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Interrogatori per la riapertura del caso Garlasco presso Il Tribunale di Pavia - Pavia, 20 Maggio 2025 (Foto Claudio Furlan/Lapresse) Interrogatories for the reopening of the Garlasco case at The Court of Pavia - Pavia, May 20, 2025 (Photo Claudio Furlan/Lapresse)
Che cosa sta succedendo nella giustizia italiana, se i genitori di Chiara Poggi, cioè i buoni, cioè le vittime, sono costretti a mostrare in tv la borsetta della figlia, in loro possesso, per smontare la diceria su uno “strano” furto dell’oggetto? Il fenomeno è particolare e del tutto inedito. Che gli italiani in gran parte non abbiano molta fiducia nella giustizia e nei magistrati è ormai cosa nota, e da tempo. Più recente è la messa in discussione delle sentenze, soprattutto nei grandi casi che scuotono l’opinione pubblica, da quello sulla morte di Yara Gambirasio fino alla strage di Erba e all’omicidio di Garlasco. Massimo Bossetti, condannato per Yara, Rosa e Olindo, responsabili della strage di Erba, e Alberto Stasi, l’assassino di Chiara Poggi secondo i giudici, si sono sempre proclamati innocenti, estranei ai fatti. E ci sono state trasmissioni tv, e fior di giornalisti, avvocati e opinionisti vari che, nel nome del garantismo, e di un sacrosanto principio che risale ai tempi del codice giustinianeo che recita “in dubio pro reo”, hanno, per l’appunto, preferito coltivare il dubbio. Perché è più rischioso tenere un innocente in carcere che non un colpevole fuori. Queste sono le regole dello Stato di diritto. Ma fino a questo punto stiamo parlando di minoranze. Che forse avranno influenzato altre piccole minoranze e seminato incertezze in quel piccolo mondo fatto soprattutto di avvocati e di intellettuali e sul piano politico nel mondo liberal di Forza Italia. Ma hanno probabilmente lasciato la gran parte dei cittadini all’eterna superficiale convinzione che chi viene arrestato ”qualcosa avrà fatto”.
Qualcosa sta cambiando, da quando è comparsa sulla scena una sorta di “Garlasco due-la vendetta”, una nuova indagine della procura di Pavia in collaborazione con i carabinieri di Milano. La direzione imboccata però non è quella del garantismo, ma al contrario quella della moltiplicazione dei “mostri”. La logica di questa nuova ondata di sfiducia nella giustizia, è molto più sostanziale che formale. Se c’è un nuovo, o più nuovi indagati, allora quello vecchio era innocente. E si mescolano i soggetti. In pochi avevano protestato, quando Alberto Stasi nel 2015 era stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere, per quell’anomalo intervento della Cassazione che, dopo la doppia assoluzione del primo e secondo grado, aveva fatto di nuovo celebrare l’appello fino a attenere la condanna dell’imputato. Perché “anomalo”, benché legittimo? Perché la sentenza della cassazione aveva basato i sei motivi di censura solo sulla logicità della motivazione con cui Stasi era stato assolto. E due anni dopo una riforma approvata dal parlamento impedirà quella possibilità sulla doppia assoluzione. Ora si stracciano le vesti in tanti. E anche quelli che ignorano l’esistenza della “doppia conforme”, strillano sui social e in varie televisioni l’innocenza di Alberto Stasi, pronti a rimettere in discussione tutto, anche quegli indizi molto concreti che, se pur non hanno raggiunto la forma di prova della “pistola fumante”, non possono essere cancellati.
Ma il centro dell’attenzione ormai non è più neppure Alberto Stasi. Perché i “mostri” ormai sono tanti. Non siamo certi che stia giovando all’inchiesta il fatto che la procura di Pavia, subentrata a quella di Vigevano che condusse le indagini nel 2007, all’epoca del delitto, stia indagando Andrea Sempio in concorso con Stasi e con altri. E presenti la scena del delitto, la villetta di via Pascoli a Garlasco, quanto mai affollata. Quasi come se ci fosse stata una sorta di spedizione punitiva di massa per uccidere Chiara Poggi. E neanche giova l’attività frenetica degli avvocati Gilda Bocellari e Antonio De Rensis, difensori di Stasi, finalizzata a togliere il loro assistito dal luogo del delitto, collocandovi altre persone. Ci mette del suo anche un altro avvocato, il legale di Sempio, Massimo Lovati, che “sogna”, così dice lui, un sicario mandato da persone potenti che avrebbero a che fare con fatti che però accadranno nel 2014, sette anni dopo l’omicidio di Chiara. È così che si cerca di rimettere in discussione tutto, come se si fosse tornati indietro di 18 anni. Ogni giorno “spunta” qualcosa, illazioni, sospetti, insinuazioni. E ogni cittadino di Garlasco ha la tentazione di trasformarsi in “supertestimone”, compresi quelli che hanno saputo qualcosa da qualcuno che naturalmente nel frattempo non c’è più. Le due famiglie di congiunti, i Poggi, e i Cappa con le famose gemelle, diventano protagoniste di una soap di provincia capace di stimolare le più maliziose pruderie.
Un articolo di <CF512>Repubblica</CF> del peggior giornalismo guardone, lancia insinuazioni pesanti sulla stessa vittima. Così ora tutti si stanno esercitando sulla borsetta “sparita”, piuttosto che sul fatto che Chiara avesse due cellulari, cosa molto sospetta, e che nella telefonata con un’amica lasciasse intendere di avere due spasimanti e non solo uno. Chissà se questa sarabanda di magistrati, avvocati e giornalisti si sta rendendo conto del danno prodotto. Non c’è alcun garantismo nei confronti di Stasi, di cui non sappiamo se sia innocente o colpevole, e, se si va avanti così, forse non lo sapremo mai. Non aiutano neppure lui, così come danneggiano Andrea Sempio e le gemelle e gli altri, tutti questi veleni che “spuntano” e che qualcuno vuol far spuntare. Riescono solo, nella moltiplicazione dei “mostri”, a portare sempre più indietro la giustizia e lo Stato di diritto.