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Una manifestazione di protesta davanti alla presidenza della Repubblica, nel centro di Kiev, che segna una frattura politica significativa. È la prima vera mobilitazione civile non legata al conflitto da quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022. A due anni e mezzo dall’inizio della guerra, nonostante l’unità nazionale imposta dall’emergenza e rafforzata dalla legge marziale, migliaia di giovani sono scesi in strada per protestare contro una legge che – secondo diversi osservatori – rappresenta un colpo all’indipendenza della magistratura e agli strumenti di lotta alla corruzione costruiti dopo la rivoluzione di piazza Maidan.
La legge, approvata in Parlamento con 263 voti favorevoli su 450, è stata presentata come un provvedimento per rafforzare la ricerca dei soldati dispersi. Ma all’interno del testo sono stati inseriti alcuni emendamenti che trasferiscono competenze della magistratura ordinaria al procuratore generale, figura nominata dal presidente. In particolare, la nuova norma consente al governo di controllare direttamente la Procura anticorruzione specializzata (SAP) e dell’Ufficio nazionale anticorruzione (NABU).
Il timore diffuso è che la legge sia stata pensata anche per neutralizzare indagini potenzialmente scomode: pochi giorni prima del voto, il NABU aveva infatti annunciato l’avvio di due inchieste – una riguardante l’ex ministro dell’Unità nazionale Oleksi Tchernychov, l’altra l’ex ministra della Giustizia Olga Stefanishyna, appena nominata ambasciatrice a Washington. Il presidente Zelensky ha giustificato la riforma sostenendo che l’obiettivo è «proteggere le istituzioni ucraine da infiltrazioni russe». Ma la coincidenza tra il varo della norma, gli arresti di figure vicine alla società civile e l’apertura di nuovi casi giudiziari fa pensare a una manovra difensiva da parte dell’esecutivo.
L’arresto del noto attivista Vitali Shabunin, avvenuto con modalità spettacolari, e quello di un funzionario del NABU con l’accusa di spionaggio, hanno contribuito ad alimentare il sospetto di una campagna politica. La reazione pubblica è stata immediata: a Kiev migliaia di manifestanti – per lo più giovani – si sono radunati sotto la sede della presidenza per chiedere a Zelensky di mettere il veto sulla legge. «Mio padre non è morto in guerra per questo», recitava uno dei cartelli, «Non siamo la Russia» lo slogan più gettonato. Il ritorno alla protesta non è solo un atto di contestazione: è anche, paradossalmente, un segno di vitalità politica e di desiderio di normalità per una società assediata dal conflitto con Mosca. Per molti ucraini, manifestare contro una legge percepita come autoritaria è un modo per riaffermare i principi per cui il loro Paese combatte – trasparenza, legalità, indipendenza delle istituzioni – anche dentro i propri confini.
Nonostante le richieste della piazza, Zelensky ha firmato la legge come è stato annunciato dal sito ufficiale del Parlamento. A quel punto, le reazioni si sono moltiplicate anche da parte di esponenti politici un tempo vicini al presidente. L’ex ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha pubblicato un messaggio su Instagram, sottolineando la velocità sospetta con cui è stata approvata la norma. «Capisco che per molti Maidan sia ormai solo un post commemorativo, ma ora il presidente ha una scelta: stare o no con il popolo».
Le critiche sono arrivate anche da Bruxelles. La commissaria europea Marta Kos ha definito la legge «un serio arretramento democratico» e ha ricordato che l’indipendenza del potere giudiziario è un punto fondamentale nel processo di adesione dell’Ucraina all’Unione. Secondo fonti diplomatiche, anche il ministro francese Jean-Noël Barrot, in visita nei pressi di Kharkiv, avrebbe espresso perplessità su un provvedimento che ricorda gli strappi dell’Ungheria di Orban.
L’opposizione in Parlamento – pur numericamente debole – ha annunciato un’azione simbolica per cercare di portare la norma davanti alla Corte costituzionale. Il deputato Roman Lozynskyi, del partito Holos appena reduce dal fronte del Donbass, ha attaccato a testa bassa il governo: «Smantellare le agenzie anticorruzione mina la credibilità internazionale dell’Ucraina, bisogna contrastare questa decisione con tutti i mezzi democratici».
Resta da capire se la mobilitazione riuscirà a produrre effetti concreti o se resterà isolata. C’è chi teme che la legge segni l’inizio di un processo di riaccentramento del potere nelle mani dell’esecutivo, a scapito dell’autonomia degli organi di controllo. Non sarebbe la prima volta, nella storia recente dell’Ucraina, che una crisi viene usata per rafforzare l’autorità del governo a danno delle garanzie democratiche. Ma la protesta ha messo in chiaro un punto: anche in guerra, esiste ancora un società civile capace di reagire e di far sentire la propria voce.