Quello di oggi, a Parma, è il suicidio numero 24. In meno di tre mesi, le carceri hanno mietuto un terzo delle morti del 2023, quando a togliersi la vita sono state 68 persone. Numeri impressionanti, che raccontano un trend in crescita: i suicidi sono infatti stati 2mila in più tra il 2021 e il 2022 e di 4mila tra il 2022 e il 2023. «Proiettando questo dato in un anno - speriamo che non sia così - raddoppiamo il record di suicidi che c’è stato nel 2022», quando i morti erano stati 84, aveva detto in aula l’8 febbraio scorso Roberto Giachetti.

Il deputato di Italia viva è il primo firmatario di una proposta di legge - pensata con la presidente di Nessuno tocchi Caino, Rita Bernardini - che mira ad aumentare da 45 a 60 giorni la riduzione di pena per ogni semestre di detenzione ai fini della liberazione anticipata, introducendo inoltre, per i prossimi due anni, un ulteriore aumento dei giorni di sconto di pena (da 60 a 75). Non la soluzione definitiva al sovraffollamento, ma un primo passo per ridurre la sofferenza carceraria, puntando anche a incentivare la partecipazione dei detenuti all’opera di rieducazione, favorendo così il loro reinserimento sociale.

Il governo sarebbe disponibile a chiudere un occhio sulla prima parte della proposta, opponendosi, invece, all’ulteriore aumento di sconti di pena, che appiccicherebbe l’etichetta “svuota carceri” su un esecutivo orientato più ad aumentare gli istituti di pena - e i reati - che a ridurre il numero dei detenuti. La via di mezzo consentirebbe, intanto, di compiere un primo passo per quella che per Giachetti è e rimane un’emergenza. «Io penso, all’opposto dell’onorevole Meloni, che bisogna diminuire i reati, che bisogna togliere la gente che sta in galera e che non ci dovrebbe stare - aveva evidenziato in Aula alla Camera -. L’unica cosa che non possiamo fare, colleghi, è far finta di niente e aspettare che a metterci di fronte al dramma dell’emergenza che si vive nelle carceri siano i morti, i suicidi. I suicidi - attenzione - anche del personale della Polizia penitenziaria per le difficoltà con cui la comunità carceraria si trova a dover vivere in una situazione di questo tipo. Vi stiamo chiedendo non di parlare di quale sarà lo scenario: costruire le carceri, costruire le caserme, lo vedremo. Ma quella non è la soluzione per il dramma che stiamo vivendo in questi giorni. Vi chiedo, vi supplico di ripensarci e di fare in modo che il Parlamento, insieme a voi, magari con le vostre proposte e non con le mie, affronti l’emergenza che sta scoppiando».
La proposta di legge Giachetti va avanti a grandi passi: martedì è stato adottato, senza obiezioni, il testo base della proposta, che è quello dello stesso deputato di Iv, ed è stato dato tempo fino a oggi per la segnalazione delle persone da ascoltare. La prossima settimana, poi, verrà stilato il calendario delle audizioni, al termine delle quali ci sarà il voto sugli emendamenti. Sul provvedimento sono al lavoro i tre sottosegretari alla Giustizia - Andrea Ostellari (Lega), Andrea Delmastro (FdI) e Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) - che si sono divisi i compiti sui vari aspetti da affrontare per poter portare a casa la legge. Un percorso che dovrebbe far approdare il testo in aula entro fine aprile. I tempi, trattandosi di una proposta di legge, non potrebbero essere più veloci di così. Ma l’iter rischia di non essere abbastanza celere per evitare una strage. Ed è proprio per questo che sarebbe necessario un decreto, che renderebbe la norma immediatamente attuativa.

Un intervento d’urgenza quanto mai doveroso, anche alla luce dei richiami del Presidente della Repubblica, che il 31 gennaio scorso ha ricevuto il capo del Dap Giovanni Russo per discutere della situazione. Anche perché il tema non è solo quello dei suicidi: le carceri scoppiano, con 62mila detenuti su 51mila posti disponibili. Numeri non troppo distanti da quelli che hanno portato alla sentenza Torreggiani, con la quale la Cedu condannò l’Italia sottolineando l’obbligo, per gli Stati, di garantire condizioni di detenzione compatibili con il rispetto della dignità umana e il benessere del detenuto. All’epoca erano 66mila i detenuti in carcere. Un numero che il nostro Paese potrebbe replicare entro fine anno, dato che ogni mese fanno ingresso in carcere tra le 450 e le 500 persone. Numeri impressionanti, ma non tanto, considerando la tendenza del governo a sfornare nuovi reati. Per frenare la crescita esponenziale delle presenze, la strada possibile è sempre indicata dalla norma Giachetti, ovvero utilizzare la liberazione anticipata speciale, che fu la risposta alla sentenza Torreggiani: 75 giorni di premialità ogni sei mesi, applicabili retroattivamente. Un vero e proprio intervento d’urto, che Meloni non sembra però intenzionata a concedere.
Ciò nonostante negli ultimi giorni l’emergenza abbia ripreso a bussare, forte, alle porte della politica. Che oggi, di fronte all’ennesima morte, non ha proferito verbo. Solo un accenno, blando, tra Camera e Senato. A Montecitorio a prendere la parola è stato Fabrizio Benzoni, di Azione, che ha sottolineato l’urgenza di «un piano carceri vero, dove lo Stato metta al centro un dibattito sul carcere e sulle risorse che servono per questo carcere». L’invito è a parlare con chi in carcere ci lavora, parlando di un problema sistemico. E «questo problema sistemico è anche il silenzio che quest’Aula pone nei confronti di questa emergenza, che oramai è dilagante». Al Senato è stato invece il dem Alfredo Bazoli a farvi cenno: parlando dei concorsi nella polizia penitenziaria, il senatore ha evidenziato come «questi concorsi non saranno mai sufficienti se continuerà una politica criminale della giustizia, che comporta un incremento costante e continuo dei detenuti nei penitenziari italiani», che «sta portando al collasso del nostro sistema». Da qui l’invito a ripensare il «modello di politica criminale di questo Paese».