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CARLO NORDIO MINISTRO GIUSTIZIA
Almasri è una mina con un difetto congenito fatale, dal punto di vista degli anti-Nordio: è già esplosa, ma non fa danno, perché il referendum sulla separazione delle carriere è ancora ben lontano. Quando ci si arriverà, l’opinione pubblica avrà per lo più archiviato la storia.
D’altronde, di qui a poche settimane, sarà la Camera a respingere la richiesta di autorizzazione a procedere formulata, contro il guardasigilli, Piantedosi e Mantovano, dal Tribunale dei ministri. C’è però un’indiscutibile verità, nelle parole attribuite oggi, con una notevole forzatura, al presidente dell’Anm Cesare Parodi, da alcuni titoli sulle edizioni on line dei quotidiani.
In realtà il leader dei magistrati (o del loro sindacato) non ha detto che, se indagata, la capo di Gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, dovrebbe dimettersi. Ha detto che ci potrebbero essere delle «conseguenze», ma di natura essenzialmente «politica», e si è riferito a eventuali accertamenti di reati riconducibili, sulla vicenda Almasri, anche a chi, come Nordio, non sarà processato, in virtù della tutela costituzionale. Parodi non ha detto esplicitamente un’altra cosa che però l’intera magistratura associata, e gran parte dell’opposizione, davvero pensano: e cioè che un eventuale impallinamento mediatico-giudiziario di Bartolozzi (ulteriore rispetto a quanto già le è stato riservato) rappresenta il solo “vantaggio” lucrabile, dal caso del militare libico, per chi si oppone alla separazione delle carriere.
Nordio eviterà giustamente il processo (lo prevede la Carta del 1948, non il decreto Biondi). La sua principale collaboratrice, viceversa, non potrebbe evitarlo, se la magistratura riterrà di dover procedere nei suoi confronti (in base alla ricostruzione proposta dal Tribunale dei ministri). E al di là dell’assai relativo “vantaggio” di vedere la storia di Almasri ancora sulle prime pagine dei giornali anche in piena campagna referendaria, il vero “danno”, per Nordio, si realizzerebbe se Bartolozzi decidesse di lasciare via Arenula.
L’ex gip di Palermo ed ex deputata eletta con FI ha dimostrato di essere una figura forte, capace di interpretare con determinazione politica un ruolo in apparenza tecnico. Interpretazione che si è resa necessaria, vista l’assoluta “impoliticità” del ministro che l’ha scelta. Certo, che Bartolozzi decida davvero di deporre le armi, sembra improbabile. Ma è evidentemente auspicato dagli avversari. Il che è legittimo.
La sola cosa che ci è sempre parsa sgradevole è un’altra: è l’ostilità radicale, velenosa, che avversari politici e parte dei media manifestano, da anni, verso la capo Gabinetto della Giustizia. Ostilità, livore che a volte hanno lasciato intravedere più di una venatura misogina. La vera domanda è se tanta viscerale insofferenza si sarebbe vista anche qualora il capo Gabinetto di Nordio fosse stato, banalmente, un uomo. E chi si batte contro il cosiddetto patriarcato, questa domanda dovrebbe farsela.