L’Associazione Nazionale Magistrati sul carcere arriva ad una mozione approvata all’unanimità ma molto al ribasso rispetto alle risposte di cui avrebbero bisogno gli istituti di pena e i detenuti.

Il Comitato direttivo centrale è addirittura iniziato con un’ora di ritardo stamattina, in quanto i gruppi non riuscivano a mettersi d’accordo su una soluzione comune. Il tema spacca ideologicamente le correnti. Da una parte Magistratura Indipendente, con una visione carcerocentrica, dall’altra Magistratura Democratica con un’altra volta all’umanizzazione della pena. In mezzo Unicost più sbilanciata verso MI, mentre Area maggiormente vicina a Md ma con alcuni distinguo pratici, come vi abbiamo raccontato già ieri sul Dubbio

Insomma c’è una grossa fetta della magistratura che tifa come Salvini per la “certezza della pena”, mostrandosi contro le pene sostitutive. A fine mattinata arriva anche un video del presidente dell'Anm, Giuseppe Santalucia: «Il carcere deve perdere centralità nel sistema delle pene».

Enrico Infante di Mi ha detto: «Già con la Cartabia le sanzioni sostitutive sono ampliate a 4 anni. Ancora dobbiamo ampliarle? Il nostro sistema penale si è eccessivamente illanguidito, sbracato dire. Giorgio Marinucci penalista iscritto a Rifondazione Comunista nel ’95 diceva che con l’incremento dell’affidamento in prova e delle sanzioni sostitutive il nostro sistema si è disintegrato. L’efficacia deterrente della pena è venuta meno». Oggi però le statistiche dicono altro: meno carcere, meno recidiva.

Dall’altra Luca Poniz di Area: «Chi di noi ha chiesto di essere ammesso nelle celle si è reso conto con mano quanto distante sia, più che in ogni altro ambito, la distanza tra i principi costituzionali che noi solennemente proclamiamo e su cui giuriamo e la realtà delle persone che subisce quotidianamente delle torture perché questa è la parola più usata».

E poi Stefano Celli parlando della circolare del DAP sulla “media sicurezza”, che ha riportato tutti gli istituti al precedente regime c.d. “chiuso”’ ove i detenuti trascorrono venti ore all’interno di celle sovraffollate, perché le attività trattamentali da svolgere fuori dalle celle non ci sono, ha detto: «Durante il Covid siamo stati in un regime paragonabile agli arresti domiciliari per due mesi e sembrava che ci avessero tagliato una mano, due braccia, due gambe e noi stavamo a casa nostra nel nostro letto, cioè non in quattro in un letto, non in otto in una stanza dove normalmente si sta in due». E dalla platea una esponente di Mi: «Ma noi eravamo innocenti». Ecco la cifra culturale del dibattito.

Vediamo ora uno stralcio della mozione approvata:

«La condizione, come tragicamente ci ricorda il numero intollerabile dei suicidi in carcere, è gravissima: per il sovraffollamento dei penitenziari; per la promiscuità delle carceri stesse, dove giovani detenuti alle primissime esperienze criminali, sono messi a contatto con pregiudicati plurirecidivi ed estremamente pericolosi; per la drammatica situazione del disagio psichiatrico troppo spesso affrontato con lo strumento carcerario, per la altrettanto intollerabile situazione dei figli delle detenute madri, costretti a crescere dietro le sbarre; per l’insicurezza delle carceri sia per i detenuti più deboli, sia per la collettività».

