Una sentenza destinata a fare giurisprudenza. Con la decisione n. 27515/25 le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione hanno affermato che il reato di epidemia colposa, previsto dall’articolo 452 c.p. in combinato disposto con l’articolo 438 c.p., può essere integrato anche mediante condotte omissive. Si chiude così un lungo dibattito interpretativo che ha diviso dottrina e giurisprudenza, specialmente a seguito della pandemia da Covid-19.

Il caso prende le mosse dalla vicenda che ha coinvolto un dirigente dell’Ospedale di Alghero, assolto in primo grado dal Tribunale di Sassari perché "il fatto non sussiste".

Secondo la pubblica accusa, l’imputato non aveva fornito dispositivi di protezione adeguati ai lavoratori tra marzo e aprile 2020, causando la diffusione del coronavirus all’interno del nosocomio sardo.

La procura di Sassari ha impugnato la sentenza con ricorso per saltum, sostenendo che l’epidemia, intesa come diffusione di germi patogeni, può realizzarsi anche per omissione di cautele dovute, e che l’articolo 40, comma 2, codice penale (che equipara azione ed omissione) si applica anche a reati a forma vincolata.

Le Sezioni Unite, recependo anche il mutato contesto storico e normativo, hanno stabilito che il reato di epidemia non è a condotta vincolata, ma rientra nella categoria dei reati “causalmente orientati”. Di conseguenza, è compatibile con la clausola di equivalenza prevista dall’art. 40 c.p., anche quando il contagio avviene per omissione di misure dovute da parte del soggetto obbligato.

Nella sentenza, la Suprema Corte di Cassazione ha sottolineato come l’elemento della “diffusione di germi patogeni” non si riferisca esclusivamente a una condotta attiva (ovvero lo spargimento volontario), ma definisca l’evento epidemico dal punto di vista giuridico. È l’epidemia che si realizza mediante tale diffusione, non necessariamente l’agente ad attuarla in via diretta.

Secondo la Cassazione, escludere la forma omissiva significherebbe svuotare di efficacia la norma penale proprio nei casi - come quello del dirigente dell’Ospedale di Alghero - in cui l’evento deriva dalla mancata adozione di misure di protezione collettiva e individuale. In questo senso, l’articolo 452 del codice penale mantiene una funzione essenziale nella tutela della salute pubblica, riconosciuta come “diritto costituzionalmente protetto”.

La Cassazione ha chiarito che la normativa del 1930 va letta alla luce dell’attuale sistema penale e delle esigenze di prevenzione sanitaria contemporanee. Il riferimento al “possesso dei germi” contenuto nei lavori preparatori non limita la fattispecie, né esclude la punibilità delle condotte omissive, specie se tenute da soggetti con posizione di garanzia.

La pronuncia potrebbe avere effetti dirompenti non solo per i procedimenti in corso, ma anche per la responsabilità futura in ambito sanitario, carcerario e scolastico. Ospedali, RSA, dirigenti pubblici e soggetti con obblighi giuridici di prevenzione epidemica potranno essere ritenuti penalmente responsabili anche per condotte omissive, a condizione che vi sia un nesso causale tra l’omissione e la diffusione del contagio.

Intanto, il team di legali che assiste i familiari delle vittime del Covid ha definito la sentenza come «un passo importantissimo» verso la verità processuale. Così si è espresso l’avvocato Consulo Locati, difensore di parte civile insieme ai colleghi Giovanni Benedetto, Luca Berni, Alessandro Pedone e Piero Pasini.

«Nelle motivazioni, le Sezioni Unite allargano la questione ponendo l'accento sulla tutela della salute pubblica e sulla mancata esecuzione di atti fondamentali che in Italia sono demandati agli organi amministrativi all'interno del Ministero della Salute ed alla Protezione Civile».

«La decisione delle Sezioni Unite - prosegue l’avvocato Locati – conferma la ragionevolezza e la fondatezza dell’azione giudiziaria intrapresa fin dal 2020. È un precedente che riscrive la narrazione giuridica di quanto accaduto in Italia durante la pandemia e rafforza anche la nostra azione in sede civile presso il Tribunale di Roma. Questa pronuncia ha un valore importante anche per il giudizio pendente avanti la Corte Europea dei Diritti dell'uomo in una fase cui giungono, lo sottolineiamo, solo il 5% dei ricorsi presentati». Soddisfazione anche dai familiari delle vittime dell’Associazione #Sereniesempreuniti.