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Doveva essere una mattinata “anti-governativa”, contro la giustizia del governo Meloni. Ma è stata anche l’occasione, per il Pd, di incrociare i fioretti con due leader dell’avvocatura, Francesco Greco e Francesco Petrelli, schierati su posizioni favorevoli alla separazione delle carriere.
A organizzare l’evento al “Tempio di Adriano”, sala monumentale nel cuore di Roma, i gruppi parlamentari del Nazareno, la cui leader Elly Schlein ha concluso la serie di interventi con parole molto severe sul decreto sicurezza, il cui obiettivo, attacca, «è non ascoltare il grido dei lavoratori, ora chi si lamenta viene punito», con riferimento alla protesta di questa mattina dei metalmeccanici. La segretaria Pd è stata tranchant anche sul ddl costituzionale di Nordio e sullo stesso guardasigilli, definito «un caso di omonimia», a proposito delle posizioni che il ministro aveva espresso in passato su temi come l’inasprimento delle pene.
Dietro la stessa riforma costituzionale sulle carriere di giudici e pm, Schlein legge un «approccio ritorsivo» e una «forzatura clamorosa» delle procedure parlamentari, attuata, a suo giudizio, per «riaprire la guerra con la magistratura» e «tornare indietro di trent’anni». Ma non la pensano allo stesso modo gli avvocati. Non la pensa così il presidente del Cnf Greco, secondo il quale «la separazione delle carriere è un passo avanti verso una giustizia finalmente imparziale, fondata sul contraddittorio e sulla parità tra accusa e difesa, secondo il principio del giusto processo come previsto dalla Costituzione. Prosegue così un percorso di riforma atteso da decenni, che restituisce terzietà all’azione giudiziaria e centralità al dibattimento in aula. Per questo motivo, il Cnf sostiene una riforma che rafforza le garanzie per i cittadini e rende il procedimento più equo e trasparente».
Greco si è soffermato sull’obiezione secondo cui «i pm diventerebbero più forti: ma questo non rappresenterà un problema per la democrazia, perché io ho fiducia nella magistratura. Mi preoccupa invece che la stessa magistratura abbia paura di questo. Mi chiedo perché». E Petrelli ha rivendicato il «legame embrionale con la riforma della separazione» che «non appartiene a questo governo: ha radici più antiche, che provengono dalla cultura liberale di sinistra».
Rocco Maruotti, segretario dell’Anm, si è invece chiesto: «Se lo stesso ministro Nordio ha ammesso che la riforma presenta delle criticità, perché non modificarla in Parlamento?». E poi, «se la motivazione del sorteggio per i membri del Csm è legata al recupero di credibilità della magistratura, come sostiene la maggioranza, allora considerato che secondo l’Eurispes l’indice di gradimento del governo è del 30 per cento, a differenza di quello delle toghe che è del 43 per cento, ci sarebbe una provocazione da fare: dovremmo sorteggiare anche i ministri?».
Secondo la vicepresidente dem del Senato, Anna Rossomando, siamo dinanzi a una riforma «truffa» che «punta a colpire il ruolo del Csm e l’assetto istituzionale della magistratura nel quadro costituzionale». Tutto questo per il capogruppo del Pd in commissione Giustizia del Senato Alfredo Bazoli si inserisce in una quadro più ampio di «crisi della democrazia e dello Stato di diritto». Basti pensare, ha detto il parlamentare, «all’abrogazione dell’abuso di ufficio, alla riforma della Corte dei Conti, all’attacco politico sul controllo di legalità della magistratura». E anche secondo il capogruppo dem nella stessa commissione di Montecitorio, Federico Gianassi, «stiamo scivolando verso un sistema autoritario, illiberale, in cui si utilizza il Parlamento come strumento per attuare operazioni di forza”. Critica condivisa dal professore Roberto Bartoli, ordinario di Diritto penale all’Università di Firenze, secondo il quale «con il decreto sicurezza siamo passati dal populismo penale al sadismo penale», giacché, sostiene, il provvedimento sarebbe stato concepito «per incrementare paura e cattiveria».
Non potevano mancare anatemi sulla situazione attuale negli istituti di pena, «disumana polveriera» per Walter Verini, capogruppo Pd in commissione Antimafia. Non sono esenti dal sovraffollamento e da condizioni non dignitose gli istituti penali minorili: «In quello di Torino», ha detto Samuele Ciambriello, portavoce dei Garanti territoriali, «abbiamo visto otto minori dormire per terra su dei materassi».
Di carcere ha parlato anche la responsabile Giustizia del Partito democratico, Debora Serracchiani: quella penitenziaria rappresenta, a suo giudizio, «l’emergenza delle emergenze: come ha dimostrato la grave e inaudita vicenda avvenuta nell’istituto di Marassi a Genova, dove un giovane detenuto di 18 anni, incensurato, recluso per un reato minore, è stato violentato e torturato per due giorni senza che nessuno abbia visto nulla. Sul tema del carcere noi ci giochiamo un pezzo della nostra credibilità e della nostra civiltà».
Questione correlata all’esecuzione penale è quella della giustizia riparativa, sulla quale si è espressa la deputata dem Michela Di Biase: «Per noi la giustizia riparativa non è alternativa alla giustizia penale, ma è fondamentale per accompagnarla e aiutare a sanare le profonde fratture che si sono create non solo fra il reo e la vittima, ma anche all’interno della società».
Sulle criticità nei Cpr è intervenuta invece la deputata Rachele Scarpa: «Il sistema negli ultimi vent’anni è degenerato, e oggi la detenzione amministrativa rappresenta, in tutta la sua violenza e assurdità, la criminalizzazione, nel segno del panpenalismo, della condizione di irregolarità delle persone straniere, rendendo questa condizione una vera e propria colpa da espiare, in un Paese che però non dà alcuno strumento per regolarizzare la propria situazione».
A margine dell’evento abbiamo chiesto ad alcuni esponenti del Pd se fossero preoccupati di quel 40 per cento di elettori di centrosinistra che, secondo un recente sondaggio Eurispes, sarebbero favorevoli alla separazione delle carriere. «Bisogna sempre vedere come è posta la domanda nel sondaggio», ci ha risposto un esponente di spicco del Pd. «Molto probabilmente questi nostri elettori credono ancora che si stia parlando del vecchio progetto del Pd sulla separazione delle funzioni, ma nel quale non si toccava assolutamente la Costituzione».