Se il vero obiettivo era tutelare i taxi dalla concorrenza, ora l’effetto potrebbe suonare esattamente opposto. Perché la sentenza arrivata ieri dal Tar del Lazio segna una svolta decisiva nella guerra infinita dei trasporti, infliggendo una sonora bocciatura al decreto ministeriale varato da Matteo Salvini sul foglio di servizio elettronico.

La decisione vale un punto a favore della galassia Ncc, che aveva presentato diversi ricorsi - tutti accolti - contro il provvedimento che avrebbe imposto, attraverso l’utilizzo di un registro digitale obbligatorio, anche lo stop di 20 minuti tra un servizio e l’altro. Una disposizione parecchio problematica dal punto di vista pratico, per gli operatori del noleggio con conducente. Secondo i quali il foglio di servizio elettronico avrebbe di fatto reintregrato l’obbligo già sospeso di rientro in rimessa al termine della corsa, ponendo per altro un problema di tutela della privacy rispetto alla conservazione dei dati, compresi quelli dei passeggeri, che resterebbe in capo al ministero per un periodo di tre anni.

Una previsione, quest’ultima, che per i giudici amministrativi “oltre a non tenere in minima considerazione il termine di legge, non trova alcuna giustificazione, risulta palesemente sproporzionata rispetto alle esigenze dei controlli e si traduce, di fatto, in un serio pregiudizio per l’attività dei soggetti interessati per le implicazioni, in punto di remora all’utilizzo del servizio, da parte dei relativi fruitori i cui dati relativi agli spostamenti sono conservati per un così lungo periodo di tempo”. Inoltre - si legge nella sentenza che ha accolto il ricorso dell’Associazione Anitrav, rappresentata dall’avvocato Valerio Natale dello Studio Hogan Lovells - “l’introduzione di un tempo minimo di attesa tra la prenotazione e l’inizio del servizio per i soli vettori NCC ha l’effetto di penalizzare questi ultimi nel solo segmento di attività in cui i due servizi concorrono, con conseguente violazione del principio di uguaglianza”.

Il decreto numero 226/2024 è dunque da ritenere illegittimo, argomenta il Tar, per il quale “tali modalità operative esulano dalla funzione di specificazione tecnica e si collocano su un piano propriamente normativo, in quanto introducono obblighi sostanziali, condizioni di esercizio e limiti alla libertà economica degli operatori che devono trovare fondamento esplicito in una fonte di rango legislativo primario”. E ancora: “La mera previsione di un potere di specificazione tecnica non può trasformarsi in una delega in bianco per l’adozione di un sistema normativo parallelo, né tantomeno può fungere da fondamento per introdurre un obbligo generalizzato di adesione a una piattaforma tecnologica unica, sottraendo agli operatori ogni possibilità di utilizzare soluzioni alternative, equivalenti o interoperabili”.

In questo modo i giudici amministrativi segnano anche un confine netto nella “battaglia” eterna tra il servizio taxi e gli Ncc, stabilendo che non spetta al ministero imporre vincoli tali da favorire i primi a scapito dei secondi. Laddove, scrive il Tar, “il corretto equilibrio tra esigenze di controllo pubblico e libertà economica” va garantito “nel rispetto delle garanzie costituzionali e dei principi dell’ordinamento europeo”.

Il tutto possibilmente con una legge ad hoc, come ora si augura anche Forza Italia. Che colpisce il ministro leghista con fuoco amico rilanciando una proposta di legge, a prima firma Andrea Caroppo, presentata qualche settimana fa alla Camera «con l’obiettivo di semplificare, razionalizzare e modernizzare le regole che disciplinano il settore».

Per i deputati azzurri, infatti, la sentenza «conferma ciò che da tempo denunciamo: l’attuale normativa sul trasporto pubblico non di linea è inadeguata, confusa e penalizzante, sia per gli operatori del settore sia per i cittadini». A pensarla così è anche Andrea Romano, presidente di MuoverSì Ncc, la Federazione che riunisce le principali associazioni del noleggio con conducente. Per il quale «la sentenza del Tar è anche un’occasione affinché Salvini ascolti finalmente le ragioni del lavoro e dell’economia e, invece di perseguitare gli Ncc e tutti coloro che chiedono semplicemente un trasporto pubblico non di linea moderno ed efficiente, contribuisca da ministro a dotare l’Italia di una legge nuova e di impianto europeo».

Partita chiusa, dunque? Non proprio: i tassisti di Uritaxi sono già pronti a impugnare la decisione davanti al Consiglio di Stato. E bisogna aspettarsi che Matteo Salvini non li deluda neanche in tribunale.