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MARCO CAPPATO FILOMENA GALLO AVVOCATO
Ancora una volta le lungaggini burocratiche per accedere al suicidio assistito, sommato ai no delle Asl, porta un cittadino italiano a viaggiare in Svizzera per portare a termine il proprio proposito. È il caso di '”Fabrizio” (nome di fantasia a tutela della privacy), 79enne ligure affetto da patologia neurodegenerativa, morto lunedì 22 settembre in una clinica svizzera.
Lo hanno accompagnato Roberta Pelletta e Cinzia Fornero, iscritte a Soccorso Civile, l’associazione che fornisce assistenza alle persone in determinate condizioni, che hanno deciso di porre fine alle proprie sofferenze all’estero, e di cui è presidente e rappresentante legale Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni.
L’uomo – spiega la stessa Associazione – era affetto da una malattia neurodegenerativa progressiva irreversibile, che lo ha portato a una totale perdita della capacità di parlare e a gravi disturbi motori. Comunicava solo tramite gesti e, a fatica, con un tablet. Era totalmente dipendente da assistenza quotidiana continua e oltre alla sua malattia, a causa di tromboembolia polmonare era in terapia, e con anche insufficienza respiratoria per la quale dipendeva dall’ossigeno terapia durante il sonno.
Nonostante tutto questo, secondo il Servizio sanitario della Regione Liguria, per ottenere il via libera alla morte medicalmente assistita mancava il requisito del “trattamento di sostegno vitale”, il più discusso dei quattro criteri sanciti dalla sentenza '”Cappato-Antoniani'” 242/2019 della Corte costituzionale.
Fabrizio aveva chiesto la verifica delle condizioni a febbraio 2025. Dopo le visite della commissione medica, a maggio, era arrivato il diniego. A quel punto, assistito dal gruppo legale dell’Associazione Coscioni, coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, l’uomo aveva presentato un’opposizione alla decisione della Asl, chiedendo la rivalutazione del requisito del trattamento di sostegno vitale alla luce della giurisprudenza costituzionale, che con la sentenza 135 del 2024 ha chiarito ed esteso l’interpretazione di "sostegno vitale”: non per forza un macchinario, ma l’insieme di pratiche (anche quelle svolte dai caregiver) che tengono in vita il paziente.
Le nuove visite di Fabrizio erano state effettuate a luglio, ma non gli era mai arrivata una risposta e, non volendo aspettare altro tempo in condizioni di sofferenza per lui intollerabile, aveva deciso di andare in Svizzera per accedere al suicidio assistito. Fabrizio aveva dichiarato: «Come dice Pessoa: “la vita è un viaggio sperimentale fatto involontariamente”. Siccome io non posso più sperimentare nulla, meglio cessare l'esistenza… Per me la vita è solo una sofferenza, bado solo a non soffrire troppo. Non mi piango addosso. Sono determinato ad andare in Svizzera per finire questa vita».
Nel frattempo, sul fronte politico, proseguono i lavori nelle commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato, dove a settembre è ripreso l'esame del ddl della maggioranza. Dopo gli emendamenti presentati dai relatori, Pierantonio Zanettin (Forza Italia) e Ignazio Zullo (FdI), sono arrivate circa 90 proposte di modifica presentate come sub emendamenti in vista della nuova riunione prevista domani. Le proposte dei relatori si concentrano su uno dei punti più contestati dalle opposizioni, il comitato di valutazione nazionale delle richieste. Che viene rimosso per ripristinare un coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali. Ma il nodo più complesso resta l'esclusione del Servizio sanitario nazionali, che in base al testo attuale non può erogare le prestazioni, né fornire il farmaco e la strumentazione necessaria.
Intanto, ai primi di novembre, è attesa l’udienza della Corte Costituzionale sulla legge regionale della Toscana impugnata dal governo. Mentre la Sardegna a metà settembre è stata la seconda regione a dotarsi di una propria legge sul fine vita con un testo che ricalca la proposta dell’Associazione Coscioni stabilendo tempi e procedure certe in base ai requisiti previsti dalla Consulta.