Fatta questa premessa si è ribadita che la «necessità di ridurre l’accesso al carcere è ben presente nel percorso normativo iniziato con la riforma Cartabia, con il potenziamento delle pene sostitutive. Tuttavia, si assiste ad una sostanziale disapplicazione degli istituti a causa di inadeguatezze organizzative degli uffici chiamati ad interagire nella fase di articolazione dei percorsi rieducativi». Si segnala quindi «l’opportunità di garantire una più incisiva efficacia ai meccanismi premiali finalizzati alla rieducazione e risocializzazione del detenuto, anche prendendo in considerazione un temporaneo ampliamento degli stessi ed una rivisitazione e razionalizzazione dell’intero sistema. Al Ministro della Giustizia chiediamo quindi di dare corso ad investimenti urgenti e adeguati finalizzati a: aumentare l’organico delle figure direttamente coinvolte nei progetti di recupero e formazione dei detenuti e della polizia penitenziaria, garantendone l’effettiva copertura con investimenti destinati; potenziare gli Uffici di Esecuzione esterna; dare finalmente corso ad un piano di costruzione di nuove carceri moderne e residenze per esecuzione di misure di sicurezza (R.E.M.S.); di promuovere ed attuare convenzioni con aziende e associazioni datoriali e del Terzo settore, al fine di garantire l’effettività del lavoro ad ogni detenuto; di rafforzare l’assistenza sanitaria soprattutto psicologica e psichiatrica».

Per far accettare a Magistratura Indipendente di considerare la proposta del deputato di Italia Viva Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata speciale si è dovuto mettere in atto un vero e proprio gioco di prestigio linguistico: la norma in discussione in Commissione giustizia della Camera si è trasformata nell’espressione “temporaneo ampliamento degli stessi (riferito ai meccanismi premiali, ndr) ed una rivisitazione e razionalizzazione dell’intero sistema”.

All’inizio neanche Unicost voleva l’inserimento di questa previsione, poi è stata convinta. Ma la battaglia più dura è stata con quelli di Mi, che invece già da ieri nelle loro proposte puntavano solo alla costruzione di nuove carceri e al riutilizzo delle caserme, perfettamente in accordo con la linea del Ministro Nordio e dell’Esecutivo Meloni. Tanto è vero che durante il Cdc nella saletta del Palazzaccio mentre intervenivano gli esponenti di Mi si sentiva dalla platea un borbottio da parte di quelli di Md e Area con frasi del tipo “buttate via la chiave” e “poi non dite che non siete collaterali al Governo”.

Durante la contrattazione per la mozione unitaria, Area è riuscita a convincere Mi almeno ad inserire quella parafrasi, altrimenti li avrebbero costretti a rinunciare alla mozione unitaria. Tuttavia quando è stato chiesto a Mi quale fosse la loro proposta di intervento immediato per porre un freno ai suicidi e al sovraffollamento, visto che non erano minimamente d’accordo con la proposta Giachetti, elaborata insieme alla presidente di Nessuno Tocchi Caino Rita Bernardini, da quanto appreso c’è stato silenzio o qualche balbettio ma nulla di concreto.

Nella mozione non si è voluto neanche criticare, come richiesto da Md, la recente circolare del DAP sulla “media sicurezza”. Insomma alla fine nulla sull’indulto né su una riflessione sulla legislazione delle droghe leggere, come previsto dalla mozione iniziale di Magistratura democratica.

Un altro elemento da sottolineare è che MI ha criticato gli altri gruppi per aver fatto proposte di politica criminale al Governo. Enrico Infante ha letteralmente detto: «Come iscritto all' Anm reputo che l’Anm non debba entrare nel dibattito gius-politico puro». Ma poi Ilaria Perinu, sempre di MI: «Noi proponiamo al Governo di investire più risorse ma il Governo deve scegliere su dove investirle. La politica criminale la fa l’autorità legislativa» e tuttavia ha aggiunto «chiediamo al Ministro di attivare un piano di investimenti strutturali per il rinnovamento dell’edilizia carceraria. A me vengono in mente le numerose caserme vuote in tutte Italia». 

Ma poi perché, ci si chiede tra le toghe di Area e Md, l’Anm non dovrebbe poter far proposte? Si è ripresentato il solito dualismo tra una figura di magistrato bocca della legge e una di magistrato impegnato.