, è stato alquanto variegato: per una nomina, una valutazione di professionalità, una pratica di incompatibilità ambientale. Il tutto con effetti “singolari”, come nel caso di Alberto Liguori, procuratore di Terni, dove non vennero ritenute rilevanti per l'incompatibilità ambientale ma dirimenti per la conferma nell'incarico. Tranne le circolari del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, la prima di giugno e la seconda di settembre del 2020 che avevano escluso la rilevanza disciplinare per i magistrati che si sponsorizzavano o si facevano sponsorizzare per ottenere un incarico, tutto il resto è stato lasciato al caso. E questo nonostante la Cassazione, anche di recente, abbia affermato che la toga dovrebbe essere consapevole che «l’esistenza di pregressi rapporti di conoscenza personale tra un magistrato ed un componente del Csm, ancor più se tale componente è anche membro della Commissione per gli incarichi, non fa venir meno il dovere del magistrato di astenersi dall’avere contatti riservati con lo stesso in merito all’incarico cui è interessato».

«Per la legge del contrappasso chi di spada ferisce di spada perisce», commenta allora Andrea Reale, giudice del tribunale di Ragusa e componente del Comitato direttivo centrale dell'Anm. «È il principio in virtù del quale - aggiunge - vi è corrispondenza della pena alla colpa, consistente nell’infliggere all’offensore la stessa lesione da lui provocata all’offeso. Esso vale solo in parte per i fautori del sistema delle raccomandazioni tra magistrati, vizio tanto diffuso al loro interno come in tutta la società civile, dove, però, i responsabili pagano il fio della loro colpa. Analogamente il “chattismo” con Palamara ha dimostrato che per tanti la comunicazione con il “padre vergine” del Sistema è stata una disgrazia, che può loro costare il resto della carriera e la speranza di poter ottenere una “promozione” in futuro», prosegue Reale, secondo cui «la regola, però, come accade troppo spesso nella categoria del Terzo Potere, presenta numerosissime eccezioni. Così, miracolosamente, tanti mentori del Sistema, invece di essere sottoposti al linciaggio delle forche caudine o all’ostracismo dal consesso di appartenenza, hanno, nonostante il loro diretto coinvolgimento nel “peccato”, mantenuto la loro posizione, se non addirittura meritato importantissime promozioni in incarichi fuori ruolo o in altri incarichi direttivi. Come al solito la legge si applica ai nemici e si interpreta per gli amici. Soltanto che non si capisce più chi sono gli amici e chi i nemici tra i magistrati appartenenti alle correnti. Si sa soltanto che i pochi che hanno subito la pena per il loro peccato sembrano più simili a dei cani di un enorme branco selvaggio dopo avere azzannato una preda domestica, pronti a subire le forti bastonate del padrone del loro pasto, mentre osservano attoniti gli altri loro compari riprendere, ancor più agguerriti, la caccia alle bestie indifese!», conclude amaro il giudice siciliano. Il ritardo delle pratiche, invece, sarebbe per Stefano Cavanna, ex componente laico del Csm, «un problema irrisolvibile» per la mole di fascicoli da esaminare. Con un effetto paradossale, sottolinea Cavanna: «Il decorrere del tempo genera un garantismo di ritorno, con una “sanatoria” per eventuali mancanze commesse durante il periodo di valutazione. Un effetto che non può non far piacere alle correnti».