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Media davanti alla procura di Pavia che indaga sul delitto di Garlasco
Addirittura un drone a sorvolare la zona, ieri a Garlasco. Non è solo per il tormento nei confronti dei signori Poggi, ma anche per la spesa enorme e l’inutilità dell’iniziativa, che è difficile capire il senso della presenza dei carabinieri e degli uomini dei Ris con nuovi rilievi, misurazioni, foto e video, il “laser scanner” nella villetta di via Pascoli dove diciotto anni fa, il 13 agosto del 2007, Chiara fu uccisa a martellate. L’assassino, secondo una sentenza definitiva che lo ha condannato a 24 anni di carcere, ridotti a 16 con il rito abbreviato, è Alberto Stasi, il fidanzato. Un caso di femminicidio, dunque, anche se allora non si chiamava così.
Ma pare si stia ricominciando tutto daccapo, a causa della caparbietà non solo del condannato, che si è sempre dichiarato estraneo al fatto, ma anche e soprattutto dei suoi difensori, che prima erano Angelo e Fabio Giarda con Giada Bocellari, cui è stato aggiunto Antonio De Rensis, esperto in processi sportivi, dopo la sparizione della famiglia Giarda, il primo perché deceduto. Eccoci quindi di nuovo sulla scena del delitto, neanche fossimo di nuovo davanti al plastico di “Porta a Porta”, con Bruno Vespa che ci mostra il soggiorno, il luogo in cui Chiara fu colpita, con le prime macchie di sangue sul pavimento, e poi il passaggio che conduce in direzione dell’ingresso, e la scala che scende verso la cantina in fondo alla quale fu trovato il corpo massacrato in un lago di sangue.
L’intera zona fu ispezionata con molta attenzione dai Ris di Parma nel 2007 nel corso delle indagini preliminari, e poi ancora quando, dopo le due assoluzioni di Stasi, la prima da parte del giudice monocratico e la seconda nell’appello, la Cassazione costrinse all’appello- bis, e giustamente i suoi difensori avevano chiesto e ottenuto la riapertura dell’istruttoria. Che cosa ci può essere quindi di nuovo da verificare? Nulla, dicono gli esperti come il generale Luciano Garofano, che dei Ris di Parma è stato il fondatore. Nulla, fa eco l’avvocato Luigi Tizzoni, il legale che in tutti questi anni è stato al fianco della famiglia Poggi, condividendone le prime sofferenze, e poi quelle successive e ora ancora queste, con l’invasione della loro casa, per la terza volta. E i genitori di Chiara fanno notare non senza un pizzico di ironia, che il decreto di “perquisizione” è stato consegnato alla stampa ma non a loro, avvertiti solo telefonicamente.
Nei giorni scorsi erano stati loro stessi a dover prendere in mano la situazione, affrontando a viso aperto i media, una parte dei quali aveva imboccato una strada perversa e morbosa volta a trasformare in imputata la stessa vittima, proprio come succedeva un tempo nei processi per stupro. Questa nuova inchiesta, nelle intenzioni degli avvocati di Alberto Stasi, ha la finalità evidente di portare a una nuova richiesta di revisione del processo, dopo il rifiuto sia della Corte d’Appello di Brescia che della Cassazione a riaprire il caso, e anche dopo che la stessa Cedu per due volte aveva respinto la richiesta di procedere per vizi formali. La nuova strada che si sta percorrendo nasce nel 2016 con una denuncia della madre di Stasi. In seguito una singolare segnalazione dell’avvocato Bocellari che sospettava di essere pedinata da sconosciuti e che finirà archiviata, produrrà il risultato di coinvolgere i carabinieri del nucleo di via Moscova a Milano in un’inchiesta sull’assassinio di Chiara Poggi aperta a Pavia, dove era stata già archiviata due volte. Ma da altri magistrati, altro procuratore e altri gip.
Ora è un po’ come se stessimo assistendo al remake di un vecchio film girato in bianco e nero, poi realizzato di nuovo a colori e ora ancora con nuove pennellate di colore spalmate sulle precedenti. Intanto si è riusciti a eccitare una certa stampa, sempre pronta al nuovo “giallo dell’estate”. E anche a portare una nuova gip a fissare un incidente probatorio, il cui inizio è fissato per il prossimo 17 giugno, per studiare nuovamente dna e impronte. Deve essere chiaro che materiale genetico da esaminare non ne esiste più. Non perché “qualcuno” lo abbia fatto sparire, come scarabocchiano gli incompetenti e i disinformati, ma perché è stato esaminato e usato, spesso con atti irripetibili.
Quindi si riparte, a otto anni dall’ultima archiviazione nei confronti di Andrea Sempio, l’amico di Marco Poggi e “nuovo” indagato per l’omicidio, dalle immagini della traccia genetica trovata sulle unghie (e non sotto) della vittima, e sulla foto della macchia rilevata sul muro che porta alla cantina, su cui è già stato stabilito non contenere sangue, oltre che su impronte rilevate su una serie di oggetti. La gip Daniela Garlaschelli ha esteso le ricerche a una decina di persone, oltre a Sempio. I tempi saranno comunque lunghi, se si considerano i 90 giorni che avranno i periti dopo il giuramento e l’udienza già fissata dalla gip per il mese di ottobre. Ma sarà utile tutta questa attività? Sarà difficile, per i difensori di Stasi, che paiono essere i veri conduttori delle danze in questa fase, far dimenticare quelli che erano gli indizi cristallizzati nei confronti del loro assistito.
Soprattutto la pretesa di aver camminato in un lago di sangue senza mai sporcarsi le scarpe, e il fatto di aver consegnato, a una settimana dal delitto, quelle pulite, se pur dello stesso numero 42 come quelle che avevano lasciato l’impronta nel sangue. Oggi è la volta di Sempio, che non ha problemi di scarpe, indossando quelle del numero 44, ma piuttosto di mani, se l’impronta sul muro, se pur senza sangue, fosse compatibile con la sua. Manca però un’impronta di piede vicina a quella della mano, dal momento che l’assassino è sempre rimasto in cima alle scale. Dobbiamo immaginare una persona che si sporge e appoggia la mano restando sospeso nell’aria.
Vedremo se sulla base delle nuove misurazioni, rilevazioni, foto e video e tutta l’attività in cui si sono esercitati ieri i nuovi Ris e i nuovi carabinieri, emergerà quella che loro chiamano “la nuova lettura”, sia delle tracce ematiche che di ogni impronta di mani e piedi o chissà di quale altra parte del corpo per dare un nome, vecchio o nuovo, all’assassino equilibrista.