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Gli uomini del Ris dei carabinieri» sono entrati nuovamente nella villetta di via Pascoli a Garlasco, dove nel 2007 fu ritrovato il corpo senza vita di Chiara Poggi. L'obiettivo dell'intervento, reso noto anche dal Tg1, è ricostruire in 3D la scena del crimine utilizzando laser, scanner e droni, per approfondire l’analisi delle tracce ematiche.
La nuova attività investigativa riaccende l'attenzione sul caso e, soprattutto, sul rapporto tra giustizia e scienza. Il giudice del Tribunale di Milano Giuseppe Gennari, esperto di genetica forense, ha colto l’occasione per evidenziare gravi lacune nel sistema penale italiano. «I magistrati italiani non sono preparati a maneggiare i progressi della scienza – ha dichiarato all’AGI – e il rischio è che finiscano ostaggio del sapere scientifico, con pesanti ripercussioni sui diritti degli imputati e sulla credibilità del processo».
Secondo Gennari, l’eccesso di fiducia nei dati scientifici può portare a esiti fuorvianti. «Abbiamo dati sempre più raffinati, ma non sappiamo interpretarli: il DNA sulle unghie di Chiara Poggi è un esempio emblematico», spiega il magistrato. E indica una possibile soluzione: l’uso della rete bayesiana, uno strumento probabilistico per valutare il significato delle tracce. Uno strumento, però, ancora scarsamente utilizzato in Italia.
Altro problema riguarda l’accreditamento dei laboratori: «La legge lo prevede da vent’anni, ma molti magistrati non la conoscono. Nel processo d’appello bis, ad esempio, venne utilizzato un laboratorio non accreditato, minando la solidità della perizia», sottolinea Gennari.
Il giudice conclude con un monito: «Se non si riflette sugli errori compiuti, rischiamo che si ripetano. Gli Stati Uniti, dopo un errore sulle impronte digitali nel caso dell’attentato di Madrid, hanno investito milioni di dollari. In Italia non abbiamo nemmeno consapevolezza del problema».